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Le imprese e la Questione Settentrionale

Un tema di grande attualità per i primi Stati Generali di Confindustria Lombardia tenutisi a Malpensafiere. Il presidente degli industriali lombardi, Giuseppe Fontana, ha lanciato una serie di provocazioni chiedendo che la Lombardia resti nel novero delle regioni leader in Europa.


La Questione Settentrionale come istanza di modernizzazione del paese in una regione che necessita del rilancio dello sviluppo per essere leader in Europa. "Abbiamo in Europa dei punti di riferimento coi quali vogliamo confrontarci, una 'Champions League' cui vogliamo partecipare per vincere" ha detto Giuseppe Fontana, presidente di Confindustria Lombardia, la federazione delle associazioni industriali della più importante regione italiana sul piano economico, che ha tenuto i suoi primi Stati Generali a Busto Arsizio, al centro espositivo e congressuale Malpensafiere, alla presenza, tra gli altri, del presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo, del ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani e del presidente della Regione Roberto Formigoni. E mai come in questa occasione si sono visti, insieme, ad ascoltare gli imprenditori, tanti uomini politici - parlamentari lombardi e consiglieri regionali - amministratori locali e i massimi dirigenti della struttura operativa del Pirellone. Un invito, quello degli imprenditori lombardi, rivolto dunque a forze sociali, istituzioni pubbliche nazionali, regionali e locali ad impegnarsi nella realizzazione di un progetto condiviso per investire in una Lombardia più competitiva, cui serve un sistema istituzionale più vicino alla cultura d'impresa, più efficiente, ed in grado di creare sul territorio le infrastrutture indispensabili per generare ricchezza e benessere. Perché anche per gli imprenditori esiste una Questione Settentrionale?

Un confronto europeo
Il quadro di riferimento è l'Europa, dove la Lombardia, con il 20,1% del Pil e il 28,5 % delle esportazioni italiane, è certamente una regione grande ed economicamente forte, la quarta per popolazione e la quinta per prodotto regionale lordo. La Lombardia supera ben diciotto Stati dell'Unione Europea per prodotto interno lordo. La Lombardia è anche una regione viva, che dal 1995 ha recuperato posizioni in Europa nella classifica delle regioni per Pil pro-capite, superando realtà come Dısseldorf e Colonia, e che ha ridotto considerevolmente il proprio tasso di disoccupazione, facendo meglio di regioni quali Baviera, Lussemburgo, Stoccolma, Berkshire-Bucks-Oxfordshire.
Ma regioni per molti versi simili alla Lombardia hanno livelli di Pil per abitante più elevati, anche di molti punti: è il caso di Stoccarda, della Baviera, di Darmstadt, dell'intera Danimarca. Per non parlare delle otto regioni leader in Europa per Pil pro-capite, che hanno valori da un terzo sino al doppio superiori a quelli lombardi ma sono anche molto diverse dalla Lombardia, per dimensioni e caratteristiche produttive, e dunque molto più difficilmente confrontabili (Vienna, Bruxelles, Amburgo, Île de France, Lussemburgo, Stoccolma, Inner London, Berckshire-Bucks-Oxfordshire).

Le carenze infrastrutturali
Se si considerano le 132 regioni dei cinque principali paesi europei, la Lombardia è al 71° posto per dotazione ferroviaria e al 91° posto per quella stradale.
In Lombardia circola il 16% degli autoveicoli su una rete stradale che è appena il 6,8% di quella nazionale. I chilometri di strade per abitante sono circa tre volte inferiori alla media nazionale (13,1 contro 30,3). Fatto 100 il valore lombardo di un indicatore composito della congestione stradale e autostradale, la Catalogna è al 72,96, il Baden Württemberg al 57,78, Rhöne Alpes al 25,13. Per ogni 10.000 abitanti ci sono 1,6 km di rete ferroviaria contro una media nazionale di 2,7.Come si fa a competere in questa situazione?
Sta in questi numeri l'essenza economica della Questione Settentrionale. La Lombardia è una regione che ha grandi potenzialità e ha un tessuto dinamico di imprese che sta affrontando con coraggio la sfida della competizione internazionale; ma per stare ai vertici in Europa e nel mondo è assolutamente indispensabile un contesto istituzionale e territoriale più competitivo.
L'Italia - è il messagguio lanciato agli Stati Generali di Confindustria Lombardia - deve investire di più in questa regione, sulla sua regione che mostra le maggiori potenzialità per concorrere con successo, perché una Lombardia leader in Europa è una ricchezza per l'Italia.

Un sistema istituzionale bloccato
E la Finanziaria, che taglia le risorse per Regioni ed Enti locali? E' corretto e condivisibile, per gli imprenditori lombardi, che regioni ed enti locali siano chiamati a dare un contributo al contenimento della spesa pubblica e al risanamento dei conti pubblici. Tuttavia, senza riforme che riducano i costi di funzionamento e senza dare attuazione al federalismo fiscale, i tagli decisi con la Finanziaria hanno buone probabilità di tradursi in un ridimensiomento delle politiche e dei servizi e, soprattutto, in una contrazione delle spese di investimento.
Si calcola che l'effetto di questa Finanziaria sul bilancio della Regione Lombardia consisterà in una contrazione della spesa corrente, al netto della sanità, pari a 180 milioni di euro e in una riduzione delle spese per investimenti pari a 100 milioni di euro.
E' allora certo necessario fare le riforme istituzionali, ma non si può aspettare. Regione ed enti locali sono chiamati a realizzare un piano di riorganizzazione dell'amministrazione pubblica innovando, tagliando laddove ci sono inefficienze, razionalizzando a partire da un'analisi dell'allocazione più efficiente delle competenze tra i vari livelli di governo. Troppo spesso infatti si intende la sussidiarietà come un affidamento delle competenze al livello territoriale più basso, mentre di essa è parte integrante quell'efficienza economica che oggi è prioritaria.

L'urgenza del cambiamento
"Le imprese vanno ma il paese non le segue" - ha concluso il presidente degli industriali lombardi Giuseppe Fontana, che ha aggiunto: "Non c'è niente in tutto questo che autorizzi a pensare che le imprese abbiano un atteggiamento 'contro' la politica. Non credo vi sia spazio per l'anti-politica tra le nostre imprese, né intendiamo rifuggire le nostre responsabilità. Sappiamo che dobbiamo fare sempre di più, perché ce lo ricordano ogni giorno i mercati. E', piuttosto, questa politica che non ci convince. Ci preoccupa questo bipolarismo rissoso e incapace di grandi riforme. Ci preoccupano un Governo con una maggioranza esigua ed esposto ai condizionamenti delle tante, troppe forze che compongono la coalizione di maggioranza; una Regione ambiziosa ma priva dell'autonomia finanziaria necessaria ed ancora in mezzo a una transizione istituzionale estenuante; enti locali bisognosi di risorse che potrebbero far scattare incrementi di imposte coi prossimi bilanci. E nel frattempo l'Europa e i paesi più dinam
ici si allontanano".

01/19/2007

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