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I fondamentali della crescita economica

Il Documento di programmazione economica e finanziaria promette all'Italia un quinquennio di crescita senza precedenti. Le strategie di politica economica per raggiungere l'obiettivo.

Il buon dato sul fabbisogno registrato nel mese di agosto (con un avanzo di 5.500 miliardi) e il contemporaneo balzo in avanti degli incassi tributari (50mila miliardi, che portano a 400mila miliardi le entrate nei primi otto mesi dell'anno), hanno in parte ridimensionato le polemiche estive sul "buco" nei conti pubblici.
Il campo si è liberato e le attenzioni possono tornare sui "fondamentali" di un Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) che promette all'Italia un quinquennio di crescita senza precedenti. Con incrementi del prodotto interno lordo "costantemente superiori al 3%" dal 2002 al 2006, un tasso d'inflazione che si stabilizza sotto quota 1,5% e l'obiettivo, confermato, di raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2003.
Prospettive "lunari", ha mormorato qualcuno. Quasi da spot elettorale fuori tempo massimo, hanno strillato sindacalisti e leader del centrosinistra. Eppure un signore come il Governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, ha giudicato questo Dpef credibile, a patto che le riforme strutturali sulla spesa in materia di sanità, pensioni e pubblico impiego vengano realizzate senza altri indugi. E voti favorevoli, anche se non brillantissimi, sono arrivati pure dal Fondo Monetario Internazionale.
La strategia di politica economica delineata dal Governo è chiara e sintetizzabile in cinque punti:

  • modernizzare il Paese attraverso un programma di infrastrutture del valore di circa 100mila miliardi, la metà dei quali finanziati con capitali privati;
  • ridurre di un punto all'anno la pressione fiscale e la spesa corrente al netto degli interessi;
  • elevare gradualmente a un milione al mese tutte le pensioni minime;
  • operare sul mercato del lavoro con una maggiore flessibilità in accesso;
  • puntare su uno sviluppo sostenuto del Mezzogiorno, con l'impegno di utilizzare da qui al 2006 l'intero ammontare delle risorse destinate al Sud dal Quadro comunitario di sostegno (altri 100mila miliardi).
Certo, ci si dovrà muovere con la "cautela e la gradualità" imposte dal quadro di finanza pubblica ereditato dalla XIII legislatura. E con la consapevolezza che gli effetti dei vari interventi si cominceranno a percepire con una certa intensità solo dal 2003. Ma la strada è segnata. Si punta, per esempio, a una riduzione della pressione fiscale dal 42% del pil attuale al 37,5% di fine quinquennio attraverso un'operazione sull'Irpef (due aliquote fondamentali del 23 e 33% e l'esenzione per i redditi) e sull'Irpeg (con aliquota base fissata al 33%). Con l'obiettivo, filosofico e insieme pratico, di stimolare come non mai la domanda aggregata e i nuovi investimenti.
"Tra il 1989 e il 1999 - ha fatto notare Fazio ai membri delle commissioni Bilancio di Camera e Senato nelle audizioni preliminari sul Dpef - il potere di acquisto dei lavoratori italiani s'è ridotto; un fatto mai accaduto in precedenza e dovuto solo ed esclusivamente all'incremento costante della pressione fiscale".
Il nuovo Governo vuole ribaltare la situazione. Abbandonare le politiche che puntano sulla sola riduzione del deficit ("il numeratore" del fatidico rapporto/obiettivo di Maastricht, come ha ripetuto il ministro Tremonti) per concentrarsi sulla crescita dell'economia, secondo la strada già tracciata con i provvedimenti dei cosiddetti "cento giorni".
Per doppiare la difficile boa dell'extradeficit, che il Governo conferma essere pari almeno a un punto percentuale del pil (25mila miliardi), s'è scelta la via della dismissione degli immobili pubblici e quella di un primo giro di vite sulle spese di competenza dei ministeri e degli enti decentrati. Quel che resta, ed è davvero molto, verrà con la prossima finanziaria che conterrà, tra l'altro, il rilancio forte delle privatizzazioni (65mila miliardi gli introiti previsti per il 2001; risorse che dovrebbero consentire il raggiungimento della fatidica soglia debito/pil del 100 per cento entro il 2003). Un capitolo, quest'ultimo, che passa anche per la possibilità (non l'obbligo, ahinoi) di girare ai privati il 51% o più delle ex municipalizzate. Una partita sulla quale, ultimo punto fermo di questa torrida estate, i soci leghisti di Palazzo Chigi hanno avanzato un veto preoccupante.

IL QUADRO MACROECONOMICO
Quadro programmatico dell'economia italiana 2002-2006 (variazioni percentuali)
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Pil
2,4
3,1
3,2
3,1
3,1
3,1
Importazioni di beni e servizi
6,5
8,9
10,3
7,6
6,2
6,0
Spesa delle famiglie residenti
2,3
3,1
4,4
3,1
2,3
2,1
Investimenti fissi lordi
3,1
5,4
6,4
4,6
4,5
5,0
- macchinari, attrezz. e vari
3,3
6,0
7,5
5,0
4,7
5,3
- costruzioni
2,8
4,5
4,7
4,0
4,2
4,5
Esportazioni di beni e servizi
5,9
6,5
6,8
7,0
7,3
7,2
Saldo corrente bilancia dei pagam. (in % al Pil)
-0,2
-0,3
-0,9
-1,0
-0,7
-0,3
Saldo merci (fob/fob in % al Pil)
1,2
1,0
0,2
0,0
0,1
0,2
Inflazione
2,8
1,6
1,2
1,2
1,2
1,0
Costo del lavoro per unità di prodotto
2,3
0,9
0,9
0,5
0,3
0,3
Tasso di disocc. (in % della forza lavoro)
9,8
9,5
8,9
8,4
7,7
7,0
Tasso di occupaz. (tasso specifico età 15-64 anni)
54,4
55,3
56,3
57,4
58,5
59,6
Fonte: Dpef

09/13/2001

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