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Il declino può attendere

Gli ultimi dati dei centri di analisi economica indicano che il nostro paese è in affanno. La produzione industriale dell'ultimo trimestre 2004 è scesa e l'Italia, insieme alla Germania, è fanalino di coda in Europa per quanto riguarda i consumi, che permangono non brillanti. Si tratta di informazioni che confermano quanto, a pelle, ognuno aveva già potuto immaginare con la propria osservazione della vita quotidiana.
Mesi fa si era parlato di una "scossa" da imprimere al nostro sistema economico per tirarlo fuori dalle secche. E' venuta la Finanziaria e ha portato, sì, una riduzione fiscale, seppure di tenue entità e di scarsa efficacia perché spalmata su tutti i possessori di reddito personale. Doveva venire un "collegato" alla Finanziaria, in cui affrontare il tema della competitività con misure, questa volta, rivolte al settore produttivo. E' trascorso gennaio, poi il provvedimento sembrava rimandato a marzo e sul finire di febbraio, probabilmente a seguito della diffusione dei dati negativi della bilancia commerciale 2004, è stato, invece, finalmente presentato. Ci sono state diversità di vedute all'interno del governo sull'impostazione di questo provvedimento tanto atteso, ma il punto fondamentale è che non ci sono risorse da mettere in campo. E' un limite, questo, che purtroppo investe non solo il provvedimento sulla competitività, ma l'intera politica economica. Che ha margini strettissimi di manovra perché condizionata dall'enorme servizio del debito pubblico.
Eppure, qualcosa occorre fare, concretamente e direttamente, visto e considerato che dalla sfera pubblica non ci si può aspettare, per la ragione ricordata, più di tanto.
Un esempio viene da quanti operano, a vari livelli, nel settore tessile-abbigliamento, che dal primo gennaio di quest'anno - racconta il Focus di questo numero - teme ancor più di prima l'invasione di prodotti a basso costo importati dai paesi asiatici, Cina in testa, per effetto del venir meno delle ultime limitazioni all'importazione previste, fino a poco tempo fa, dagli accordi internazionali sul commercio. Le organizzazioni rappresentative sia degli imprenditori, sia dei lavoratori di tutt'Europa hanno raccolto, in un mese, tra i rispettivi iscritti, 325mila firme a sostegno di una petizione con la quale viene chiesta, alle autorità dell'Unione Europea e ai governi nazionali, attenzione e sostegno ad un settore che in Europa dà lavoro a 2milioni 500mila persone, 552mila in Italia, oltre 25mila nella sola provincia di Varese. Ma che rischia il declino di fronte ad una concorrenza sul prezzo dietro la quale, come si sa, sta un insieme di fattori critici come il dumping sociale, il dumping ambientale, il dumping sanitario, la contraffazione.
Richiamare l'attenzione delle autorità perché assicurino al mercato condizioni di concorrenza uguali per tutti, è sacrosanto. Ma può non bastare. Ecco allora, nella nostra provincia, un progetto concreto messo a punto dall'Unione Industriali. Un progetto articolato che, con il coinvolgimento delle imprese tessili, direttamente interessate, intende sostenere il settore facendo leva su un insieme di azioni - penetrazione commerciale ed industriale nei paesi emergenti, tutela e rafforzamento dell'immagine, facilitazioni finanziarie, formazione delle risorse umane, valorizzazione delle qualità intrinseche del prodotto - con un obiettivo specifico: preservare e potenziare il valore competitivo della filiera.
E' un esempio da seguire. "Mutatis mutandis", si tratta di azioni replicabili anche in altri settori, magari oggi meno esposti rispetto al tessile. Il declino può attendere.
Alberto Ribolla

02/25/2005

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