La moneta unica dell’Europa

Perché si è scelto di avere una moneta unica? Quali conseguenze avrebbe la rinuncia all’Euro da parte di un Paese? Ecco perché oggi l’unica via è accelerare e non guardare dietro…

La moneta unica è diventata moneta ufficiale per 11 Paesi dell’Ue il primo gennaio 1999 ed è diventata “moneta circolante” esattamente tre anni dopo: oggi, a venti anni di distanza, essa si trova al centro dell’attenzione di populisti e sovranisti, che le attribuiscono di volta in volta gli effetti della crisi economica o la responsabilità di una minore competitività del nostro Paese. È veramente così? Cosa accadrebbe in caso di uscita dall’Euro? Ne parliamo con il professor Rodolfo Helg, docente di Economia Internazionale della LIUC – Università Cattaneo.

A quale scenario ci troveremmo di fronte con l’uscita dalla moneta unica?

Ammesso e non concesso che il nostro Paese uscisse dalla moneta unica, cosa che non è prevista dal punto di vista giuridico e formale, quello che accadrebbe sarebbe la fine dell’Unione Europea. In un primo momento, con una nuova ipotetica moneta nazionale, avremmo l’effetto di una fortissima svalutazione che porterebbe ad un impatto molto positivo sulle nostre esportazioni, ma sarebbe un impatto dalla durata limitata. Infatti le nostre imprese si troverebbero subito dopo a dover pagare costi molto più alti per le materie prime importate dall’estero, avendo appunto una moneta molto debole sul mercato dei cambi. In altre parole l’effetto positivo sulle esportazioni sarebbe riassorbito nel giro di pochi mesi. A ciò si aggiungerebbe un enorme costo sul fronte dei contratti in essere: basti pensare al contenzioso che si produrrebbe per tutta la contrattualistica tra aziende di Paesi differenti. Infine, in ultima analisi l’uscita dall’euro in questo momento porterebbe al crollo di tutta l’Unione Europea nel giro di sei mesi: il mercato unico, senza moneta unica, non è concepibile perché si creerebbero degli squilibri così grossi per le imprese che vi operano da rendere inaccettabile continuare a scambiare merci senza barriere doganali. Sarebbe la fine di un sogno che ci ha permesso di avere crescita e pace per molti decenni. L’Italia sarebbe a quel punto sola in mezzo al Mediterraneo.

C’è un nesso tra i problemi di competitività del nostro Paese e la moneta unica?

I problemi di competitività dell’Italia e delle sue imprese nascono prima dell’Euro, quando già noi crescevamo meno rispetto ad altri Paesi in primis la Germania in termini di Pil. Dietro a ciò vi è la variabile della produttività del lavoro che da noi non è cresciuta. Dal punto di vista economico è questo il nodo strutturale che va affrontato, e le tesi per risolverlo sono diverse. Il problema non è la moneta unica, ma la soluzione di problemi connessi con il mercato del lavoro e con il mercato energetico, che creano ancora troppi costi alle nostre imprese e ne compromettono la competitività. Chi oggi demonizza la moneta unica dovrebbe ricordare che, con la sua introduzione, la convergenza dei tassi di interesse ha portato a una grossa riduzione dello spread e degli interessi sul debito, che sono passati dal 13 al 3 per cento. Insomma l’Italia ha visto ridursi notevolmente gli interessi sul debito: sarebbe stato opportuno, a quel punto, lavorare sulla riduzione del debito stesso, cosa che non è stata fatta. Così, con la crisi del 2008 abbiamo preso la “polmonite”. Le crisi nel sistema economico capitalistico sono cicliche, non possono essere evitate, ma come per i terremoti occorre costruire edifici antisismici, così occorrerebbe prevedere strutture finanziarie in grado di assorbire gli effetti di una crisi. E poi non bisogna mai dimenticare di chiedersi cosa sarebbe successo senza l’Euro. Siamo sicuri che con la lira lo scenario sarebbe stato migliore?

Perché si è scelto di avere una moneta unica?

Per comprendere bene le cose dobbiamo pensare agli anni in cui si scelse di avere una moneta unica. Certamente prima il nostro Paese usava la leva della svalutazione per recuperare competitività sui mercati, ma questo indubbiamente, in un contesto di mercato unico creava tensioni. Le nostre imprese si avvantaggiavano rispetto ai competitor grazie a politiche monetarie che agivano rendendo i loro prodotti meno cari. E poi dal punto di vista geopolitico vi era il rischio reale che la Germania guardasse sempre più al blocco dei Paesi dell’est usciti dall’influenza sovietica e ben disposti a credere nel marco come moneta, per crearsi una sua sfera di influenza, ritagliandosi un ruolo fuori dall’Europa. La moneta unica ha significato tanto allora, da entrambi i punti di vista: nel primo caso ha significato salvaguardare il mercato unico e nel secondo caso ha significato tenere la Germania in Europa.

Qual è la soluzione per migliorare le cose?

La risposta è che dobbiamo avere più Europa e ridurre il grado di sovranità nazionale. Con l’Euro è stata varata anche la politica monetaria unica, che è stata trasferita alla Banca Centrale Europea la quale però non ha gli stessi poteri di una Banca Centrale Nazionale. Non abbiamo voluto andare fino in fondo su questo punto per preservare la sovranità delle singole nazioni, ma questo non è privo di conseguenze. Il vero grande problema è la mancanza di una politica fiscale comune, intesa come politica che riguarda la tassazione e la spesa pubblica. In questo senso si avrebbero non solo strumenti reali di controllo della spesa pubblica dei singoli Stati, ma anche strumenti di salvataggio da mettere in campo in caso di un default da parte di un Paese membro. Nel caso della Grecia tutto ciò avrebbe fatto la differenza.

 

Per approfondire leggi anche:



Articolo precedente Articolo successivo
Edit