“Sembrava già di sentirne lo sbuffo incupito dalla galleria e vederselo tutt'a un tratto addosso, scalpitante fumo e fuoco, con le ruote che mangiavano i binari senza pietà”. Nel suo “Giardino incantato”, Italo Calvino poteva ben pensare (era il 1949) anche alla Vigezzina-Centovalli, la ferrovia a scartamento ridotto che all'epoca in cui uscì il racconto contava già ventitré anni d'onorato servizio. A più di un secolo dall'inizio della costruzione (1913) e non lontani da quello che vide sfrecciare il primo treno (1923), questa linea ferrata si presenta ai nostri occhi come un miracolo di equilibrio tra tecnologia, economia d'esercizio e poesia del paesaggio. Roba da non credere se non fosse vera e ad una manciata di chilometri da casa nostra.

Due ore per coprire poco più di cinquanta chilometri fra Domodossola e Locarno. Un fallimento? Al contrario. Un grande successo per la ferrovia panoramica più bella d'Italia: la Vigezzina-Centovalli

Di recente, Radio2 nella trasmissione “Bella davvero” l'ha proclamata “la più bella ferrovia panoramica d'Italia” e un lungo servizio gli ha dedicato “Fuori Binario” su Rai3. Riconoscimenti “ufficiali” che si sommano ad un dato eclatante come il milione e mezzo di passeggeri trasportati ogni anno fra Domodossola e Locarno passando per 33 stazioni, 83 ponti, 31 gallerie distribuiti lungo 52 chilometri di paesaggi naturali di grande suggestione in qualsiasi periodo dell'anno. Così, mentre in Italia vi sono 1700 stazioni e 6mila chilometri di binari abbandonati e nella Confederazione Elvetica il trasporto pubblico su ferro non è mai stato declassato in favore di quello su gomma, un temerario e preveggente accordo italo-elvetico di poco precedente la Grande Guerra ha consentito di regalare alla frenesia del terzo millennio un gioiello viabilistico utile tanto ai lavoratori pendolari quanto ai turisti che soggiornano tra i laghi prealpini e la montagna. Occorrono due ore per andare da un capo all'altro della Vigezzina, ma qui non conta - com'è invece di solito - prendere un mezzo di trasporto che faccia concorrenza ad altri.

Qui, al contrario, vince la lentezza che consente di assaporare un cascata, la cima di un monte, lo scorcio di un lago, di un pascolo, di un campanile affogato con le sue quattro case tra i boschi. E poi le valli, così tante da dare il nome al territorio e alla stessa ferrovia, ciascuna con una storia uguale all'altra eppure diversa, a raccontare secoli di vita contadina dura e parca di soddisfazioni. Lo sviluppo economico dei paesi (da Masera con le sue cave di pietra a Santa Maria Maggiore con le sue piste da sci a Re col suo famoso santuario mariano all'intera Val Vigezzo con prelibatezze gastronomiche come il pane di Coimo e il prosciutto affumicato, solo per restare in territorio italiano) è rimasto confinato (e, in genere, bene ordinato) ai fondovalle; lo snodarsi lento e silenzioso della ferrovia ci consente di elevare lo sguardo appena oltre le case dai tetti in pioda e scoprire che il resto è rimasto sospeso nell'aura immobile di cento anni fa, frutto di un incantesimo che abbina il passato di un mondo legato ai ritmo della natura e il presente fatto di affidabilità tecnologica e voglia di riscatto senza le furie distruttive del boom economico.

I numeri: ogni anno sono 1 milione e mezzo i passeggeri trasportati fra Domodossola e Locarno, passando per 33 stazioni, 83 ponti, 31 gallerie, distribuiti lungo 52 chilometri di paesaggi naturali

E pensare che gli ostacoli disposti dal tempo lungo la strada ferrata della Centovalli-Vigezzina sono stati molti e di grande entità. Appena avviata la costruzione scoppiò il primo conflitto mondiale che un po' ovunque mandò all'aria progetti di sviluppo, anche nel campo dei trasporti, di ogni tipo; poi vennero gli anni duri fra le due guerre e lo scoppio del secondo conflitto che fu persino peggio del primo; gli anni caotici del boom economico italiano fecero giungere la nostra ferrovia ad un passo dall'abbandono e ancor più si temette dall'alluvione del 1978 che spazzò via interi tratti soprattutto in territorio italiano. Ma fu proprio quell'evento naturale ad unire le forze in un progetto di completa ristrutturazione che ha portato ad avere oggi treni efficienti, alcuni dotati di apertura panoramiche, puntuali, dai quali è possibile scendere e salire ad ogni fermata per godere in pieno di ciò che offrono i paesi attraversati: chiese campestri, centri storici curati, magnifiche ville di Otto-Novecento, piccoli musei (come non ricordare quello dello Spazzacamino a Santa Maria Maggiore), eventi culturali fra musica e libri, una gastronomia di prim'ordine che punta molto sulle materie prime locali. E, in prossimità delle feste di fine anno, i mercatini di Natale per i quali la Società Subalpina Imprese Ferroviaria ha disposto corse speciali.

 

Si mangia bene, alla maniera antica

Le Centovalli rappresentano un'oasi felice anche sotto il profilo della buona cucina. In territorio italiano come in quello svizzero, dove abbondano trattorie e crotti di antica tradizione. Ci limitiamo a due esempi di assoluta eccellenza e lunga storia. A Masera, proprio ai piedi della valle appena lasciata Domodossola, il “Divin Porcello” è una garanzia per i palati già a cominciare dal nome. Piatti della tradizione locale, dove per una sera è meglio lasciar perdere problemi di colesterolo e legati alla dieta per assaporare al meglio, tra i tanti, due piatti doc: “pasta e bajan rustì”, dal 2013 una DeCo, pasta fatta in casa con fagiolini  e formaggio ossolano e “la lausciera”, carne di maiale, lonza o filetto, accuratamente sgrassata e tagliata a fette sottili, passata sulla pietra ollare che ne garantisce uniformità di cottura. E poi i salumi, una gran varietà la cui produzione è seguita passo passo dalla proprietà. Locale rustico e ben curato anche nella carta dei vini. Il consiglio è di prenotare. Telefono 0324.35035. Chiuso il lunedì. A Santa Maria Maggiore, a due passi dalla chiesa principale e dunque in pieno centro (chiuso al traffico, ma i parcheggi sono molto vicini), troviamo il piccolo, ma raffinato ristorante “Le colonne”, pochi tavoli dove vengono serviti perlopiù piatti a chilometro zero e con gran attenzione alla stagionalità. Due esempi: il risotto al cumino nero e il controfiletto di cervo; per finire in bellezza, raviolo frutto ripieno di mele e gelato alla vaniglia. Si beve bene. Anche in questo caso è consigliata la telefonata (anche perché l'apertura invernale è ridotta) allo 0324.94893.



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