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La storia degli ospedali

La travagliata crescita dell’ospedale di Circolo
L’Ospedale di Circolo di Busto Arsizio non ha origini secolari come il nosocomio di Varese o quello di Legnano, forse perché i bustesi erano usi mandare i loro malati all’Ospedale Maggiore di Milano, la "Ca’ granda" come veniva chiamato il luogo di cura meneghino. Alla salute della popolazione provvedevano, come in altre città, i fisici ed i barbieri con la loro opera per lo più empirica. I malati venivano curati presso le loro abitazioni, mentre la confraternita religiosa della "Scuola dei Poveri" forniva ai più poveri cibarie e medicinali. Durante le epidemie, come quella del 1630, la confraternita provvedeva alla distribuzione di medicine, alla disinfezione dei locali, delle masserizie, delle persone infette, alla raccolta dei colpiti, al loro trasporto nel lazzaretto, alla sepoltura dei morti. Quando non fu più tanto facile, forse per i mutati rapporti con Milano, ricoverare i malati presso l’Ospedale Maggiore, cominciò a farsi strada l’idea di costruire un nosocomio a Busto Arsizio. Per trovare la prima forma di ospedale bisogna risalire ai primi decenni del 1700. Con testamento del 26 luglio 1729, il canonico Benedetto Ladriani lasciava una parte cospicua dei propri beni alla "Scuola dei Poveri". L’eredità venne contestata dai parenti. Dopo lunghi anni di liti la Scuola poté finalmente entrarne in possesso e
decise di aprire, proprio nel palazzo Ladriani, la prima casa di cura per persone bisognose. Un’altra consistente somma per la fondazione di un ospedale era stata offerta nel 1784 dal canonico Biagio Bellotti, pittore e scultore, morto nel 1789 dopo aver assegnato nel suo testamento tutte le sue sostanze alla "Scuola dei Poveri". L’eredità Bellotti rimase sospesa, passò nelle mani del nipote Leopoldo Candiani e poi al fratello Giuseppe, che solo intorno al 1821 poté erogarla alla congregazione di carità, a condizione che venisse subito iniziata la realizzazione di un ospedale. La congregazione accettò la donazione ed incaricò l’architetto Pietro Gilardoni, allievo di Leopold Pollak, architetto austriaco che progettò tra l’altro la Villa Reale a Milano. Come luogo per la costruzione venne scelta una proprietà detta di S. Giuseppe. I lavori iniziarono abbastanza presto, poi andarono a rilento per mancanza di fondi. Intanto funzionava un ospedale di soli sei letti nella casa delle Stelline. Finalmente nel gennaio del 1853 venne aperto l’ospedale di S. Giuseppe, alcuni mesi dopo l’inaugurazione il suo futuro era assicurato da un lascito cospicuo di 400.000 lire, offerto da Andrea Zappellini. Altri ricchi bustesi imitarono il generoso gesto, tanto che nel 1879 venne eretta una lapide con i nomi dei benefattori. Nel 1855 l’ospedale, diretto dal dottor Angelo Lualdi, contava trenta letti ed una ventina ne aveva il ricovero delle Stelline. Con il passare degli anni e con il crescere della popolazione, veniva avvertita la necessità di un ampliamento. Un primo ingrandimento venne eseguito nel 1875. Nel 1900, il dottor Francesco Mari, che aveva assunto la direzione dell’ospedale, denunciava il fabbisogno di duecento letti per far fronte alle necessità della popolazione. Dopo altri lavori, nel 1903 l’ospedale disponeva di 60 letti, ancora pochi per il fabbisogno della cittadina, diventata uno dei principali centri cotonieri d’Italia. Bisognava decidere se continuare ad ampliare l’ospedale di S. Giuseppe oppure costruire un nuovo nosocomio. Prevalse la seconda tesi ed un gruppo di dieci benefattori (Banca di Busto Arsizio, Giuseppe Introini, Vittorio Lissoni, ditta Giovanni Milani e Nipoti, Carlo Ottolini, Enrico Candiani, Achille Venzaghi, Roberto Tosi, Luigi Pozzi e Figli, Luigi Pizzi) misero insieme la prima somma di 100.000 lire per iniziare la costruzione. Venne acquistata un’area di 62.000 metri quadrati a nord della città, bandito un concorso nazionale per la progettazione, costituito un comitato promotore, incaricato di raccogliere i fondi e seguire i lavori che furono iniziati nel 1905 ed andarono avanti non senza intoppi, soprattutto per le difficoltà finanziarie. Arrivarono altre elargizioni di benefattori, nel 1912 mons. Paolo Borroni, prevosto della Basilica di San Giovanni, fece costruire a proprie spese la bella chiesa dell’ospedale, destinandola anche all’uso pubblico. I lavori vennero accelerati da una speciale commissione e finalmente il primo maggio 1915, proprio alla vigilia della Grande Guerra, l’Ospedale civile di Busto Arsizio fu inaugurato solennemente. Durante la guerra il nosocomio funzionò contemporaneamente come ospedale civile e militare, dimostrandosi rispondente ai bisogni di quegli anni di emergenza sanitaria. Negli anni successivi vennero poi aggiunti altri reparti, come il padiglione di ostetricia, ginecologia e pediatria, fatto costruire dalla famiglia Candiani, industriali del tessile. L’opera proseguì negli anni successivi con la costruzione di altri padiglioni, alcuni dei quali realizzati con le donazioni di benefattori, fino a raggiungere gli attuali 24 reparti di degenza.

Il "Galmarini" di Tradate, nato dall’amore paterno
Il "Galmarini" di Tradate, situato nella zona nord della cittadina e con ingresso in piazza Zanaboni, già via 11 Febbraio, iniziò la propria attività come "Opera Pia Ospedale Civile - Luigi Ambrogio Galmarini", per iniziativa del
tradatese Agostino Galmarini, sensibilizzato dalla necessità di un ospedale in Tradate dalla morte in giovane età dei quattro figli, avvenuta presso l’ospedale di Ginevra. Inizialmente l’Istituto era finalizzato al ricovero, cura e mantenimento degli infermi indigenti residenti a Tradate. Il personale era composto da un medico, due infermieri e tre suore appartenenti all’Ordine di San Vincenzo. Nel 1925 si costituì il Circolo Ospedaliero e l’anno successivo iniziarono i lavori di ampliamento completati nel 1929. Nel 1930 venne dato l’avvio alla costruzione del Padiglione Sanatoriale, che divenne attivo il primo marzo 1933. In seguito la struttura si estese con ampliamento del padiglione centrale (1951), la costruzione di un nuovo padiglione destinato a Medicina, Maternità, Laboratorio Analisi e Radiologia (1958), l’ampliamento del Sanatorio con l’attivazione dei reparti di Otorinolaringoiatria, Oculistica, Pediatria, Dermatologia ed infine la costruzione di un nuovo complesso di sei piani destinato alla Chirurgia Generale, Ortopedia, Pediatria, Ostetricia/Ginecologia, Nido, Anestesia e Rianimazione, Uffici Amministrativi (1970). Contemporaneamente il primo edificio venne adibito a scuola per infermieri professionali, che iniziò l’attività nel 1971. Nel 1981, con la riforma sanitaria, il presidio entrò a far parte dell’USSL n. 7 di Tradate e successivamente dell’USSL n. 3 di Busto Arsizio. Dal 1998 il "Galmarini" fa parte dell’Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio.

Ospedale di Saronno: un percorso di 108 anni
La storia comincia lontano, ufficialmente il 10 settembre 1893, quando fu inaugurata la prima sede dell’Ospedale di Saronno: dieci letti e tre infermiere sotto la direzione straordinaria di Padre Monti, il fondatore dell’Ordine dei
Concezionisti, proposto recentemente per la beatificazione, da Papa Giovanni Paolo II. Un percorso lungo 108 anni che, sul filo della memoria, richiama subito i milioni di persone che hanno varcato la soglia del nosocomio per riceverne cure e prestazioni, alle centinaia di medici e infermieri che si sono prodigati, per dare sollievo ai loro pazienti, con i mezzi messi a loro disposizione.
La cittadinanza di Saronno, vive la realtà dell’ospedale in modo quasi esclusivo, considerandola, a torto o ragione, una cosa che appartiene per diritto alla città. Del resto, l’iter per la costruzione dell’ospedale è proprio da ascrivere al merito esclusivo di alcuni benemeriti cittadini saronnesi: Giovanni Campi, Giuseppe Legnani e Giovanni Volonteri che, ancora trent’anni prima dell’inaugurazione dei "dieci letti", vale a dire nel 1861, costituirono una commissione per raccogliere i mezzi necessari per realizzare un ospedale pubblico. Verso la fine del secolo, grazie alla munifica donazione di un’area di circa 10.000 metri quadrati ubicati nell’allora periferia della città, da parte delle sorelle Lucini, si diede inizio ai lavori di ampliamento e alla costruzione del primo vero edificio ospedaliero. Il nuovo nucleo fu inaugurato nel 1901 e a condurre il nuovo ospedale, fu chiamato don Giuseppe Borella che con un piglio imprenditoriale ed un carisma particolare riuscì, in quindici anni, a far ingrandire il nosocomio e a renderlo una realtà molto importante per tutto il territorio saronnese. Un busto in bronzo, all’ingresso del padiglione di Medicina, ricorda a tutti coloro che varcano la soglia l’opera di questo prete-imprenditore che è riuscito a coniugare carità ed efficienza. Agli infermieri di Padre Monti si aggiunsero, per il reparto femminile, le suore del beato don Luigi Guanella, altro personaggio che ha lasciato i segni del suo passaggio, fondando la
Congregazione delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza. Nel 1924, l’ospedale, viste le dimensioni e l’importanza territoriale conquistata, fu classificato come Ospedale di Circolo. Nello stesso anno, un altro lascito, del saronnese Morandi, permise la costruzione del nuovo padiglione riservato alla maternità e da allora è stato un susseguirsi di modifiche strutturali che hanno portato l’ospedale cittadino, ad essere una realtà molto importante per Saronno e per tutto il circondario. Alle suore di don Guanella, subentrarono le Suore Francescane Angeline la cui presenza, rimasta ininterrottamente intrecciata all’esistenza dell’ospedale, continua ancora ai nostri giorni. Nel 1993, l’ospedale ha festeggiato, alla presenza dell’allora Ministro per la Sanità Maria Pia Garavaglia, i suoi… primi cent’anni. Oggi, è diventato parte integrante dell’Azienda Ospedaliera di Busto, Tradate e Saronno alla cui direzione generale c’è il dottor Ambrogio Bertoglio. La direzione sanitaria di Saronno è affidata al dottor Cavallaro, mentre il dottor Osvaldo Basilico è responsabile per la parte amministrativa.

05/17/2001

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