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La corrente la portano i muli. Localismi e casi di ordinaria follia

Muli per portare i cavi della corrente ai tralicci d'alta quota perché il sindaco nega il passaggio degli autocarri sulle strade comunali. Un esempio di logica campanilistica che viene dalla Campania. E quanti altri esempi, anche da noi.

Elicottero e muli. Un accostamento singolare di mezzi di trasporto, neanche tanto strano se si tratta di portare in montagna l'occorrente per costruire una nuova linea elettrica. L'elicottero è servito per portare in quota i tralicci smontati, i muli hanno invece portato a dorso i cavi, su per sentieri impervi. L'immagine evoca filmati di repertorio della Edison, la società che produceva energia elettrica prima della nazionalizzazione. Immagini di operai-arrampicatori costretti a faticose camminate nella neve per arrivare, dove non arrivava la strada carrozzabile, a ripristinare linee in alta montagna interrotte dalla valanga. Immagini simboliche di un'epoca ormai lontana, rintracciabili per gli appassionati di comunicazione d'impresa presso l'Archivio del Cinema Industriale, all'Università Cattaneo. Eppure, immagini ancora attuali riproposte recentemente dall'Enel sull'appennino campano non certo per il gusto del revival e neppure perché mancassero strade idonee al trasporto dei materiali. Perché al lora? Per via di un'ordinanza di un sindaco, quello di San Martino Valle Caudina.
Il fatto. La Campania ha pochi impianti di produzione dell'energia elettrica, solo 4,7 miliardi di chilowattora contro un fabbisogno di 16,3 miliardi. Deve quindi "importarla” da altre regioni e dagli anni '80 attende con impazienza, visto che il proprio fabbisogno è in crescita, il completamento di un elettrodotto che dovrà trasportare elettricità ad alta tensione dalla Puglia. Una linea che, in prospettiva, porterà in Campania anche corrente elettrica prodotta in Grecia. L'elettrodotto è pressoché completo, mancano 3 chilometri su 207, ma quei 3 chilometri attraversano un piccolo paese di 4.600 anime sull'appennino avellinese, che si oppone con tutti i mezzi, anche con il divieto di passaggio sulle proprie strade degli autocarri che devono trasportare i pezzi di traliccio e i cavi d'acciaio.
Da qui, la necessità di ricorrere ad elicottero e muli. Contro il niet del piccolo comune, stanno le aspettative dei quasi 5.800.000 abitanti della regione campana. Sta un vasto territorio che attende da tempo immemorabile la propria occasione di sviluppo. E l'energia è uno dei fattori determinanti perché lo sviluppo possa decollare.
Il caso di San Martino Valle Caudina non è isolato. Sono innumerevoli, nel nostro Paese, gli esempi di opere pubbliche di interesse generale che vengono bloccate o comunque pesantemente ostacolate dall'atteggiamento di chi, in posizione minoritaria, difende interessi particolari. Si va dall'opposizione di forze politiche scarsamente rappresentative sul piano del consenso elettorale, come nel caso della variante di valico sull'Autostrada del Sole, a quella di singole amministrazioni civiche, come nel caso, più vicino a noi, della Pedemontana, opera di cui si parla da almeno trent'anni e che ha visto impegnate numerose amministrazioni - la Regione Lombardia, le Province di Bergamo, Como, Milano, Varese, l'Anas - in un'opera faticosa di ricerca del consenso con tutti i comuni interessati dall'attraversamento del tracciato: ripetute progettazioni, varianti, tentativi andati a vuoto di stralciare spezzoni dell'opera per venire incontro all'esigenza di decongestionare il traffico su percorsi particolarmente affollati come le cinture di Varese e di Como, che aspettano ancora una tangenziale.
Allo stesso modo, l'opposizione dei comuni si fa addirittura paralizzante ogni volta che viene anche soltanto ipotizzato di costruire un nuovo impianto di smaltimento dei rifiuti. Se ne è avuta prova anche in provincia di Varese negli ultimi anni, per quanto in altre zone si riscontrino invece esempi di come si è saputo affrontare il problema in maniera più pragmatica e, soprattutto, proficua, con la costruzione di impianti che dall'incenerimento producono energia elettrica o termica. E grazie al teleriscaldamento, ci sono intere città i cui abitanti conseguono un bel risparmio sui bilanci familiari.
Di fronte a questo stato di cose, c'è da domandarsi se sia politicamente corretto impostare l'azione di un ente locale, molto spesso in forma bipartisan, al solo scopo di affermare ad oltranza le ragioni particolari della propria comunità - ragioni che, peraltro, meritano comunque doverosa attenzione - senza tenere in alcun conto le ragioni della società intesa come comunità più allargata. Che ha anch'essa, quasi sempre, ragioni da vendere. E poiché la questione sul piano politico è difficilmente risolvibile, in quanto impegna la sfera soggettiva dei politici di turno e impone quanto meno un cambio di mentalità e di cultura che non si può improvvisare, c'è allora anche da domandarsi se il sistema istituzionale e, in particolare, il grado di potere riconosciuto alle autonomie locali, sia funzionale o no al perseguimento dell'interesse generale.
Un sistema di potere che faccia premio al localismo e al particolarismo non può andar bene. Non è concepibile che le amministrazioni locali agiscano come centri di potere separato all'interno dello stato e delle regioni. Certo, per tener conto delle legittime esigenze del "locale" occorre prevedere meccanismi di confronto. Ma non possono esistere poteri di veto, né di diritto, né di fatto.
Il ritardo cumulato dal nostro Paese nella modernizzazione delle infrastrutture deve essere colmato al più presto perché ne va della competitività del nostro sistema economico. Che deve viaggiare, sì, alla velocità degli elicotteri, ma non certo a quella dei muli. Con tutta la simpatia per questi straordinari animali (particolarmente amati dalle Truppe Alpine ma, ormai dismessi anche da queste), la cui generosità ha accompagnato per millenni il lavoro dell'uomo.

11/15/2001

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