Le riflessioni di Paolo Antonio Grossi, professore di Malattie Infettive all’Università degli Studi dell’Insubria, su alcuni insegnamenti che l’epidemia di Covid-19 ci ha impartito e che non dobbiamo dimenticare per evitare che un’altra emergenza ci colga impreparati. La priorità: “Sviluppare la sanità territoriale”

Decine di migliaia i contagiati, migliaia i morti, lo tsunami che ha colpito l’Italia sta ritornando sui suoi passi. Sta retrocedendo. Non sappiamo ancora quando se ne sarà andato del tutto e non sappiamo neppure se potrà tornare ancora. Cosa è successo lo conosciamo a memoria. Per tutti è stata una lezione epocale che non potrà essere dimenticata, ma dovrà essere utilizzata al meglio per il futuro di noi tutti e dei nostri figli. Una dura lezione che deve porci anche delle domande a cui si dovranno dare risposte concrete. Non possiamo permetterci che un’altra situazione del genere ci trovi impreparati. Ad aiutarci a capire come è andata, Paolo Antonio Grossi, professore di Malattie Infettive all’Università degli Studi dell’Insubria e Direttore del Dipartimento Trapianti e delle Malattie infettive e tropicali dell’Asst Sette Laghi di Varese.

È possibile che la guerra ai virus possa diventare una costante negli anni futuri?
Penso proprio di sì. Vivendo ormai in un mondo globalizzato dove i vettori aerei consentono spostamenti estremamente rapidi di persone da un capo all’altro del pianeta (ciò che ha permesso la diffusione di questa pandemia) portando agenti virali potenzialmente sensibili, temo che dovremo in qualche modo abituarci a convivere con questo rischio potenziale. E questo mi dice che i sistemi sanitari dovranno organizzarsi per poter fronteggiare efficacemente questo tipo di problematica che non consiste certamente nel semplice provare la febbre quando le persone arrivano in un aeroporto, anche perchè se la malattia è in incubazione la febbre può non manifestarsi.

E allora come si deve preparare il Sistema Sanitario italiano di fronte ad emergenze del genere?
Di fronte a questa lezione è necessario che chi ci governa abbia chiaro che se si vuole fronteggiare simili emergenze è indispensabile innanzi tutto investire efficacemente in ricerca per far sì che non ci si trovi impreparati. E poi è necessario e forse ancora più importante, sviluppare la sanità territoriale. Se da un lato siamo riusciti a far fronte alle problematiche crescenti che ci ha imposto il virus, con sempre più persone che hanno necessitato di ventilazione meccanica in terapie intensive, il resto della sanità è stato messo in seria difficoltà.

“Vivendo ormai in un mondo globalizzato dove i vettori aerei consentono spostamenti estremamente rapidi di persone da un capo all’altro del pianeta portando agenti virali potenzialmente sensibili, temo che dovremo in qualche modo abituarci a convivere con questo rischio potenziale”

In altre parole, si è riusciti, grazie al duro lavoro di tutti i medici e degli infermieri a far fronte all’epidemia, ma al contempo si doveva comunque fronteggiare tutte le altre patologie che però è come se fossero scomparse di fronte all’impellenza della prima, è così?
È proprio così. Non è che le altre malattie se ne siano andate di colpo, sono rimaste, ma l’impegno di uomini e mezzi ha messo a rischio quella che doveva essere la gestione, senza dubbio performante fino a prima del virus, di tutte le altre problematiche. E questo in una regione italiana tra le più avanzate dal punto di vista della gestione medica. Bisogna anche tener conto che la nostra popolazione ha in sé un gran numero di persone anziane e quindi già di per sé sensibili. Non appena si uscirà dall’emergenza, è necessario che si faccia una seria riflessione su come si vuole affrontare tali situazioni o anche un possibile ritorno del virus. Prima o poi questo stato di assoluto isolamento dovrà terminare, perchè altrimenti la nostra economia finirà in ginocchio, ma questo porterà di nuovo a relazioni sociali e quindi al rischio che ci possano essere delle recrudescenze dell’infezione. E per questo va rivisto anche il discorso della medicina territoriale, considerato il gran numero di persone che pur essendosi ammalate sono state costrette a casa per l’intasamento dei Pronto Soccorso.

Il ritorno alla “vita normale” di ogni singola persona come dovrà avvenire, per evitare conseguenze più serie di quelle che abbiamo già vissuto?
Dovrà procedere con estrema cautela. Si dovrà evitare ancora per del tempo, che si dovrà valutare passo passo, gli assembramenti di persone. Quindi si dovranno evitare tutte le attività che portano a contatto grandi numeri di uomini e donne (manifestazioni sportive, concerti) che dovranno essere le ultime ad essere concesse prima della normalità assoluta. Intanto ovviamente, si dovranno far riprendere le attività commerciali per permettere al Paese di ritornare attivo, perche se così non facciamo temo per molte aziende, magari di piccole dimensioni, il serio rischio di chiusura definitiva. Certo, sarà essenziale mantenere alcune norme che impediscono il trasmettersi del virus. L’uso delle mascherine, ci deve essere ben chiaro, non è tanto per proteggere noi stessi dal virus, ma per proteggere gli altri nel caso noi fossimo portatori sani, magari inconsapevolmente.

Diventeremo mai immuni al Coronavirus?
È verosimile che chi lo ha contratto ed è guarito lo diventi, così come avviene per molte infezioni virali, come ad esempio per il morbillo. Ma che questo valga anche per questa infezione non lo sappiamo ancora con certezza e dunque saranno necessarie, ancora per lungo tempo, tutte le cautele del caso.

     

Paolo Antonio Grossi    

 

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