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Energia, il costo non scenderà senza nuove centrali Dall'esperienza della scorsa estate, il parere di un esperto di energia, sulla situazione del mercato energetico italiano, in attesa della completa liberalizzazione del mercato. Ad ormai quattro anni dalla liberalizzazione del settore elettrico gli assetti e le modalità di funzionamento del mercato elettrico rimangono ancora largamente indefiniti.
Mercato libero non vuol però dire automaticamente discesa dei prezzi. In Italia la liberalizzazione del mercato si è accompagnata ad una fideistica attesa di costi più bassi dell'energia elettrica, ignorando che il divario tra i prezzi italiani e quelli del resto d'Europa non dipendeva soltanto dalla struttura monopolistica del mercato, ma anzitutto dal diverso mix dei combustibili e dal basso livello d'efficienza del nostro parco elettrico. Mentre nell'Europa centro-settentrionale e in Spagna mediamente l'80% della produzione elettrica viene dal nucleare e dal carbone, in Italia non abbiamo il nucleare e con il carbone produciamo meno del 10% della nostra energia. Olio e gas sono i ben più cari combustibili italiani, bruciati oltretutto in centrali obsolete, con un rendimento medio inferiore al 40% (quando le moderne tecnologie danno rendimenti del 55-56%). I primi anni di mercato libero hanno invero consentito una decisa diminuzione dei costi dell'energia: l'esperienza del Consorzio Energi.Va, promosso dall'Unione Industriali di Varese, è quanto mai significativa al riguardo. Il 2000, primo anno di liberalizzazione, si chiuse con un risparmio superiore al 15% rispetto al vincolato, percentuale che però venne progressivamente a ridursi negli anni successivi e che è inevitabilmente destinata a scendere ancora nella prospettiva del 2004. Ora non è che il Consorzio non sia più capace di approvvigionarsi con convenienza o che la formula consortile sia superata, perché singolarmente ciascuna impresa finirebbe per pagare di più l'energia. Semplicemente, da un lato l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha progressivamente ridotto la tariffe del vincolato e, da un altro lato, essendo rigida l'offerta di energia più conveniente (essenzialmente le importazioni e poi l'energia degli impianti in CIP 6 messa in vendita sottocosto dal GRTN), con l'aumentare dei clienti idonei si è via via ridotta la possibilità di ottenere significativi risparmi. L'Autorità stima che nel 2004 il divario tra tariffe del vincolato e prezzi del mercato libero non superi il 2% ed all'ampliarsi del mercato libero anche questo delta verrà a scomparire e molti analisti scommettono che al 2005-2006 i prezzi sul libero saranno più alti che sul vincolato, anche se in termini assoluti i prezzi dovrebbero scendere per il ridursi tendenziale del costo del greggio (a cui è ancorato il metano). Soltanto la costruzione di nuove centrali a più alto rendimento potrà ridurre il divario tra il prezzo dell'energia italiana e quella europea (elemento che penalizza la competitività delle nostre imprese), ma se non riemerge una cultura dello sviluppo e se continua ad affermarsi la logica che gli americani chiamano del “NIMBY” (vedi articolo precedente, ndr), per la quale ogni comune è favorevole ad una centrale, purché sia realizzata altrove, non sarà certo sufficiente la liberalizzazione del mercato per avere energia a più basso costo e quindi recupero di competitività per l'industria italiana. 09/25/0099 | ||||||||
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