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Negli spazi del museo di Gallarate è visitabile, fino ai primi giorni del 2022, una rassegna composta da 180 opere di esponenti della pittura italiana e francese della seconda metà dell’Ottocento. Tra i tanti, Monet, Renoir, Manet, Cézanne, Gauguin, e “i nostri” Boldini e De Nittis

Parte da Courbet e Gericault la mostra promossa dal Ma*Ga e dal Comune di Gallarate dedicata agli Impressionisti. Perché è in loro che i curatori hanno ravvisato i precursori di quanto sta all’origine di ogni discorso sulla modernità nell’arte. La rassegna, con la direzione scientifica di Sandrina Bandera, Emma Zanella, Vincenzo Sanfo e l’allestimento di Angelo Jelmini, rappresenta un momento di rinascita per il Ma*Ga, dopo la chiusura a causa della pandemia. Si avvale anche di un comitato scientifico composto da Rosa Barnier, Paolo Castagnone, Gilles Chazall, Virginia Hill, Fiorella Minervino, Gonzalo Fernandez Priete. 

“Impressionisti. Alle Origini della modernità”, questo il nome della rassegna, consta di 180 opere di esponenti della pittura italiana e francese della seconda metà dell’Ottocento. Tra i tanti, Monet, Renoir, Manet, Cézanne, Gauguin, e i “nostri” Boldini e De Nittis. Ha ottenuto, oltre che il sostegno del Comune della regione Lombardia e Fondazione Cariplo, il riconoscimento della medaglia del Presidente della Repubblica. Si è ripartiti, dunque, con l’entusiasmo della prima splendida mostra dedicata a Modigliani, in ritardo rispetto alla tabella di marcia che prevedeva l’evento lo scorso anno. Ma con il grande entusiasmo e l’emozione, palpabile nelle voci degli organizzatori il giorno dell’inaugurazione, di chi porta avanti un’attività che trova risposta nell’incontro del visitatore con l’arte. Mentre continua la consueta ricerca tra artisti contemporanei, come è nella tradizione del Ma*Ga e della Gam che l’ha preceduto - ne è testimonianza la mostra (visitabile fino al primo agosto) dedicata a Francesco Bertocco -, ecco che i curatori, sostenuti dai partner Ricola e Lamberti Spa, sono andati alla ricerca di quelle antiche, sempre vive radici che preludevano all’oggi. Creando sicuramente un evento importante non soltanto per Gallarate e il territorio limitrofo. Ma anche per i cugini milanesi e i tanti stranieri in transito da Malpensa o in direzione dei laghi. 

L’itinerario della mostra si divide in sezioni, dedicate ciascuna a titoli di capolavori letterari di fine Ottocento, così che le opere esposte - appartenenti ad artisti presenti nelle mostre ufficiali dell’Impressionismo, dal 1874 al 1886 - siano in dialogo con le arti applicate, la moda, la musica e la letteratura. Un richiamo che tocca non solo il discorso imprescindibile della totalità della cultura, ma che guarda anche al percorso del museo che sta per accogliere nelle sue sale la biblioteca. Dando così vita a quel polo culturale che sta sempre più completandosi negli spazi del Ma*Ga, dove opere artistiche e opere letterarie si danno la mano, pronte all’uso di visitatori e studenti. Sono molti i giovani a trovare qui, da anni, un punto di riferimento fondamentale per lo studio e la ricerca. 

Si passa dunque in mostra da una sezione all’altra, tra dipinti, acquarelli, disegni, incisioni e sculture, ma anche ceramiche e abiti - attraverso un percorso che va dal Realismo all’Impressionismo, al Postimpressionismo. Tempi in cui la nuova bellezza, spiega la curatrice Zanella, “non va cercata più nel regno del mito, ma nella compromissione con la vita moderna”. La prima sezione è dedicata a Baudelaire e alla sua poesia “Correspondances”, tratta da “Les Fleurs du Mal” del 1857. Ci racconta il rapporto uomo e natura, con capolavori di Courbet, Monet, e Alfred Sisley. “Le ventre de Paris”, notissimo lavoro letterario di Zola, fa da fil rouge alle opere “La barricade” di Eduard Manet e “La faneuse” di Camille Pissarro, esempi  significativi della capacità degli artisti del tempo di  raccontare i disagi esistenziali tanto dei cittadini che dei contadini, coinvolti nel corso della storia e nelle avversità sociali loro malgrado. 

A volte, e lo si vede nella sezione “La Comedie Humaine” - qui il riferimento va all’opera di Honoré de Balzac, le opere descrivono lo stesso mondo degli artisti, colleghi, amici e estimatori, critici di mestiere. Interessante il ritratto a olio di Wagner, che Renoir eseguì a Palermo su sua insistenza per incontrare il musicista. La seduta durò appena 35 minuti, e non soddisfece del tutto Wagner che esclamò: “Sembro un prete protestante”. “Il che è vero - scrisse poi Renoir a un amico - e dunque ero molto felice di non aver fallito. Conservo così un piccolo ricordo di questo genio”. Il critico d’arte Julius Meier Graefe fu al contrario, prodigo di plausi per quel ritratto: “È un documento notevole e ci svela alcuni lati di Wagner con una psicologia sorprendente, quasi spietata, il che significa quanto l’artista fosse libero di fronte al suo soggetto”. Dello stesso Renoir è un ritratto a matita fatto da Pierre Bonnard. 

“A Rebours”, titolo del romanzo di Joris- Karl-Huysmans, ispira le scelte di artisti come Cézanne e Gaugin, che, distaccandosi dall’Impressionismo, anticipano nella loro personalissima arte le nuove avanguardie.  “La Vie Moderne”, come la chiamava Baudelaire, è infine rappresentata in mostra da opere di Auguste Renoir, della brava Berthe Morisot, amica di Edouard Manet e moglie del fratello Eugène, e da un nucleo di ottimi artisti italiani di punta, impegnati in Francia: Giuseppe de Nittis, Giovanni Boldini e Federico Zandomeneghi. Non inferiori certo ai colleghi francesi. Tra loro, molto cara ai curatori della mostra, anche la presenza dello scultore gallaratese Lorenzo (Renzo) Colombo (1856-1885). Figlio di un musicista e di un’insegnante, artista dalla vita breve ma di alto profilo, lavorò agli inizi a Gallarate per le famiglie più importanti della città imprenditoriale, tra cui i Ponti, i Cantoni e i Durini. A soli tredici anni s’era già dilettato a eseguire ventisette disegni caricaturali, in penna e/o matita, di cittadini noti di Gallarate: medici, insegnanti, commercianti. Frequenterà poi Brera e lavorerà con Eugenio Pellini. Nel 1882, dopo aver operato in Firenze, Torino e altre città, raggiungerà la Francia, dove dirigerà il Museo Grevin. Muore in Bretagna prima dell’inaugurazione della sua ultima scultura “Soldati bretoni morti nella battaglia di Champigny”. È autore anche di un busto dedicato a Francesco Ferrucci (Gallarate, Museo della Società gallaratese di Studi Patri), molto apprezzato dai contemporanei, e di un busto di Napoleone I, fuso da Pinedo. Ne esistono diverse copie (una si trova nella collezione del principe Napoleone Bonaparte). 

Per meglio documentare le mode e le usanze del tempo, sono in mostra anche preziosi abiti provenienti da una collezione privata, a suo tempo indossati dalla regina del Portogallo e da nobildonne francesi. E, ancora, preziose ceramiche e vetri con decori dell’Art Nouveau di squisita fattura, ispirati in parte alle influenze artistiche provenienti dall’Oriente. Segno dei cambiamenti in corso anche in ambito familiare e domestico, e di quei nuovi aneliti che portavano a guardare sempre più in là.  

Il catalogo in mostra è curato da Nomos edizioni, con testi di Emma Zanella e Alessandro Castiglioni. E schede scientifiche curate da Vittoria Broggini, Alessandro Castiglioni, Francesca Chiara, Lorena Giuranna, Emma Zanella. 



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