Il-lago-inciso-nell’arte

Il Maggiore, con la sua vegetazione, i suoi fiori, i suoi abitanti. Presenze umane e animali sia celesti, sia acquatici. Ecco i protagonisti di acqueforti, xilografie, acquarelli e opere in terracotta dell’artista Danila Denti che racconta la sua vita dedicata alle incisioni: “Una tecnica dalle antichissime tradizioni e, insieme, un mondo”

È nata a Luino ma si divide tra Urbino e Maccagno. Qui vive e lavora non lontana dal Museo Parisi Valle, il bell’edificio costruito dall’architetto Sacripanti a cavallo del torrente Giona, di fronte al Verbano e all’opposta sponda dei Castelli di Cannero. E insegna i suoi segreti d’artista ai giovani allievi delle scuole. L’amministrazione locale le ha messo a disposizione un antico spazio con un torchio, che le consente di mostrare come si fa un’incisione. È dagli anni Ottanta che Danila Denti si dedica all’incisione e alla stampa d’arte. 

Sul Verbano, sulle acque di questo stupendo lago, corre il ricordo di presenze importanti, quella di Piero Chiara e dell’amico poeta Vittorio Sereni. Sono presenze che un artista avverte...
Sì, certamente. Per Sereni ho realizzato incisioni che hanno affiancato alcuni suoi versi, anche in mostre recenti. La grandezza della sua poesia è inarrivabile, il più popolare dei due amici è però Chiara.  A farlo conoscere hanno contribuito anche i suoi romanzi e l’assidua frequentazione con Luino. Ma avverto anche la presenza antica e fondamentale di un artista come Bernardino Luini, un leonardesco nato a Dumenza - riscoperto nel secolo scorso da Roberto Longhi - che ha lavorato nelle nostre chiese. Mi interessano di lui i colori. E quei suoi visi sublimi. Ho poi legami con colleghi artisti incisori, presenti sul territorio, come Anny Ferrario, Vincenzino Vanetti e altri.

Ha sempre saputo di voler fare l’artista, era quella la sua vocazione? 
Proprio così. Fin da ragazza scelsi di frequentare il liceo Artistico di Busto Arsizio, collegato alla sezione distaccata di Brera. L’arte mi piaceva e volevo farne il mio interesse principale. A Luino non c’era la possibilità e gli spostamenti non erano agevoli. Così mi appoggiai a un convitto. Poi mi stabilii in un appartamento con alcune compagne di studio e di lavoro, mi sembrò giusto trovare una mia indipendenza. Appena diplomata iniziai a insegnare come assistente nei licei d’arte di Varese, Busto e Milano. 

Chi erano i suoi maestri?
Ho avuto ottimi insegnanti di liceo che ci mettevano in contatto con Milano, in quegli anni si vivevano momenti di intenso fervore artistico. Ricordo tra tutti Giuliana Traverso, esponente del Mac (Movimento di Arte Concreta). Poi sono venuti i maestri dell’incisione con cui ho lavorato e ancora lavoro: Giancarlo Sardella e Walter Valentini. Con Valentini ho iniziato a lavorare a Milano e anche a Urbino. Dividendo la mia vita tra Maccagno e le Marche. Quella dell’incisione è stata la scoperta più importante, era la scuola che desideravo. 

“La stampa d’arte è un lavoro che crea dal nulla un universo. È una tecnica e insieme un mondo. E poi ha un’antichissima tradizione, che parte prima dell’anno mille. Io ho avuto la fortuna di conoscere il gran mondo dell’incisione a Milano, con i maestri che di lì sono passati”

Perché ama tanto l’incisione, cosa ci ha trovato? È un’arte difficile. 
Volevo imparare una tecnica, ma soprattutto un mestiere compiuto. La stampa d’arte è un lavoro che crea dal nulla un universo. È una tecnica e insieme un mondo. E poi ha un’antichissima tradizione, che parte prima dell’anno mille. Io ho avuto la fortuna di conoscere il gran mondo dell’incisione a Milano, con i maestri che di lì sono passati. Ho fatto la stampatrice per anni. E con questo ho soddisfatto la mia passione per l’arte e sostenuto me stessa e la mia famiglia. Ho cresciuto mia figlia Ilaria, che oggi è medico. E posso dire di essere orgogliosa di avere bastato a me stessa. 

Oltre all’incisione ha esplorato altre tecniche e l’antologica al Museo Parisi Valle di Maccagno, nel 2017, “Fra terra e cielo” ha posto in risalto i diversi interessi della sua lunga ricerca. 
La mostra del 2017 mi ha permesso di mostrare insieme l’ambito della mia ricerca e le tecniche predilette. Oltre alle acqueforti e xilografie, anche gli acquarelli e la terracotta. Giorgio Robustelli, alle Ceramiche Ibis di Cunardo, vanto del nostro territorio, mi ospitò per sperimentare la pittura su ceramica. Così a Maccagno - una mostra voluta dal sindaco Passera, che devo ringraziare per la stima dimostratami, ho portato alcune ceramiche frutto di quell’impegno. Accanto a piatti e oggetti lavorati al tornio e poi smaltati a colori, era in mostra una serie di animaletti policromi da me prediletti. Perché la natura è tema fondamentale del mio interesse artistico e figurativo. Che parte dal paesaggio e si incentra sul volto umano. Nelle mie opere si ritrovano così il mio lago, la sua vegetazione, i fiori, e i suoi abitanti. Con le presenze umane e quelle degli animali celesti e acquatici. Questo dei fiori del lago è un altro tema che mi è caro, come lo era a Sereni che nelle sue poesie ha messo il profumo intenso del calicantus e quello stordente di nostalgia dell’olea fragrans. Ricorda? “(... ) già l’olea Fragrante nei giardini d’amarezza ci punge (...)”. Ma anche i colori mediterranei degli oleandri e delle ortensie e “la ressa di margherite e ranuncoli” nei prati. La camelia, fiore dalle mille forme e colori, che rimanda all’Oriente, è quello più descritto nelle mie opere, usando le tecniche dell’incisione o dell’acquarello. Per il Fai e la Società Svizzera della camelia ho esposto in diverse rassegne. 

Quanto ha sacrificato all’arte?  
Certo ho sacrificato estati e vacanze - per diversi anni mi sono negata le ferie - ma sono soddisfatta di quanto ho fatto. A me basta il mio lavoro, non ho mai chiesto altro. Molti progetti mi sono stati proposti, li ho accettati dopo averci pensato bene. Mi prendo il mio tempo per dare una risposta seria. 

L’elogio della lentezza mi pare le piaccia...
Non ho mai avuto la frenesia di correre, dovevo confrontarmi con me stessa prima di affrontare un nuovo tratto di strada. E ho avuto la fortuna di incrociare le persone giuste, una coincidenza che può fare davvero la differenza. Perché mi hanno dato l’esempio. Sì, è stato l’esempio degli altri a indicarmi il cammino.    

“La camelia, fiore dalle mille forme e colori, che rimanda all’Oriente, è quello più descritto nelle mie opere, usando le tecniche dell’incisione o dell’acquarello. Per il Fai e la Società Svizzera della camelia ho esposto in diverse rassegne”

Oggi raccoglie i frutti.  
I frutti nell’arte si raccolgono tardi, ma ho avuto tante soddisfazioni. Di lavorare, in Italia e all’estero, con altri artisti e poeti. Con editori come Scheiwiller. E di aver illustrato - anche attraverso gli ex-libris - l’opera dei grandi della letteratura di tutti i tempi, quali Boccaccio, Ennio Flaiano, Carlo Bo, Vittorio Sereni, Lalla Romano, il grande poeta Franco Loi. Proprio da lui, con Margherita Cassani, ho iniziato la serie dei Fogli Volanti, raccolta di poesie e incisioni giunta nel 2020 alla diciassettesima edizione. 

Sono arrivati anche dei premi importanti...
Tre in particolare mi stanno a cuore. Il Premio VACA 2010 assegnatomi dal Comune di Russi, in provincia di Ravenna, per il Concorso Libri Mai Mai Mai Visti, XVI edizione. Il Primo Premio 2014 al Concorso internazionale indetto dal Lions Club International di Collegno Ex- Libris Il Riso: alimento, civiltà, paesaggio. Nel 2018, infine, ho avuto una menzione speciale della Giuria in occasione del Premio Santa Croce ex-libris e piccola grafica. 

Quali sono i progetti in questo momento difficile?
Proprio questa mattina ho ricevuto una telefonata. Mi si annuncia che un’opera di mail-art di mia creazione, realizzata per una rassegna dedicata anni fa ai bambini di Terezin, è stata pubblicata dalla libreria civica di Rovereto in una raccolta, a perenne memoria. E questo, mi creda, mi ha commossa. Per ricordare invece i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri sarò presente a Palazzo Verbania di Luino dal 13 giugno al 4 luglio con una mia mostra, curata da Chiara Gatti. Si tratta di venti incisioni sulla Divina Commedia. Si intitola l’Umana gente.  



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