Come-i-ragazzi-scelgono-la-scuola

Quali valori, esperienze e sogni si celano dietro alle motivazioni che spingeranno nelle prossime settimane centinaia di studentesse e studenti varesini di terza media a optare per un percorso di studi superiori tecnico o liceale? Con quali pronostici? Quali chiavi di lettura della realtà?

Sono stati più di 4.500 i ragazzi che centinaia di imprese varesine hanno incontrato nel corso del mese di novembre durante le visite aziendali del Pmi Day 2019, la più importante manifestazione di orientamento allo studio del Varesotto, organizzata dal Comitato della Piccola Industria dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese a vantaggio degli studenti di terza media. Momenti di confronto durante i quali gli insegnanti hanno confermato quanto sia complesso per dei giovani di 13 anni, nel pieno della trasformazione da bambini a preadolescenti, scegliere la scuola superiore da frequentare. Ma agli incerti si affiancano anche ragazzi e ragazze con le idee chiare. Nei 3 anni di scuola media gli studenti crescono e “maturano” e, come confermano i loro stessi professori, cominciano a coltivare chiari progetti di studio, nonostante la confusione e l’incertezza sul futuro. Meglio allora evitare le generalizzazioni sui giovani.

Proviamo invece ad affrontare il tema della scelta della scuola cambiando angolo di osservazione, perché il punto di vista dei ragazzi è molto probabilmente diverso dal punto di vista degli adulti. Partiamo dal contesto: l’incertezza caratterizza il nostro e il loro mondo. I ragazzi preadolescenti, si legge spesso, vivono nella quotidianità con la freschezza e la sicurezza del “qui e ora”. Non sono spaventati dal futuro incerto: il loro domani è ricco, più curioso proprio perché indefinito e non certo. Hanno ancora la capacità di sognare ad occhi aperti, di scendere in piazza per manifestare a favore del pianeta e di radunarsi con passione per un concerto, un evento sportivo, un’iniziativa di volontariato che sono convinti possa cambiare il mondo.

I ragazzi crescono in una realtà interconnessa, ricca di persone, luoghi e culture che, oggi più di ieri, si mischiano nelle classi sin dalla scuola dell’infanzia: il loro punto di osservazione è molto più ricco di quello degli adulti

I ragazzi crescono in una realtà interconnessa, ricca di persone, luoghi e culture che - oggi più di ieri - si mischiano nelle classi sin dalla scuola dell’infanzia. Hanno già sperimentato e vissuto nel loro primo ciclo di istruzione la capacità di stare con gli altri (in modo molto più inclusivo di molti adulti), hanno nel loro lessico terminologie e lemmi nuovi, hanno dimestichezza ed accesso agli smartphone e ai tablet e ne sanno di tecnologia molto più di noi adulti. Potremmo continuare questo elenco con una luna lunga serie di progetti scolastici e di esperienze che ampliano il loro modo di imparare. Il loro punto di osservazione è molto più ricco del nostro, perché non è ostacolato dalle difficoltà che ancora non vedono o non percepiscono, non avendone per lo più fatto ancora esperienza. Tutta questa energia è a loro favore e possono permettersi di inseguire un sogno: magari quello di diventare un famoso calciatore o uno scienziato oppure un filosofo. Tutta questa energia li sostiene e li aiuta a proiettarsi in avanti: la passione, l’interesse e l’impegno sono i tre ingredienti base per realizzare le loro aspirazioni.

Le incertezze sul futuro rischiano di essere presentate come una minaccia in tante occasioni di “orientamento”: ma cambiando punto di osservazione, diventano a tutti gli effetti un’incredibile ricchezza e lo sanno bene gli insegnanti che nel difficile lavoro dell’educare sono anche chiamati a fornire un consiglio orientativo per la prosecuzione degli studi.

Il consiglio di Cristina Boracchi, Dirigente scolastico del Liceo Crespi di Busto Arsizio: “Puntare su percorsi solidi, che permettano di sviluppare l’integrità della persona con un ottimo bagaglio di conoscenze in grado di formare il futuro cittadino, non dei meri esecutori”

“Il consiglio orientativo,  soprattutto se, come in provincia di Varese, vede istituti del primo ciclo e del secondo concordare le profilature in uscita e quelle in ingresso dei diversi ordinamenti secondari di secondo grado, può essere un buon indicatore per scegliere cosa e come studiare nel corso dei cinque anni successivi alla scuola media, dando esso evidenza alle competenze e alle conoscenze delle quali gli studenti dispongono”, così la pensa ad esempio la professoressa Cristina Boracchi, Dirigente scolastico del Liceo Crespi di Busto Arsizio e Responsabile dell’Ambito Territoriale 35 di Varese: “Da  cinque anni il Miur (Ministero Istruzione Università Ricerca), attraverso le piattaforme di Indire, che impostano i Rapporti di Autovalutazione degli istituti scolastici nazionali, offre all’analisi delle scuole e delle famiglie i dati relativi all’adesione ai consigli orientativi, permettendo agli istituti di osservare la correlazione tra il successo formativo degli studenti, la coerenza della loro scelta e il successo scolastico, in genere maggiore se la scelta di studio è stata in linea con il consiglio della scuola. Grazie ad Alma Diploma e a Eduscopio, inoltre, è possibile da parte delle famiglie accedere al ranking degli istituti secondari del territorio, graduati alla luce del placement professionale e/o universitario”. Di fronte ad un mercato del lavoro “così fluido e in fieri”, il consiglio di Cristina Borrachi è quello di “puntare su percorsi solidi, che permettano di sviluppare l’integrità della persona con un ottimo bagaglio di conoscenze, che sono i contenuti delle competenze, per preparare il futuro cittadino, quello capace di agire responsabilmente, in modo critico e consapevole, nel tessuto sociale: questo comporta certo lo sviluppo delle skill trasversali, ma anche un bagaglio di conoscenze che permetta di esprimersi correttamente nella lingua madre e in almeno una lingua straniera, di utilizzare con scioltezza pacchetti informatici e di avere la capacità di apprendere in contesti differenti. Non  solo esecutori, dunque, ma teste ben fatte”.   

Così come è sempre utile chiedere quali percorsi lavorativi intraprendono i diplomati al termine dei 5 anni, perché forse non tutti sanno che all’interno delle scuole (soprattutto le scuole tecniche, ma anche in qualche liceo) sono presenti uffici di placement in grado di fornire indicazioni utili. Senza diventare matti con i numeri, è interessante dare un’occhiata a due indicatori di performance dei nostri studenti: i quindicenni italiani risultano in media con gli altri Paesi solo in matematica mentre sono sotto la media per capacità di lettura e capacità nelle scienze. Si confermano il divario tra Nord e Sud, tra maschi e femmine e tra licei e istituti tecnici e professionali (fonte indagine Pisa-Ocse presentata ai primi di dicembre 2019).

Gli “exit pool”: di fronte al trend degli ultimi anni registrati nel Varesotto è facile prevedere che il 45% dei ragazzi sceglierà di frequentare un liceo mentre il 40% un istituto tecnico

Ma tutto questo come si concretizzerà in termini di iscrizioni alle scuole superiori del territorio varesino? Quanti sceglieranno un percorso liceale? Quanti opteranno per lo studio tecnico-professionale? Tenuto conto anche dei trend registrati negli ultimi anni sul territorio, e più volte descritti da Varesefocus, possiamo prevedere con un certo grado di confidenza che non ci discosteremo molto dagli anni precedenti, con una percentuale di circa 45% di scelte per i licei e un 40% per gli istituti tecnici. Percentuali a cui si affianca un’altra certezza: quella che ci porta a definire ancora troppe barriere culturali e sociali che influenzano nell’immaginario collettivo la distinzione tra professioni maschili o femminili. Stereotipi che si ritrovano non solo tra i ragazzi, ma anche fra gli adulti. Nessuno si stupisca dunque se le imprese fatichino ancora oggi a trovare un ingegnere meccanico donna.



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