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“Sono contento della vostra presenza perché vedere tanto dinamismo fa bene al sistema Italia. Per il nostro paese la Lombardia è importante in molti fattori”: si è conclusa con queste  parole del Console Italiano a San Francisco, Lorenzo Ortona, la prima giornata dello study tour in Silicon Valley #LombardyUsa, di Confindustria Lombardia e dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. Un momento istituzionale al quale hanno partecipato i 50 tra manager, professionisti e imprenditori, con la presenza del Presidente di Regione Lombardia, Roberto Maroni, e del Vicepresidente Fabrizio Sala.

Da una parte, infatti, si sta svolgendo una missione istituzionale che ha visto il Presidente Maroni far visita a realtà della West Coast Usa come Twitter, IBM e Airbnb con cui è stato portato avanti un “importante confronto sui possibili sviluppi del #turismo in #Lombardia”, twitta dal suo account personale il governatore lombardo.

Dall’altra parte, invece, è in corso lo study tour di Confindustria Lombardia che da subito è stato connotato come una vera full immersion di incontri con esponenti italiani che stanno avendo successo in Silicon Valley. Come nasce una startup, dalla formulazione della business idea, alla ricerca degli investimenti. La presentazione dell’ecosistema imprenditoriale più tecnologico e innovativo al mondo. Questi solo alcuni dei primi temi affrontati dagli imprenditori lombardi, tra cui una delegazione di 16 persone del sistema economico varesino.

“In Italia abbiamo una idea poco precisa di cosa sia la Silicon Valley”, spiega il professor Marco Astuti, a cui fa capo l’organizzazione tecnica dello Study Tour. C’è voglia di conoscere, come affermato in apertura della trasferta dal Direttore Generale di Confindustria Lombardia, Silvia Pagani: “Siamo contenti di aver potuto dare vita ad un gruppo così numeroso, a cui per due giorni si affiancherà la presenza istituzionale dei vertici di Regione Lombardia, che rappresenta un riconoscimento al valore di questa nostra iniziativa e dei contenuti del programma”.

Primo obiettivo, andare oltre i luoghi comuni dell’industria 4.0. Come ha spiegato agli imprenditori lombardi, Stefano Marzani, Ceo di DQuid, la piattaforma capace di collegare qualsiasi oggetto ad Internet: “Non possiamo pensare all’industria 4.0 come limitata alla fabbrica e all’ottimizzazione dei suoi costi. Al contrario, la vera industria 4.0 è quella che sa colloquiare con i propri prodotti, e, attraverso questa connessione, che sa adattare la propria produzione alle richieste dei consumatori. Lo scopo è creare un ecosistema digitale attraverso il quale dare maggiore valore ai propri beni. Per riuscirci le aziende non devono solo dotarsi, in generale, di meccatronica migliore, ma devono concentrarsi anche sulla parte sotfware della meccatronica, devono diventare delle software factory. Questa è la vera industria 4.0, sarebbe un peccato limitarsi al solo aspetto dell’ottimizzazione del lavoro delle macchine in fabbrica”.

Ma quali sono i primi passi che un’impresa deve muovere per operare e per relazionarsi con la Silicon Valley? A questa domanda ha risposto Matteo Fabiano, managing partner di FireMatter, realtà che ha come proprio scopo quello di essere una sorta di porta di ingresso nella West Coast Usa per le aziende internazionali: “Il vero segreto per operare in quest’area è capire da subito l’importanza che per gli operatori della zona riveste il concetto di capitale relazionale. In Silicon Valley moltissima parte delle attività commerciali si basano sulle relazioni, su quello stock di capitale sociale che ha delle entrate e delle uscite come qualsiasi conto economico”. L’importante è chiudere in positivo: “Alcuni tipi di transazione come fornire informazioni di valore o aiutare un investitore a fare un buon ritorno aumentano il capitale, mentre far perdere del tempo a qualcuno porta a una erosione di credito. Occorre familiarizzare con questi concetti e farli propri per operare in Silicon Valley”.

Le opportunità, anche per gli italiani che ci sanno fare, non mancano. Come testimonia un giovane ragazzo: Alberto Rizzoli, co founder di una startup nata proprio in Silicon Valley nel 2015: Aipoly. Un’idea d’impresa creata durante un programma denominato Global Solution Program dove ottanta ragazzi provenienti da tutto il mondo devono pensare a delle startup in grado di cambiare la vita di un miliardo di persone entro 10 anni. Tra queste, proprio Aipoly così spiegata alla delegazione lombarda e varesina durante un incontro: “Si tratta di una app che trasforma le immagini di una telecamera in informazioni di testo o audio. Una app che dota dunque i nostri smartphone di un’intelligenza artificiale in grado di riconoscere qualsiasi oggetto. Sia esso un cibo (le cui informazioni possono essere essenziali per seguire una dieta bilanciata) o un monumento che si sta visitando in una qualsiasi città del mondo”.

Tra i segreti della Silicon Valley ci sono i coworking space come RocketSpace. Ai più il nome non dice niente, ma la sua importanza sta nelle startup che un posto come questo ha visto nascere al proprio interno. Bastano solo un paio di nomi: Uber e Spotify. I coworking space non mettono a disposizione degli startupper solo spazi e uffici. Sono realtà che mettono anche in contatto gli aspiranti imprenditori con le grandi corporation dell’area.

E poi esistono gli acceleratori tenologici come Project4U di cui l’italiano Stefano Caccia è Managing Director: “Il nostro lavoro è aiutare gli imprenditori stranieri (nessuno dei nostri clienti è americano) ad operare qui in Silicon Valley. Collaboriamo con 30 diversi Paesi tra cui anche l’Italia”.



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