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Il mostro Kala dell'economia

Il grave problema dei prezzi delle materie prime e le sue conseguenze sulla nostra economia. Una situazione che dipende in gran parte dall'arrivo sulle scene mondiali di nuovi paesi protagonisti.

L'economia dei paesi occidentali rischia di assomigliare sempre di più al mostro Kala, un animale mitologico che è rappresentato in varie forme in molti templi induisti, in primo luogo quello di Angkor in Cambogia e che ha una particolarità: divora se stesso. Anche la ripresa in Europa, così come negli Stati Uniti e in parte anche in Cina e in India, ha di fronte il concreto pericolo di diventare il mostro Kala, divorare se stessa e così di creare a se stessa sempre maggiori problemi: lo dimostra l'instabilità dei mercati valutari e finanziari così come i crescenti rischi di guerre commerciali, ma forse in maniera ancora più clamorosa lo dimostrano le tensioni, sui prezzi così come sulle disponibilità, che si stanno verificando sul fronte delle materie prime.
Possono bastare pochi dati per dimostrare la progressiva involuzione del sistema. Da almeno tre anni le materie prime industriali hanno iniziato una progressiva fase di rincaro, con l'indice dei prezzi in dollari che è aumentato di oltre il 30%. Il ritmo di crescita si è tuttavia accentuato negli ultimi mesi interessando non solo tutti i comparti, ma anche tutte le aree del mondo.
In primo piano nelle tensioni e nelle preoccupazioni c'è, e non può consolare che lo sia almeno da trent'anni, quella materia prima, fondamentale anche come fonte energetica, che è il petrolio. In questo caso i prezzi sono fortemente saliti parallelamente solo alle difficoltà incontrate dagli americani in Irak e al crescere delle tensioni nell'area medio-orientale, ma anche alla spinta della domanda proveniente dall'area asiatica, ovviamente con in primo piano la Cina. Ma se il petrolio ci ha abituato a subire i riflessi delle tensioni politiche, ben diverso il caso di altre materie prime fondamentali per un'industria di trasformazione come quella italiana: è il caso dell'acciaio, dei rottami e dei metalli ferrosi che hanno visto a fianco di una forte crescita dei prezzi anche una crescente difficoltà negli approvvigionamenti. Ma lo stesso si può dire per il rame, per lo zinco, per la cellulosa.
Il livello dei prezzi è il termometro che segnala sempre maggiori difficoltà nel fare incontrare l'offerta e la domanda. La crescita forte, anche se tumultuosa e disordinata, di Paesi come la Cina e l'India unita al risveglio di economie che almeno da dieci anni erano addormentate, come quella del Giappone, hanno infatti portato alla ribalta non solo le difficoltà nell'aumentare la produzione (nella maggior parte dei casi l'estrazione) delle materie prime, ma anche i vincoli logistici, le carenze nei sistemi di trasporto, la possibilità che la logica dello scambio e del baratto porti i produttori a privilegiare gli affari con i Paesi con cui hanno maggiori rapporti commerciali.
E dato che i problemi non vengono mai soli si è assistito da parte di alcuni Paesi, in particolare nell'Europa dell'Est, ad una riduzione dell'offerta con l'imposizione di vincoli tariffari alle esportazioni per proteggere le produzioni interne.
Il livello di tensione è tale da coinvolgere le stesse aree che sono all'origine dei problemi. Significativo è il caso dell'India, dove i grandi produttori hanno chiesto al Governo di limitare le esportazioni di minerali di ferro per complicare la vita alla Cina e “costringerla” a scendere a patti sul prezzo del coke, materia prima fondamentale per la produzione di acciaio e per il quale Pechino sta facendo una politica di forte incidenza sul mercato.
A fianco, ma non senza riflessi sul problema, si sono visti crescere gli effetti delle posizioni speculative di natura squisitamente finanziaria sia con l'adozione di nuovi strumenti derivati, sia con l'ingresso tra gli operatori degli hedge fund dotati di grandi potenzialità finanziarie.
Il problema dei prezzi delle materie prime quindi è a molte dimensioni. Ma alla base c'è l'arrivo sulla scena di nuovi protagonisti e in questa prospettiva il cambiamento più forte avvenuto negli ultimi anni va individuato essenzialmente nel ruolo della Cina. Un Paese di quelle dimensioni che cresce al ritmo dell'8% annuo non può che incidere sulla domanda complessiva e non può che portare a galla le strozzature, i vincoli e le carenze infrastrutturali che caratterizzano l'economia globale. La Cina si sta muovendo con una spregiudicatezza imprevista ed inedita. L'apertura al mercato, all'economia finanziaria, alla proprietà e, pur gradualmente, all'iniziativa privata si sono aggiunta ad un atteggiamento di forte sostegno alle esportazioni anche attraverso il ricorso a mezzi tutt'altro che trasparenti come la contraffazione. Pechino resta comunque una grande opportunità per le esportazioni dei Paesi occidentali: mettere in luce i problemi che questa realtà comporta è anche fare un passo avanti nella loro complessa soluzione.

03/25/2004

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