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Al G8 il capitalismo contestato

In luglio, a Genova, i capi di stato e di governo affronteranno tre grandi tematiche: riduzione della povertà, ambiente e prevenzione dei conflitti. Il coinvolgimento in fase consultiva delle Organizzazioni Non Governative per ridurre i rischi di pericolose forme di protesta.


Dal 20 al 22 luglio a Genova si terrà la riunione annuale dei capi di stato e di governo delle maggiori democrazie industriali (G8: ne fanno parte Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, con l'aggiunta dell'Unione Europea).
E' oramai consuetudine che attorno a questi eventi che raccolgono all'interno del palazzo i potenti della terra (oltre alle riunioni del G8, quelle della Banca Mondiale, del Fondo Monetario, dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, fino ad incontri più "privati", come il World Economic Forum di Davos) venga organizzato un meeting di protesta che attiva gruppi provenienti da diverse nazioni che si battono contro la globalizzazione. Non appaia monotona la scelta dell'obiettivo da abbattere. Infatti, il processo di globalizzazione è talmente ampio che le tematiche coinvolte sono le più disparate (ambiente, sviluppo economico, identità culturali, ecc). Il G8 (G7 in realtà, in quanto non c'era la Russia) nasce a metà degli anni '70, per far fronte alla situazione di crisi instauratasi dopo la caduta del sistema di cambi fissi che era stato introdotto dagli accordi di Bretton Woods. Il principale obiettivo era quello di creare un tavolo di confronto che potesse rafforzare la collaborazione delle principali economie industrializzate sui problemi dell'economia mondiale. A partire dal summit tenutosi a Napoli nel 1994, le tematiche legate alla globalizzazione ed allo sviluppo economico sono entrate stabilmente tra i temi trattati dai G8.
Più o meno in parallelo, nei principali paesi industrializzati emerge un movimento variegato che trova come minimo comune denominatore la critica al processo di globalizzazione attualmente in corso.
Il suo momento di maggior popolarità è stato durante la terza Conferenza Ministeriale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio a Seattle nel dicembre del 1999, quando la città è stata invasa da manifestanti con origini cultural-politiche delle più diverse.
A Seattle, come a Genova, la globalizzazione e le organizzazioni internazionali ad essa collegate vengono accusate di essere all'origine dei problemi ambientali, della povertà e del sottosviluppo economico, della progressiva omogeneizzazione culturale del mondo. Una delle caratteristiche di questo movimento è la notevole capacità di inventare forme di protesta originali che trovano ampia eco sui mezzi di comunicazione.
All'interno di questo movimento le unità di aggregazione più diffuse sono le Organizzazioni Non Governative (ONG) che sono tipicamente associazioni che nascono per lavorare su tematiche specifiche (ambiente, aiuto allo sviluppo ecc.). Nobili sono spesso le motivazioni di partenza (ad esempio, la riduzione della povertà nel mondo, l'eliminazione del lavoro infantile).
Purtroppo la debole attenzione alla complessità dei fenomeni affrontati porta spesso a perseguire strade che intuitivamente appaiono sensate, ma che ad un più attento scrutinio risultano portare a soluzioni spesso opposte a quelle volute (un classico esempio a riguardo è la proposta di adottare politiche di ritorsione nei confronti dei paesi che permettono l'utilizzo del lavoro infantile).
Alle ONG si affiancano altre due tipologie di attori: gruppi che tendono a difendere interessi che appaiono intaccati dal processo di globalizzazione (ad esempio, settori in declino) e movimenti politici di destra e/o di sinistra con posizioni anti-capitaliste. Sono spesso questi ultimi, soprattutto in Europa, a "gestire" l'immagine della protesta che viene ad assumere connotati ideologici molto marcati e spesso non in linea con le posizioni di molte ONG. In questo modo l'obiettivo della protesta di piazza non appare più dato dal tentativo di comunicare proposte ai politici riuniti all'interno del palazzo, ma di impedire tout-court l'incontro. A Genova l'agenda dei lavori del G8 prevede tre principali grandi tematiche: riduzione della povertà, ambiente e prevenzione dei conflitti. Il governo italiano, su esempio di quanto ha fatto quello giapponese l'anno scorso, ha messo in piedi una rete di incontri con alcune ONG dei G8 per facilitare il dialogo ed iniziare una sorta di processo di consultazione che dovrebbe produrre un documento che verrà presentato durante il meeting. Non è chiaro quanto efficace sia questa iniziativa, ma sicuramente si muove nella giusta direzione. Infatti, una tematica che emerge più o meno esplicitamente dalle istanze dei vari gruppi riguarda la governance sovranazionale attualmente esistente.
Fin dagli accordi di Bretton Woods questa si è basata sul concetto di club di carattere più o meno esclusivo. Questa impostazione ha avuto un indubbio successo nella seconda metà dello scorso secolo.
Ma è lo stesso successo, con il conseguente aumento dei membri dei vari clubs, ad imporre una riconsiderazione di tutto il sistema in termini di legittimità e trasparenza. In un sistema democratico ben funzionante la legislazione si forma anche per il ruolo svolto dai gruppi di pressione a cui è garantita la possibilità di influenzare la politica anche al di fuori del momento elettorale. Questo è quanto manca alla governance internazionale attuale. E' impensabile che a livello planetario si possa giungere a forme di democrazia esistenti all'interno di una nazione. Forme intermedie di coinvolgimento sono però auspicabili.
Il coinvolgimento progressivo nelle forme più opportune in fase consultiva di queste organizzazioni va nella direzione di ridurre il distacco tra queste forme di governance internazionale delegata ed i soggetti che vivono le conseguenze delle decisioni prese in tali contesti.
Un problema di legittimità si pone a maggior ragione anche per le ONG che ovviamente rappresentano solo se stesse, nonostante spesso si ergano a portavoce della società civile.


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06/21/2001

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