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L'insostenibile pesantezza dei costi Energia e materie prime costano sempre di più. Per le imprese, il dilemma: trattenere parte dei rincari a monte erodendo la redditività o aumentare i prezzi a valle, rischiando però di vedere assottigliare le proprie quote di mercato. Nelle ultime settimane le quotazioni del petrolio hanno superato la soglia dei 130 dollari al barile. Gran parte degli analisti del mercato petrolifero ha recentemente rivisto al rialzo le previsioni di prezzo medio per l'intero 2008; alcuni di essi stimano addirittura un livello intorno ai 140 dollari al barile nella restante parte dell'anno. Valori, questi, ben lontani dai 10 dollari al barile di fine anni Novanta. Le cause delle persistenti tensioni sui mercati primari sono molteplici. In primis, la rapida espansione della domanda delle economie emergenti caratterizzate da un livello di intensità energetica di molto superiore a quelle dei paesi industrializzati. Un secondo elemento è sicuramente la limitata elasticità dell'offerta, cioè la difficoltà dei produttori ad ampliare la propria capacità produttiva per servire il fabbisogno del mercato. Infine, la componente finanziaria viene indicata come un terzo elemento di traino dei prezzi. Alcuni studi dimostrano però che né le posizioni finanziariospeculative nette sul petrolio, né la caduta del cambio effettivo del dollaro nei confronti delle altre valute siano fattori, se presi singolarmente, capaci di incidere in maniera significativa sull'ascesa delle quotazioni petrolifere o delle altre materie prime. Resta il fatto che l'evoluzione del petrolio si fa sentire sui prezzi del gas naturale e dell'energia elettrica del nostro paese: circa il 50% dell'energia elettrica in Italia viene prodotta con impianti a ciclo combinato che utilizzano gas naturale come materia prima. L'aumento dei costi di generazione è evidente dai prezzi registrati sulla borsa elettrica italiana: nei primi cinque mesi dell'anno il prezzo medio dell'energia elettrica si è posizionato su livelli superiori a 80 euro per mille kWh, in rialzo di 15 euro rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno. Che la bolletta elettrica per le imprese italiane per il 2008 si prefigurasse più gravosa rispetto allo scorso anno è certificato dall'indagine trimestrale svolta dalla Camera di Commercio di Milano, con la collaborazione scientifica del centro di consulenza Ref, sui prezzi dell'energia elettrica pagati dalle imprese che si approvvigionano sul mercato libero. La rilevazione effettuata a gennaio 2008 per contratti “a prezzo fisso” di durata a 12 mesi indicano in 84 euro per mille kWh i prezzi dell'energia sostenuti dalle imprese con consumi inferiori ai 300 mila kWh all'anno (tipicamente si tratta delle piccole e medie imprese che operano nei settori del tessile e dell'abbigliamento, della lavorazione del legno e fabbricazione di mobili); 81 euro ogni mille kWh sono invece i prezzi sostenuti dalle imprese con consumi compresi tra i 300 mila e 1.2 milioni kWh all'anno (piccole e medie imprese dei settori della gomma-plastica, della meccanica, della metallurgia). Mediamente, l'aumento della bolletta elettrica per il complesso delle piccole e medie imprese nel 2008 sarà del 15% rispetto allo scorso anno; dal 2004 il rialzo cumulato del costo dell'elettricità sfiora il 40%. Nonostante la forza dell'euro sul dollaro dunque, l'aggravio dei costi energetici per le imprese manifatturiere è significativo e diviene ancor più importante considerando che le spinte rialziste interessano anche le altre materie prime, in particolare i metalli industriali. L'indice dei prezzi delle materie prime elaborato da Camera di Commercio di Milano-Ref fotografa l'attuale tensione sui mercati internazionali delle commodoties. In particolare, dall'inizio del 2004 il sottoindice relativo alle quotazioni dei metalli industriali è quasi raddoppiato; nella fase attuale peraltro si sta assistendo ad una nuova accelerazione verso l'alto, dopo la pausa della seconda metà del 2007. Negli ultimi anni la crescita della produzione di gran parte delle materie prime è stata sostenuta sino al raggiungimento dei livelli di saturazione dell'offerta. In queste condizioni, dunque, l'elasticità dei prezzi rispetto alle variazioni della domanda diviene relativamente elevata; così come la discesa delle quotazioni dei metalli nella seconda metà del 2007 segnalava la decelerazione dell'attività industriale su scala mondiale, così l'attuale accelerazione riflette il rinnovato vigore del ciclo economico globale. Il concomitante aumento delle quotazioni energetiche e delle materie prime sta iniziando ad incidere in maniera rilevante sui costi unitari variabili di produzione delle imprese italiane. Per queste ultime si tratta quindi di un momento delicato: trattenere parte dei rincari a monte erodendo la redditività o aumentare i prezzi a valle, rischiando però di vedere assottigliare le proprie quote di mercato. Risposte comunque di breve respiro che andranno associate a strategie di riduzione di costo di lungo termine attraverso il recupero di margini di efficienza. Non va dimenticato inoltre che i consistenti rialzi dei prezzi delle materie prime inducono condizioni di difficoltà dei mark up industriali non solo per i settori a valle delle diverse filiere, ma in generale anche per i settori primi utilizzatori di materie prime: in primis per quelli della metallurgia e dei prodotti in metallo. Le probabilità di assistere nel breve termine ad un rientro delle quotazioni del petrolio e, più in generale, delle commodities appaiono piuttosto scarse; l'ascesa delle quotazioni trova la sua origine principalmente nei fondamentali, e in particolare nella domanda dei paesi emergenti. Neppure la crisi del settore immobiliare americano e il conseguente rallentamento dell'economia statunitense sono stati capaci, almeno finora, di allentare le tensione sui mercati primari. Non si tratta dunque di uno shock di natura temporanea quanto piuttosto di un cambiamento strutturale legato al mutato contesto internazionale che trascina lungo un sentiero di aggiustamento verso un nuovo equilibrio.
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