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I moderati del 75%

I due referendum sull'estensione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori alle imprese fino a quindici dipendenti e sulla servitù di elettrodotto non hanno raggiunto il quorum e sono stati dunque invalidati. L'interpretazione del risultato è stata come sempre diversa, a seconda delle parti politiche e sindacali interessate. Tuttavia, sembra ragionevole ritenere - di fronte ad un'astensione pari al 75% - che la larga parte dei cittadini si riconosca in posizioni moderate.
In fondo, è quello che va ripetendo il Presidente Ciampi e, probabilmente, si tratta per fortuna non di esternazioni di maniera, ma di sostanza. Si tratta di una lettura realistica del sentimento comune che, in questa fase di grande incertezza, rappresenta un dato di fatto importante, sul quale poggiare per costruire con una certa fiducia il futuro, al di là delle difficoltà del momento. Difficoltà che, sul piano economico, sono certamente pesanti.
L'economia, non solo quella del nostro paese, continua ad essere asfittica. Nel primo trimestre dell'anno il nostro Prodotto Interno Lordo, secondo l'Istat, ha accusato una diminuzione dello 0,1% rispetto all'ultima parte del 2002, che risentiva del resto dei benefici dovuti agli incentivi fiscali a consumi (autoveicoli) e investimenti (Tremonti bis). Nel secondo trimestre, in attesa dei dati di consuntivo dell'Istat, le stime provvisorie dell'indicatore Ref sui consumi elettrici indicano un aumento della produzione industriale dello 0,7% rispetto al primo trimestre. Un segnale di ripresa? Speriamo, anche se le previsioni in circolazione continuano ad essere molto caute.
Rimedi? Le misure tampone, come quelle sulla prospettata rottamazione di beni di consumo durevoli, sono state subito bocciate in quanto sono di corto respiro e rischiano di introdurre distorsioni nella concorrenza. Ci vogliono piuttosto scelte strutturali e non congiunturali, da prendersi nella prossima Finanziaria, tenendo conto che le risorse disponibili non consentono di fare tutto ciò che si vorrebbe. Per le infrastrutture, ad esempio, occorrerà selezionare le priorità. Ma poi, finalmente, aprire i cantieri.
Insieme alle infrastrutture, occorre rilanciare la ricerca, perché da essa dipenderà il posizionamento futuro del nostro paese, nel novero di quelli più industrializzati, di fronte all'emergere nel mondo di altri sistemi economici in grado di metterci in seria difficoltà, nelle fasce di produzione meno sofisticate, per via dei minori costi di produzione. Poi occorre diminuire il costo di alcuni servizi, come ad esempio quello dell'energia, che richiede più slancio nel processo di liberalizzazione del mercato e più investimenti per far fronte allo squilibrio tra domanda e offerta.
E occorrono scelte non più prorogabili, che devono essere prese anche dagli altri paesi dell'Unione Europea, nella riforma del welfare. Oggi di sicuro c'è solo l'impossibilità, tra qualche decennio, di riuscire a soddisfare adeguatamente il bisogno di sicurezza sociale dei cittadini. Per questo è necessario guardare con maggiore realismo al futuro, sapendo oggi, senza illusioni, quanto si potrà contare sulla solidarietà generale e quanto su sé stessi. Anche questo fa parte del patto sociale che lega i cittadini di una nazione.
Poi c'è il capitolo del mercato del lavoro. Un capitolo illuminante, perché sono bastate le misure di flessibilità introdotte con i contratti interinali per far crescere l'occupazione, almeno nelle piccole e medie imprese, anche quando la congiuntura ristagna. L'attuazione, ora, della legge di riforma del mercato del lavoro, fortemente voluta dal Ministro Maroni, dovrebbe dare ulteriore impulso.
Anche nel settore del lavoro, l'importante è guardare avanti. La recente sottoscrizione, tra Confindustria e Sindacati, del Patto per la Competitività, segna finalmente una svolta dopo un periodo di conflittualità a volte aspra. La competitività si ottiene anche con la buona volontà di tutti.

Alberto Ribolla

06/26/2003

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