come_rilanciare_la_filiera_della_moda

Sul tavolo del Mise c’è un dossier. È il piano di sviluppo per il settore industriale del tessile e abbigliamento pensato e presentato da SMI–Sistema Moda Italia in collaborazione con la LIUC–Business School. A fare da bussola al paper un’analisi econometrica sull’andamento del comparto. Un documento che non chiede ristori ma punta tutto su una solida e articolata politica di investimenti

Una perdita di 9 miliardi di euro, la chiusura di circa 6.500 imprese e la cancellazione di 70mila posti di lavoro. In poche parole: uno tsunami economico e sociale che rischia di travolgere un’intera filiera. Quella della moda. È questo lo scenario che si va delineando da qui ai prossimi tre anni se non verranno messi subito in campo interventi strutturali a sostegno del settore simbolo del made in Italy. A tratteggiare il quadro a tinte fosche è l’indagine effettuata dal Centro Studi di Confindustria Moda. Uno studio che mette in risalto il profondo divario che si sta creando all’interno dei vari comparti manifatturieri.

Se da un lato, infatti, l’industria, in generale, di fronte alla crisi sta tenendo, facendo da argine sociale nel Paese, ciò non vale per tutti i settori. Alcuni, come il tessile e abbigliamento, stanno pagando a un prezzo molto caro sull’altare delle necessarie misure anti–contagio e le relative chiusure  commerciali, che le vendite on–line non riescono a compensare. “Il pericolo di ridimensionamento produttivo ed occupazionale è concreto e imminente – afferma Marino Vago, Presidente di SMI – Sistema Moda Italia e Past President di Univa – e rischia di avere gravi ripercussioni su tutto il Paese”. A preoccupare non è solo il futuro. Basta guardare ai dati di chiusura del 2020 che hanno registrato un calo di fatturato del 23,7% rispetto all’anno scorso tra le imprese industriali del settore.

Con dati così negativi e previsioni per il 2021 non confortanti, SMI ha deciso di farsi promotore di un progetto di rilancio del settore. Il dossier è già stato messo nelle mani del Governo e non punta su generali richieste di sostegno, ma su una vera e propria politica industriale di sviluppo. “Abbiamo preparato un paper che contiene proposte concrete e attivabili in tempi rapidi” spiega Vago. Il documento prende in considerazione dati di economia reale, elaborati dalla Divisione Ricerca Applicata e Advisory della LIUC – Business School, attraverso un’analisi econometrica sull’andamento del settore. Attuare interventi mirati al mantenimento e alla crescita del comparto: questo l’obiettivo da raggiungere. “Il dossier presentato al Ministero dello Sviluppo Economico, non vuole solo indicare uno stato di crisi, evidente peraltro a tutti, ma ha come scopo quello di trovare e proporre soluzioni vagliate scientificamente attraverso uno studio ritagliato sulle necessità del distretto della moda”. Da qui la volontà di SMI di coinvolgere la Business School della LIUC di Castellanza.

Il comparto oggi rischia di perdere competenze e quell’artigianalità che è tutta tipica delle imprese tessili. Per questo ci vogliono tempi brevi e azioni mirate e immediate

Il documento non chiede ristori, ma punta tutto su una solida e articolata politica di investimenti. Un piano d’azione da attivare a stretto giro per preservare e dar nuova vita alla filiera, con benefici che riguarderebbero a cascata tutta la manifattura italiana. La strategia preparata da SMI, insieme ai ricercatori della LIUC, si compone di tre grandi macro–categorie di interventi, all’interno delle quali vengono individuate precise proposte e risorse necessarie. Il tutto per un piano organico dal valore di 8 miliardi di euro. “Come prima cosa ci vogliono interventi di emergenza – spiega Vago – da attivarsi nell’immediato e finalizzati a salvaguardare le professionalità e ad agevolare i percorsi di ristrutturazione”. 

Questo approccio permetterebbe di affrontare due temi paralleli in ambito sociale. Da una parte quello legato alla perdita dei posti di lavoro: SMI vuole salvare tutte quelle competenze specifiche difficili da reinserire un domani nel mercato. Un esempio per tutti? “Quello del tagliatore”, cita Vago: “Le imprese non possono permettersi di perdere mansioni rare come queste”. Dall’altra, invece, la formazione di nuove figure professionali e la costruzione di nuove competenze richieste dal settore nei prossimi anni. “Abbiamo proposto quindi un prolungamento della Cassa Covid, senza costi per le imprese, ma anche dei contributi a fondo perduto o crediti d’imposta in base alla perdita di fatturato delle pmi”. Queste azioni si racchiudono in un pacchetto di 2 miliardi.

“Il secondo punto, quello che economicamente richiede maggiori sforzi, riguarda interventi strategici di medio periodo per la messa in atto degli effetti relativi agli ambiti qualificanti dell’economia circolare, dell’innovazione creativa, della digitalizzazione e del recupero di competitività settoriale”. Sono proposti stanziamenti per 4 miliardi. Un progetto, coerente e organico al tempo stesso, di misure di politica industriale di ampio respiro. L’utilizzo di una logica multidimensionale che comprende interventi a largo spettro per rimettere in moto tutti i segmenti che compongono la catena del valore. E infine, come terza proposta, sono necessarie azioni di lungo periodo, “in rafforzamento e completamento delle misure previste nella fase precedente, eminentemente strutturali, negli ambiti della promozione, della formazione e della riqualificazione delle risorse umane”. Tempestività e puntualità sono, quindi, le parole chiave che fanno la differenza e che possono davvero salvare il futuro delle imprese e i posti di lavoro della filiera della moda.

“Per tornare ai livelli pre–Covid – sostiene il Presidente Vago – ci vorranno circa 3 anni”. Un percorso lungo e con non poche difficoltà, insomma, che punta a dare un nuovo e innovativo volto al tessile. Una nuova pelle. Riconquistando terreno e competitività. Un comparto che oggi rischia di perdere non solo competenze “ma anche e soprattutto quell’artigianalità che è tutta tipica del settore”, come ricorda Vago. Per questo ci vogliono tempi brevi e azioni mirate e immediate. Una rinascita che da un lato preserverà l’aspetto più tradizionale della catena produttiva, ma dall’altro investirà nell’innovazione, puntando sull’ambito digitale e tecnologico, senza perdere di vista la strada della sostenibilità. Un cambio di rotta necessario che permetterà alla moda di rifiorire. Anche e soprattutto in territori dove la filiera è particolarmente radicata, come la provincia di Varese. Qui le imprese, secondo il Presidente di SMI, possono contare su un’arma in più: “La presenza sul territorio dell’Unione Industriali, di un ateneo come la LIUC – Università Cattaneo e la rete di rapporti con Centrocot (il Centro Tessile Cotoniero e Abbigliamento di Busto Arsizio) – conclude Vago – permette di avere una visione corale 
capace di creare quelle sinergie di cui ha bisogno la filiera”.
 



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