Dall’Ue una spinta all’innovazione.jpg

La Mogu, azienda di Inarzo, guarda all’Europa per finanziare lo studio e la produzione di materiali e prodotti innovativi nel campo dell’economia circolare. E l’Europa risponde sì

Un finanziamento a fondo perduto pari a un milione e mezzo di euro, a fronte di un progetto di ricerca e sviluppo che guarda al mercato dell’interior design e della bioedilizia e il cui valore complessivo è di oltre due milioni di euro. Sono questi i numeri che dicono come l’Unione Europea ha creduto all’idea di una giovane azienda di Inarzo, la Mogu, nata nel 2014 con un preciso obiettivo: valorizzare gli scarti industriali e vegetali per produrre materiali e prodotti innovativi, con un occhio rivolto anche al confort e al design. Guardare all’Europa da questo piccolo centro del Varesotto non è cosa inusuale, con la consapevolezza che la sfida per l’innovazione passa proprio da qui. “Questo non è il solo progetto Europeo che abbiamo in corso - dice Stefano Babbini, Ceo dell’azienda – siamo anche coinvolti in altre progettualità, ad esempio come partner all’interno di un progetto Horizon 2020 BBI (Bio Based Industries), denominato Agrimax che ha come capofila un’azienda spagnola e riunisce 25 soggetti diversi tra imprese, centri di ricerca e università. Il nostro ruolo in questo caso è quello di sviluppare una demo per la realizzazione di soluzioni destinate al packaging ed alle attività floro-vivaistiche ottenuti da scarti dell’industria agro-alimentare”. Un’altra progettualità è invece quella che prevede il finanziamento a fondo perduto pari a un milione e mezzo di euro, nata nell’ambito dello Sme Instrument, uno strumento dell’Ue che assegna fondi per attività di ricerca e sviluppo nelle piccole e medie imprese. Quello presentato dalla Mogu è uno dei nove progetti italiani premiati nella call dell’aprile 2018.  La differenza rispetto a quando si lavora con finanziamenti pubblici italiani? “La differenza è grande - dice Babbini - a partire ad esempio dalla percentuale del costo complessivo del progetto che può essere finanziata: nel caso dell’Ue si arriva fino al 70% del costo finanziato, in Italia, attraverso fondi regionali, generalmente al 50 per cento. E poi ancora, in Italia per avere gli anticipi sulle spese è spesso richiesta una fideiussione, cosa che non succede per i progetti Europei. Anche la burocrazia in tutte le fasi, compresa quella di rendicontazione, risulta molto più pesante e farraginosa”.

“Se parliamo di innovazione ricerca e sviluppo - aggiunge Babbini- sicuramente la risposta non arriva dal nostro Paese, ma dall’Europa”.

Sotto il cappello SME Instrument, ad ottobre 2018 Mogu ha avviato un progetto che prevede lo studio, lo sviluppo e la commercializzazione di una pavimentazione modulare e sostenibile, creata a partire da materiali naturali di scarto provenienti dalla filiera tessile, e rilavorati grazie all’utilizzo di particolari funghi che, nutrendosi proprio di questi scarti, producono un nuovo materiale ottimizzato per realizzare mattonelle. Trattata poi con resine a base biologica, la pavimentazione offre una soluzione dal design naturale destinata ad un mercato in espansione come quello dell’edilizia green. “Il vero punto di forza – conclude Babbini – è quello di avere i partner giusti quando si lavora in consorzio con altre aziende ed enti di ricerca oppure, se si corre da soli, avere un bravo euro-progettista che conosca i meccanismi dei finanziamenti europei al quale affidare la propria proposta di innovazione che deve comunque essere eccellente. La nostra esperienza dice che l’Europa è pronta e disponibile a dare spazio alle idee e a sostenere l’innovazione”. 

 

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