Il segreto delle startup californiane, il mondo dell’Internet of Things in profonda trasformazione, il senso del sacrificio degli startupper. Intervista a Marco Astuti, il “traghettatore” che da anni accompagna gli imprenditori italiani alla scoperta della West Coast Usa.

 

Con il passare degli anni l’approccio e le motivazioni che portavano tanta gente a partecipare a una missione a metà strada fra tecnologia e business sono cambiati radicalmente, è cambiato il contesto. Sia quello della globalizzazione, sia ancor di più quello di Internet. Ad eventi come il Consumer Electronic Show non si va più per scoprire nuovi attori, nuovi prodotti o nuove tecnologie ma per qualcosa di maggiormente soft. L’accelerazione del cambiamento implica che bisogna essere capaci di anticiparlo intercettando i sentiment che fra gli addetti ai lavori si vanno configurando e che ancora non si cristallizzano, neppure sul web”. Marco Astuti è docente in pensione della LIUC – Università Cattaneo e si autodefinisce “traghettatore di persone interessate ad approfondire la realtà della Silicon Valley”. A lui, infatti, è toccato il compito di supervisore scientifico di #TechMission2017, la trasferta nella West Coast degli Stati Uniti organizzata dal 2 al 9 gennaio dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, in colla-borazione con il Consolato Americano a Milano, che ha coinvolto una delegazione di 40 persone, tra imprenditori, studenti e manager. Chiusa una trasferta, però, si apre subito la sfida di organizzarne un’altra. Uno study tour sempre in Silicon Valley, questa volta sotto l’egida di Confindustria Lombardia che si terrà dal 4 al 10 aprile, ma organizzata ancora una volta dall’Unione Industriali e, come referente scientifico, da Marco Astuti. 

Quella di aprile sarà la quarta missione consecutiva in poco più di due anni che viene organizzata. Perché tanto interesse e come è cambiata nel tempo l’impostazione di questo genere di iniziative?
Pensiamo a come di giorno in giorno acquistano modalità diverse esperienze di digital transformation, di digital disruption, di sharing economy, ed anche come si modifica il modo di fare impresa e come cambia il modo di lavorare al suo interno. In questi processi le startup della Silicon Valley sono un elemento prezioso: sono loro il ‘laboratorio di ricerca e sviluppo mondiale’ da cui tutte le aziende grandi e meno grandi attingono senza ritegno, anche nelle nuove modalità di lavoro e di relazioni interne. E’ significativo che le startup considerino tempo sprecato spendere energie per esporsi sul web, molto meglio fare networking sfruttando le grandi opportunità che la Valle mette a disposizione ogni giorno. Ed anche utilizzando intensivamente e con modalità nuove il mondo social. Non è certo stato casuale che abbiamo dedicato una parte importante del tempo dell’ultima missione al confronto con SalesForce, azienda in crescita verticale proprio sull’onda dell’utilizzo massiccio di tale mondo con risultati davvero impressionanti. E il mercato lo conferma con i grandi movimenti in corso come, ad esempio l’acquisto di LinkedIn da parte di Microsoft.

Tappa d’obbligo per chi organizza una missione a gennaio nella West Coast Usa è il Consumer Electronic Show (CES) di Las Vegas. Come giudica l’edizione 2017?
Sempre affascinante, anche se quest’anno è mancata la novità con il botto, quella per intenderci, come abbiamo visto molte volte in passato,che avrebbe generato nell’anno successivo una intera corsia ad essa dedicata e l’anno ancora successivo un intero settore. Come era successo negli anni scorsi per l’auto a guida autonoma, per le stampanti 3D e per i droni. Qualcuno aspettava gli schermi a 8K ma abbiamo visto solo “lavori in corso”. A pensarci bene però...
 

Però cosa?
Una novità davvero grande, in realtà, si respirava ovunque e cioè che il CES ha mostrato chiaramente come l’innovazione produca un miglioramento concreto della qualità della nostra vita di ogni giorno. Questo non è una slogan, ma lo si verifica in termini di semplificazioborazione con il Consolato Americano a Milano, che ha coinvolto una delegazione di 40 persone, tra imprenditori, studenti e manager. Chiusa una trasferta, però, si apre subito la sfida di organizzarne un’altra. Uno study tour sempre in Silicon Valley, questa volta sotto l’egida di Confindustria Lombardia che si terrà dal 4 al 10 aprile, ma organizzata ancora una volta dall’Unione Industriali e, come referente scientifico, da Marco Astuti.

Altra tappa fondamentale della vostra missione è stata Phoenix...
Per la prima volta abbiamo dedicato una parte importante della missione alla realtà tecnologicamente emergente di quest’area. Sicuramente lo stimolo principale è venuto da Local Motors la cui evoluzione fondata sui principi dei makers abbiamo seguito fin dalla sua nascita circa 10 anni fa. La sua filosofia incentrata su concetti quali open innovation, open source (che a noi informatici rimandava all’open software che tanto è stato importante nel bene e nel male nello sviluppo della nostra industry), macchine progettate e prodotte individualmente (magari direttamente dal cliente), rete di approvvigionamento a invarianza di scala (come Internet), creazione di una casa automobilistica online, community di innovazione aperta, produzione non solo just in time ma il più possibile vicino al cliente, ci hanno davvero impressionato. Fondamentale anche la lezione di Knight Transportation che ci ha mostrato come l’innovazione tecnologica più avanzata possa dare tanta efficienza ed efficacia anche nei settori più tradizionali e labour intensive: sono il più importante fornitore americano di servizi di trasporto merci. Sullo sfondo di tutte le realtà incontrate c’era sempre, anche se in modi diversi, l’IoT. 


Qual è il segreto delle startup americane della Costa Occidentale?
Il loro punto di forza è lo spirito che le anima. Uno spirito strettamente legato alla cultura degli abitanti di questa zona che ne ha costituito la storia, derivante dai missionari/esploratori che l’hanno scoperta” della seconda metà del ‘700, i 49ers che affrontavano enormi difficoltà per arrivare per primi a cercare l’oro nel fiume Sacramento e poi i ricostruttori di San Francisco e delle città vicine dopo il tremendo terremoto e incendio del 1906. Negli startupper che incontriamo nei coworking space di cui è piena l’area, anche quelli più squallidi, vediamo lo stesso amore per il rischio, la stessa grande determinazione e soprattutto quale livello di sacrifici sono disposti ad affrontare pur di tentare la loro avventura.

 



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