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Tracciabilità, difesa per il Made in Italy

Dall'alimentare al tessile e abbigliamento, la nuova frontiera nella difesa delle produzioni di qualità passa attraverso la marcatura di tracciabilità. Un'etichetta per garantire la provenienza dei prodotti.

Una carta d'identità a cominciare da alimenti e tessuti, per capire da dove "provengono" e che qualità possiedono. E' questo l'obiettivo del progetto "rintracciabilità", promosso a vari livelli in Italia - e con forza anche in provincia di Varese, soprattutto nel campo del tessile - da associazioni di categoria e camere di commercio e fatto proprio dall'Unione Europea, per ora limitatamente al settore alimentare: l'Unione Europea, infatti, con un regolamento del 2002 ha reso obbligatoria a partire dal 1° gennaio 2005 la rintracciabilità agroalimentare, definendola come " la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione". Una novità importante, che fa seguito alle misure di carattere straordinario adottate nel 1997 in occasione dell'emergenza "mucca pazza": allora, l'istituzione di un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini attraverso l'etichettatura delle carni e dei prodotti a base di carne bovina si rivelò essenziale per sconfiggere il morbo che si annidava in quella catena alimentare. Oggi, si guarda all'etichettatura di rintracciabilità anche per difendere la qualità delle produzioni.
In pratica, che cosa significa "rintracciabilità"? Per restare al settore alimentare, nel caso ad esempio di un panettone, la rintracciabilità - che, appunto, prenderebbe la forma di un'etichetta da applicare al prodotto o alla confezione - rivela da dove provengono le materie prime, dal burro ai canditi, dove è stato confezionato, da chi è stato distribuito. In parte, i passaggi già appaiono sugli involucri dei prodotti, ma ad oggi resta da indicare con chiarezza l'origine degli alimenti che compongono il prodotto alimentare finito, immesso al consumo.
Rintracciabilità significa quindi certezza. Innanzitutto per il consumatore. Certezza di acquistare un prodotto di cui si conosce tutto, ma proprio tutto, ben chiaro e stampato su un'apposita etichetta che ne sancisce la provenienza per l'insieme delle fasi di lavorazione, sia che si tratti di una forma di formaggio, sia di un cappotto impermeabile.
Rintracciabilità, specie per il tessile-abbigliamento di produzione italiana, significa garanzia di qualità e autenticità dei capi, contro imitazioni o contraffazioni che sempre più spesso invadono il mercato nazionale ed internazionale. L'etichetta dovrebbe riportare l'origine convenzionale dei tre stati costitutivi del prodotto, implicitamente richiamando i processi produttivi effettuati nel rispettivo paese di origine: l'origine del filato, l'origine del tessuto, l'origine del capo confezionato. E "rintracciare" le origini diventa fondamentale oggi, tempo di "globalizzazione" dei mercati. Un'analisi precisa è stata compiuta dal presidente della Camera di Commercio di Varese, Angelo Belloli, nel corso di un convegno organizzato sul tema (vedi il box). Parlando della globalizzazione dei mercati nel mondo tessile, Belloli ha sottolineato che "gli scambi internazionali devono continuare a godere di questa apertura", rimarcando però al tempo stesso che "la caduta di barriere non deve favorire solo gli scambi mercantili, ma anche scambi culturali, acquisizioni di crescite sociali, rispetto di proprietà di ingegno e condivisione di regole di vita e di ambiente. Un'informazione puntuale può consentire di rendere correttamente autogestibile la dinamica della globalizzazione".
La parola chiave dunque è informazione. La rintracciabilità dei prodotti non è altro che informazione puntuale e corretta sulla storia dei "manufatti". Ad oggi, per il tessile non è ancora entrato in vigore l'obbligo di marcatura "Made in ...". E' invece obbligatoria l'indicazione del materiale di cui è composto un tessuto o un capo di abbigliamento (cotone, lana, lino, seta, fibra artificiale, ecc.).
E' evidente che gli addetti del settore tessile premono perché si faccia questo importante passo avanti in ambito europeo, per "favorire la trasparenza dei mercati e promuovere un consumo consapevole, per contrapporre qualcosa che vale di più a qualcosa che costa di meno". L'Italia ha dalla sua mille carte vincenti, puntando proprio sulla qualità di materie prime, eccellenze di lavorazioni e creatività. L'etichettatura di rintracciabilità permetterebbe, in un colpo solo, di garantire il consumatore e di proteggere dai falsi. In questo senso, un grido di allarme arriva dalla Federazione dell'industria alimentare italiana. Senza la "rintracciabilità" con regole certe e ben definite, i rischi di falsificazioni di prodotti italiani e di imitazioni salgono all'ennesima potenza. In base a un recente rapporto del Centro Studi di Federalimentare, le esportazioni di prodotti italiani su mercati stranieri subiscono gravi ripercussioni, tenendo conto che il falso Made in Italy raggiunge i 2,6 miliardi di euro.
Nel 2006, il mercato delle contraffazioni potrebbe raggiungere quota 5,6 miliardi di euro. Cifre stellari anche per le imitazioni di prodotti italiani: oggi siamo a 52 miliardi di euro. Con la rintracciabilità i problemi si semplificherebbero. Un passo in avanti, come ha ricordato il viceministro alle Attività produttive con delega al commercio estero, Adolfo Urso, "è stato fatto dal governo nella finanziaria, con l'inserimento di un pacchetto con misure specifiche per il Made in Italy. L'obiettivo è di creare un Comitato nazionale per la lotta alle contraffazioni".
Ma quali sono i tempi per poter arrivare alla piena rintracciabilità?
A partire dal 2005, come detto, sarà obbligatorio (in base al Reg. CE 178/02) per tutte le aziende di una filiera alimentare (dal produttore fino ad arrivare al consumatore finale) individuare e garantire la rintracciabilità di un prodotto. L'anno prossimo è infatti il tempo ultimo per ciascun paese dell'Unione Europea per armonizzare la propria legislazione e i propri sistemi organizzativi agli indirizzi comuni.
Le motivazioni che hanno portato la Comunità al varo del regolamento sono incentrati soprattutto sulla sicurezza alimentare che il consumatore si aspetta da un prodotto. Lo stesso vale per un capo di abbigliamento, anche se in questo caso la legislazione non pone nessun "paletto". Come è stato evidenziato da uno studio compiuto dal Centro Tessile Cotoniero e Abbigliamento di Busto Arsizio, la rintracciabilità ha lo scopo di favorire la trasparenza sul mercato dei prodotti tessili aumentando le informazioni circa il "ciclo di vita del prodotto" e anche di favorire un consumo consapevole in grado di premiare i comportamenti produttivi "virtuosi"." L' obiettivo è stato individuato partendo dal presupposto che nella fase di acquisto di un bene l'accento del consumatore possa porsi non solo sulle caratteristiche del prodotto in sé, o sul suo prezzo, ma anche sul "come" e "dove" esso sia stato realizzato. "L'utilizzo dell'etichettatura - è stato precisato nel corso del convegno a Malpensafiere - come sistema di diffusione di informazioni rilevanti circa l'origine dei prodotti è oramai molto diffuso sia nelle economie già perfezionate che in quelle in via di sviluppo (tra queste ultime rilevanti sono i recenti casi di Cina, India e Messico). Nel contesto della filiera del settore tessile e abbigliamento c'è notevole spazio per migliorare l'informazione che giunge al consumatore". A differenza che nel campo alimentare, nella Comunità Europea non vi è un obbligo particolare, in termini legali, di una legislazione che regoli la rintracciabilità nel settore tessile. "Ma non esiste neppure - aggiungono gli addetti ai lavori - alcuna legge comunitaria o regolamentazione che ne proibisca l'uso".
La speranza dunque, nei settori presi in considerazione, è di muoversi sulla strada della massima garanzia e della qualità, che porterebbe a risultati positivi per tutti: i consumatori, che avrebbero dalla loro una vera possibilità di scelta; i produttori italiani, che vedrebbero tutelate le proprie esportazioni.

Una difesa soprattutto per il consumatore

Bruno Amoroso"Made in… e tracciabilità dei prodotti: il caso del Tessile e Abbigliamento" è il titolo del convegno che si è svolto a Malpensafiere, promosso dalla Camera di Commercio di Varese con la collaborazione dell'Associazione Tessile Italiana e del Sistema Moda Italia, del Centro Tessile Cotoniero e Abbigliamento e dell'Università Cattaneo-Liuc. L'incontro, cui ha partecipato anche il viceministro Adolfo Urso, è stata l'occasione per fare il punto della situazione sulla "rintracciabilità" in un campo strategico nel Varesotto, quello del tessile. "La rintracciabilità - ha spiegato Angelo Belloli, presidente della Camera di Commercio di Varese - è la premessa indispensabile per la credibilità dell'etichettatura "Made in…" perché da un lato accresce la trasparenza nei confronti del consumatore, dall'altro tutela e garantisce il Made in Italy, la percezione di ciò che è italiano e di qualità". La proposta, nata anche in altre regioni europee ad alta "vocazione tessile" di definire un'etichetta che accompagni ogni prodotto sul mercato e ne assicuri l'origine, è legata al progetto "Globalizzazione sostenibile", ideato nel 2002 dalla Camera di Commercio di Varese con il sostegno dell'Associazione Tessile Italiana e affidato al Centro Tessile Cotoniero e Abbigliamento di Busto Arsizio, il Centrocot, presieduto dall'imprenditore Bruno Amoroso.
Angelo Belloli, presidente della Camera di CommercioIn base alle indagini effettuate proprio dai laboratori del Centrocot - e presentate nel corso del convegno a Malpensafiere - si è evidenziata la difficoltà a distinguere i capi importati da quelli prodotti interamente in Italia. A farne le spese è evidentemente il consumatore che non dispone di informazioni che gli consentano di effettuare una selezione a priori dei prodotti acquistati, in base alla zona di origine. L'etichetta, che consente di "rintracciare" la storia del prodotto (da qui la "rintracciabilità") serve dunque innanzitutto a tutelare il consumatore e a consentirgli di compiere scelte in piena consapevolezza nell'epoca della globalizzazione. A dare man forte al progetto varesino in campo tessile sono le Camere di Commercio di Biella, Como, Prato, Vicenza, oltre a rappresentanze imprenditoriali e sindacali.

Tronconi (Associazione Tessile Italiana): "tracciabilità, problema europeo"

"Nel caso del tessile e dell'abbigliamento, dove la filiera produttiva è lunga e può essere articolata anche geograficamente, l'idea più semplice è quella di rendere visibile la storia dei prodotti attraverso la tracciabilità". Così Michele Tronconi, varesino, titolare insieme ai familiari della Tronconi Spa di Fagnano Olona, vicepresidente dell'Associazione Tessile Italiana, oltre che dell'Unione Industriali Varesina, ha portato il tema della rintracciabilità del settore tessile in Europa. Nel corso di un suo intervento a Bruxelles, il 24 e 25 novembre scorsi, nell'ambito del convegno "The Environmental Performance of EU Industry", Tronconi ha evidenziato l'importanza dell'etichettatura di origine come primo passo verso la tracciabilità.
"La tracciabilità - ha spiegato - metterebbe in evidenza i contesti culturali e normativi dove hanno avuto luogo i principali atti produttivi. Ciò consentirebbe al consumatore una valutazione complessiva del prodotto, grazie alla reputazione dei paesi di origine. Dire che un prodotto è stato fatto interamente in Europa evoca garanzie e tutele ben diverse rispetto al Made in China". Secondo Tronconi, l'auspicata introduzione, da parte della Comunità Europea, della marcatura d'origine obbligatoria, in analogia con quanto già esiste negli Usa, costituirebbe solo il primo passo verso la tracciabilità, ma potrebbe da subito incrementare la confidenza dei consumatori verso un consumo più selettivo e consapevole. "Inoltre - ha precisato - rappresenterebbe lo stimolo per aggiornare la funzione delle nostre dogane, che da esattrici di dazi si devono trasformare maggiormente in validatrici di standard, contro le contraffazioni e gli altri tipi di abusi presenti nei traffici commerciali".
www.sistemamodaitalia.it/

01/15/2004

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