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Agnelli, protagonista di un secolo

Una riflessione sull'avvocato Gianni Agnelli: l'industriale, ma, soprattutto, l'uomo. Cos'ha rappresentato per l'economia, la storia e la società italiana.


Grande industriale e grande borghese. Sono stati questi i tratti distintivi di Gianni Agnelli. Come lo erano stati, a suo tempo, del fondatore della Fiat. Del resto, per l'Avvocato il nonno ha rappresentato un modello di riferimento ideale con cui era solito commisurare la propria missione. Tanto forte era in lui, insieme all'affetto che aveva conservato verso il Senatore, il senso della continuità, il dovere di tenere fede ai compiti di cui era stato investito e rinverdire perciò l'opera di uno dei più eminenti capitani d'industria del primo Novecento.
Per un terzo e più di secolo, da quando nel 1966 finì il ventennale interregno di Valletta alla Fiat, Gianni Agnelli ha messo di suo, nella conduzione dell'ammiraglia del capitalismo italiano, tanto una larghezza di vedute e di orientamenti fuori dal comune che gli derivava dalla sua formazione culturale e dalle sue vaste relazioni internazionali; quanto la versatilità e l'ascendente di una personalità caratterizzata da un singolare impasto di disincantato eclettismo e di rispetto scrupoloso delle forme, di viva curiosità per tutto ciò che sapesse di nuovo e di robusto attaccamento alle tradizioni, di intrinseca autorevolezza per "diritto di nascita" e di consumata esperienza per lunga abitudine al comando e assidua frequentazione dei grandi di tutto il mondo.
Si spiega perciò come la Fiat di Gianni Agnelli sia stata l'emblema della componente più moderna dell'industria italiana e, insieme, l'espressione più eminente dell'aristocrazia imprenditoriale delle "grandi famiglie": una fabbrica al crocevia fra fordismo e post-fordismo e, allo stesso tempo, la capofila del "salotto buono" del capitalismo italiano, di una costellazione di alleanze e interessi finanziari; l'impresa più profondamente radicata nella realtà economica e sociale del nostro Paese, tanto da costituire parte integrante della storia dell'Italia repubblicana, ma anche quella più "americana" di tutte in Europa, con un alto grado di cosmopolitismo e molteplici legami con l'altra sponda dell'Atlantico; la maggior concentrazione industriale oggi esistente nelle regioni del Mezzogiorno (dopo essere stata la mèta principale dei flussi migratori da Sud a Nord); e un'azienda talmente radicata in una città come Torino da aver stabilito con il capoluogo subalpino una sorta di simbiosi e da ereditarne anche l'antica ambizione di far da tramite fra l'Italia e l'Europa, dopo essere stata l'artefice dell'unificazione nazionale.
D'altra parte, l'Avvocato non è stato solo il leader di un'impresa come la Fiat che, dopo aver dato le ali al "miracolo economico", ha svolto un ruolo primario nella progressiva trasformazione dell'Italia in una società industriale avanzata. È stato anche uno dei protagonisti della vita pubblica italiana, tanto da farsi carico, in alcuni tornanti difficili, di importanti funzioni e responsabilità. Come quando, in veste di presidente della Confindustria, firmò nel 1975 l'accordo sul punto unico di contingenza con Luciano Lama per cercare di riportare la "pace in fabbrica", e arginare l'ondata di conflittualità endemica e di massimalismo sindacale, in nome di un'"alleanza fra i produttori"; o, ancora, come quando si offrì nel 1978 di andare ambasciatore a Washington per garantire la fedeltà dell'Italia ai propri impegni in campo occidentale ed europeo, qualora si fosse reso necessario, per bloccare l'offensiva del terrorismo, l'ingresso dei comunisti in una maggioranza parlamentare di "solidarietà nazionale".
Gianni Agnelli riteneva che in un Paese come l'Italia - pervaso da tanti pregiudizi ideologici nei confronti del sistema d'impresa - fosse essenziale la ricerca del consenso sociale all'insegna dell'interazione fra economia di mercato e democrazia politica. Da "liberal" qual era, la sua stella polare era sempre stata l'America. E anche questa circostanza lo aveva orientato sulla scelta dell'alleanza strategica con la General Motors. La Fiat, un tempo troppo grande rispetto a un Paese troppo piccolo, era ormai divenuta troppo piccola nel contesto di un mercato globale e doveva perciò affrontare il futuro non più da sola. E l'Avvocato pensava, malgrado tutto, che alla fine sarebbe riuscito a vincere anche l'ultima e più ardua scommessa di tutta la sua vita.

02/20/2003

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