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L’apertura internazionale, il lavoro sulle soft skills dei giovani, la stretta relazione col mondo imprenditoriale come stimolo all’innovazione didattica e nell’offerta formativa. 

‘‘Un’idea visionaria che ancora oggi vive e cresce grazie alla sua capacità di offrire stimoli e occasioni”. Sono passati 27 anni dal primo giorno di lezione alla LIUC - Università Cattaneo di Castellanza. Un ateneo di nicchia rispetto ad altre realtà accademiche storiche del Paese, ma, allo stesso tempo, estremamente vivace e che guarda al mondo imprenditoriale per trarre ispirazione e motivi e spunti di innovazione. In questi anni Varesefocus, probabilmente più di qualunque altra testata giornalistica, ha raccontato l’evoluzione di questo patrimonio culturale del territorio. Fin dal primo numero la LIUC è stata una delle protagoniste delle pagine di Università e non solo. Ed oggi è tempo di bilanci. “Le sfide sono cambiate in questi decenni - commenta Michele Graglia, da sei anni presidente dell’ateneo - ma sono sempre alla base delle nostre scelte. Oggi la concorrenza è ampia e stimolante. Per rimanere attrattivi dobbiamo puntare su prodotti nuovi e mai banali. Offriamo qualità e particolarità, in un mondo dove i brand fanno spesso la differenza”.         

         

Con i suoi 2300 iscritti, LIUC si caratterizza per la profonda impronta imprenditoriale: “I nostri studenti - spiega il Presidente Graglia - hanno una formazione accademica di qualità ma imparano anche ad affrontare il mondo del lavoro. Le ‘soft skills’ sono altrettanto importanti nella crescita personale per sapersi subito orientare in azienda. Un tempo l’uomo di cultura era onnisciente. Oggi c’è un’iperspecializzazione spinta. Ma questo non deve far dimenticare la persona, la sua capacità di relazionarsi e di agire in un ambiente allargato. È importante saper fare, ma anche saper stare in mezzo agli altri”.

“La LIUC – Università Cattaneo è un’idea visionaria che ancora oggi vive e cresce grazie alla sua capacità di offrire stimoli e occasioni costanti a ragazzi e ragazze”

Saper attrarre e formare persone, oltre che specialisti, sono gli obiettivi di LIUC: “Il percorso ‘3+2’ ha di fatto disarticolato quello che era il cammino naturale di uno studente in ateneo. Oggi, dopo la triennale, i ragazzi cercano proposte in nuove sedi, pronti a cogliere l’idea di crescita più vicina alle proprie corde e ambizioni. Ed è anche in questo segmento che LIUC innova raccogliendo gli stimoli del mondo imprenditoriale che ha attorno”. In trent’anni, la società è profondamente mutata: le innovazioni ne hanno contaminato tutti gli aspetti. Anche il mondo accademico si adegua, pur con ritmi non proprio incalzanti: “È un problema culturale oltre che economico e sociale. Negli anni del boom e della crescita, la scuola era un motore importante perché metteva tutti in condizioni di rimboccarsi le mani e correre. Oggi la spinta di questo ascensore si è esaurita. Non per colpa dell’istituzione scolastica ma per un approccio culturale del nostro paese, autoreferenziale, statico e portato a difendere l’orticello, al posto che aprirsi all’universo. È sotto gli occhi di tutti, però, che i nostri competitor sono veloci e scattanti, arrivano da altri contesti e reagiscono a diverse esigenze. Il punto è che gli europei si troveranno sempre di più a fare i conti con indiani, cinesi, africani affamati di successo. Sarebbe opportuno non sottovalutare la naturale evoluzione della società globale. Un consiglio che ci riguarda tutti, imprenditori compresi”.

“Un tempo l’uomo di cultura era onnisciente. Oggi c’è un’iperspecializzazione spinta. Ma questo non deve far dimenticare la persona, la sua capacità di relazionarsi e di agire in un ambiente allargato”

La qualità della scuola italiana non è diminuita, anzi. Il pericolo, quindi, è la sua staticità: “La LIUC è, sicuramente, una delle università che investono di più nell’internazionalizzazione. Noi crediamo nel valore dell’apertura al mondo, con gli stage anche in aziende estere. L’università italiana fa fatica ad attrarre studenti da altri paesi sia per un problema di brand, perché quelli anglosassoni sono più quotati, sia per l’offerta meno altisonante, sia per i ranking che, ricordiamolo, si basano su parametri non sempre assoluti e oggettivi. Il mondo accademico, però, non deve temere le contaminazioni: le radici della cultura latina saranno sempre un punto fermo della nostra formazione. Ma poi occorrerà aprirsi e confrontarsi, conoscersi per migliorarsi. Senza dimenticare di lasciare spazio ai giovani: oggi, si reputa giovane un quarantenne. Una follia, tutta italiana. In Liuc noi vogliamo puntare su di loro. Abbiamo appena vinto quattro bandi Interreg con cui inseriremo ricercatori, giovani per davvero”. L’università di Castellanza ha deciso di puntare sul futuro e sulla qualità. Con un occhio attento al mondo intero. 



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