L’utilizzo delle proteine e dei grassi contenuti nelle larve per la produzione di mangime per l’allevamento di animali, l’impiego delle biomolecole per la creazione di biomateriali e la valorizzazione dei rifiuti organici urbani attraverso uno smaltimento 100% naturale. Sono i vantaggi che si potrebbero trarre dall’allevamento delle uova della mosca soldato nelle nostre discariche. Uno scenario, studiato all’Università dell’Insubria, da cui si snodano tre strade compatibili con la sostenibilità ambientale

Si chiama Hermetia illucens, è una mosca soldato e rappresenta una delle sfide volte alla sostenibilità ambientale: la valorizzazione dei rifiuti organici attraverso la loro trasformazione in biomolecole, preziose risorse per l’ambiente. Ma come avviene questa sorta di metamorfosi? La conversione della cosiddetta FORSU, ossia la frazione organica del rifiuto solido urbano (quella che più comunemente chiamiamo “umido”), in biomolecole è possibile tramite un particolare processo di estrazione dalle larve. Da questo, vengono ricavati vari tipi di molecole, tra cui le proteine e i grassi usati, già da tempo, dall’industria che produce mangimi per animali, come una fonte proteica alternativa per l’alimentazione negli allevamenti. Ma allora qual è la novità apportata dal progetto? 
“Dalle proteine estratte dalle larve si possono produrre biomateriali: dai packaging alimentari ai materiali per l’ambito biomedicale. Concretamente, si valorizza la FORSU impiegandola come nutrimento per le larve e da queste vengono ricavate le proteine utilizzabili per la creazione di materiali ecosostenibili. Una vera e propria circolarità ecosostenibile al 100%”. È così che il professore Gianluca Tettamanti, coordinatore del team di ricerca, sintetizza la tesi al centro del progetto Rich del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita dell’Università dell’Insubria.

Più nel dettaglio si tratta del progetto RICH “Turning Rubbish Into biobased materials: a sustainable CHain for the full valorization of organic waste” (Trasformazione dei rifiuti in materiali biobased: una filiera sostenibile per la piena valorizzazione dei rifiuti organici), finanziato da Fondazione Cariplo nell’ambito del bando 2020 “Economia Circolare: ricerca per un futuro sostenibile”. Non è la prima volta che la Fondazione finanzia uno studio dell’Università dell’Insubria su Hermetia illucens come risorsa. Il primo, dal titolo “InBioProFeed”, concluso nel 2019, era incentrato sulla trasformazione in mangime per pesci delle larve di questa particolare mosca allevate su scarti della filiera ortofrutticola.

All’origine di tutto il processo: la mosca soldato. È da lei che nascono tre strade compatibili con la sostenibilità ambientale: dalle sue uova schiudono le larve che, poste sul substrato del rifiuto organico e messe all’ingrasso, da un lato, contribuiscono allo smaltimento della stessa, dall’altro, producono biomassa utilizzabile come mangime per animali, ma soprattutto per generare prodotti ecosostenibili, tra cui i packaging alimentari. “Siamo davanti ad un progetto che permette di valorizzare un tipo di scarto che difficilmente potrebbe essere utilizzato in altro modo – precisa il professore Tettamanti –. Al centro, un processo di estrazione che guarda anch’esso alla sostenibilità, con costi ridotti e sistemi ecosostenibili, limitando l’uso di solventi chimici nelle fasi di lavorazione. Inoltre, nulla viene sprecato: il rimanente dall’allevamento delle larve può essere riutilizzato come ammendante, ovvero fertilizzante del terreno”.

Si tratta di una circolarità ecosostenibile al 100% quella che vede protagoniste le larve della mosca soldato. Grazie a loro è possibile smaltire in maniera naturale la frazione organica dei rifiuti urbani, mentre dalle loro proteine, oltre al mangime per animali, si ottengono i biomateriali per la realizzazione di packaging, ma anche di strumenti per l’ambito biomedicale

L’obiettivo ultimo della ricerca è quello di applicare il progetto su ampia scala creando una filiera innovativa e integrata di economia circolare per la gestione dei rifiuti. Come spiega ancora il coordinatore Tettamanti, “un efficace trattamento della FORSU, che rappresenta il 30% dei 30 milioni di tonnellate di scarti prodotti in Italia annualmente, apporterebbe un significativo miglioramento all’ecosistema, contribuendo alla riduzione degli effetti negativi sull’ambiente e sulla salute pubblica, generati da pratiche di smaltimento incompatibili con la sostenibilità ambientale”.

Nel team dell’Insubria, a collaborare sotto la guida dei professori Gianluca Tettamanti e Gianluca Molla del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita, i professori Vincenzo Torretta del Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate, Andrea Vezzulli, Raffaello Seri ed Elena Maggi del Dipartimento di Economia. Un gruppo di ricerca con competenze multidisciplinari che vede il coinvolgimento e la collaborazione dell’Università degli Studi di Milano, del Politecnico di Milano e del Deutsches Institut für Kautschuktechnologie.  


Lo staff di ricerca dell’Università dell’Insubria coordinato dal professor Gianluca Tettamanti (a sinistra)



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