Sta per arrivare il giorno più buio dell’intero calendario: solamente 8 ore, 39 minuti e 56 secondi di luce. Ma si tratta veramente del dì meno soleggiato dell’anno? Oppure di quello più freddo? Tutto ciò che c’è da sapere, compresi falsi miti e antiche celebrazioni, sul solstitium invernale 

Domenica 22 dicembre ore 5:19: Questo il momento preciso in cui, nel 2019, inizierà il solstizio d’inverno. Il momento in cui la Terra entrerà nell’inverno astronomico. Già, perché l’inverno meteorologico è già iniziato con il primo giorno del mese di dicembre. È un giorno abbastanza particolare per quella parte di umanità che vive nell’emisfero boreale: l’alba sembra non voler mai arrivare, mentre il tramonto sembra sopraggiungere troppo presto. Ed in effetti è il giorno durante il quale il buio prevale nettamente sulla luce. Se vogliamo essere precisi nel definire cos’è il solstizio d’inverno si deve dire che, per l’emisfero boreale, è il momento in cui il sole si trova direttamente sopra il Tropico del Capricorno a una latitudine di 23,5 gradi sud, ovvero alla sua massima distanza al di sotto dell’equatore celeste. Il sole spunta nel punto più meridionale dell’orizzonte est e culmina a mezzogiorno alla minima altezza: è il dì (la parte di giorno con luce) al quale corrisponde il minimo irradiamento solare. In quel giorno a Varese ci saranno solo 8 ore, 39 minuti e 56 secondi di luce, solo un terzo del giorno. Beh, sarà poco, ma è ancora tanto se confrontiamo la durata del giorno con le latitudini più settentrionali, come quelle che interessano l’Alaska o ancor più sopra, dove il sole non fa quasi mai in tempo a sorgere, che già cade al tramonto. Una situazione che è legata unicamente al fatto che la Terra ruota attorno al sole e che l’asse di rotazione del nostro pianeta è inclinato di 23 gradi e 27 primi rispetto al piano dell’ecclittica, cioè al piano sul quale ruota la Terra attorno alla nostra stella.

Ma come mai arriva il 22 dicembre? Di solito si dice che l’inverno inizi il 21 dicembre. Il motivo di questa discrepanza ha a che fare con la differenza che esiste tra l’anno solare su cui si basa il calendario gregoriano e l’anno siderale, ovvero il periodo che la Terra impiega a ruotare attorno al sole e che corrisponde a 365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 10 secondi. Per semplificare, il nostro calendario arrotonda l’anno a “soli” 365 giorni, ma così ogni anno si perdono un po’ più di 6 ore e tale ritardo fa ondeggiare date e orari dei solstizi invernali tra il 21 e il 22 dicembre. Il tutto si recupera ogni 4 anni, con l’anno bisestile, durante i quali si aggiunge un giorno a febbraio.

Gli antichi romani celebravano, nei giorni attorno al solstizio invernale, la festa del “Deus Sol invictus”, una festività per la rinascita, in tutti i sensi: in quei giorni si usava scambiarsi regali, usanza natalizia arrivata fino ai giorni nostri 

Ma torniamo al solstizio invernale: molte persone pensano che durante tale giorno, così come durante tutta la stagione invernale, la Terra si trovi più lontana dal sole. In realtà siamo nel punto più vicino alla nostra stella (la logica darebbe ragione a chi vive nell’emisfero, australe dove nel medesimo giorno inizia l’estate), siamo cioè al perielio, ma va sottolineato che non è la distanza dalla nostra stella a determinare il freddo o il caldo della stagione, bensì l’inclinazione dei raggi solari, i quali come conseguenza dell’inclinazione dell’asse terrestre, ci arrivano più inclinati e radenti rispetto a quanto avviene in estate. Questo fa sì che un medesimo raggio solare che in estate arriva meno inclinato e in inverno più inclinato, vada a riscaldare una minore (in estate) o una maggiore (in inverno) superficie di suolo. 

C’è poi un altro mito che deve essere smentito: il fatto che in molti pensino che proprio per il minor numero di ore solari “concesse”, il solstizio d’inverno sia il giorno più freddo dell’anno. In realtà il freddo dell’inverno è in stretta relazione con la capacità degli oceani terrestri di assorbire l’energia solare e rilasciarla in modo graduale nel tempo. Per questo motivo, tra il momento in cui il sole ci irraggia di meno e quello in cui, effettivamente, si percepisce più freddo, c’è un po’ di ritardo perché gli oceani e i mari impiegano del tempo per raffreddarsi; così nell’emisfero boreale le temperature dell’atmosfera cadono al minimo tra gennaio e febbraio.

E fin qui, quello che ci dice la scienza. Ma attorno a questo giorno sono nate leggende e storie che si trascinano sin dalla notte dei tempi. A partire dal nome stessi di questo giorno: solstizio che deriva dal latino solstitium, da sol, sole, e sistere, stare fermo. Nei giorni attorno al solstizio sembra quasi, infatti, che il sole, nel suo cammino nella volta celeste, tenda a fermarsi. Sembra sorgere e tramontare dalla stessa posizione. Ecco perché gli antichi romani celebravano, nei giorni attorno al solstizio invernale, la festa del “Deus Sol invictus”, una festività per la rinascita, in tutti i sensi. E nei giorni a cavallo del solstizio invernale, nell’Antica Roma, si usava scambiarsi regali come candele di cera colorate, libri, abiti e persino animali domestici. E in queste manifestazioni, alcuni vedono l’usanza natalizia dei nostri giorni nello scambiarsi regali. 

Per l’emisfero boreale, il solstizio d’inverno è il momento in cui il sole si trova direttamente sopra il Tropico del Capricorno a una latitudine di 23,5 gradi sud, ovvero alla sua massima distanza al di sotto dell’equatore celeste

Ma se si vuole andare ancora più al di là di quel che era il solstizio per i Romani, basta dare una sbirciata alla tradizione germanica e celtica, per la quale il solstizio d’inverno coincideva con la “festa di Yule”: si accendeva il fuoco, si macellavano gli animali e si banchettava sulle ultime riserve di carne disponibili, erano giorni di riposo e di danze. E proprio a questa festa sembra risalire, secondo una delle tante tradizioni, l’Albero di Natale. Sarebbe il simbolo di rinascita, di rigenerazione della vita. Ma non è tutto. Se ci spostiamo infatti, a nord dell’Europa, in uno dei luoghi più interessanti dal punto di vista archeoastronomico, Stonehenge, che oggi è conosciuto soprattutto per le feste pagane di inizio estate, sembra invece che per chi lo edificò fosse più importante, o almeno fosse alla pari, il solstizio d’inverno: anche qui si macellavano gli animali, mentre vino e birra raggiungevano il massimo della fermentazione. Un giorno, dunque, che nella società dei nostri giorni scorre come tutti gli altri, ma che nel passato, quando il rapporto con la natura era molto più forte, aveva un valore estremamente simbolico. 



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