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Alitalia, Malpensa e la politica con la P maiuscola

Vittorio GandiniIl Governo ha dato il via libera all'avvio, da parte di Alitalia, di una trattativa in esclusiva con Air France-Klm per la propria privatizzazione. Nessuna sorpresa, la scelta era nell'aria. Una decisione in tale direzione, se confermata nei termini oggi conosciuti, avrebbe conseguenze negative per Malpensa, destinata ad essere ridimensionata nella propria funzione di aeroporto hub del centro-sud Europa. Funzione, ripeto, non aspirazione: perché è per assolvere a tale funzione che l'Unione Europea finanziò a suo tempo l'ampliamento di Malpensa. Ora, invece, l'inevitabile vassallaggio di Alitalia nei confronti di Air France-Klm, che ha un interesse dichiarato a considerare Malpensa come semplice aeroporto point to point, per portare cioè passeggeri a Parigi e farli da qui proseguire verso altre destinazioni nel mondo, ci riporterebbe indietro di vent'anni, con buona pace dei tanti investimenti pubblici e privati fatti nel tempo, dentro e fuori l'aeroporto.
Inoltre, tale decisione dimostrerebbe di non tenere in considerazione le esigenze della parte più produttiva del Paese. In gioco c'è l'attrattività di quest'area, che è il motore del Paese medesimo, perché le potenzialità di un territorio nell'attirare operatori economici e investimenti esteri dipendono anche dalla capacità di avere collegamenti rapidi e veloci con le aree economiche del mondo oggi in forte crescita. Gli operatori asiatici o quelli americani, se dirottati su altri scali europei, sarebbero inevitabilmente meno interessati ad intrattenere relazioni con il nord Italia. È una questione molto pratica di mobilità, che non può sfuggire a chi ha una responsabilità di governo.
Ciò, tanto più se si considerano le performance di Malpensa negli ultimi anni e, dunque, le sue potenzialità. Nei primi dieci anni di attività, essa è cresciuta del 459% per il traffico passeggeri e del 229% per quello merci. Del resto, il 70% dei biglietti internazionali si vende da Bologna in su e le grandi rotte intercontinentali per il nord America e per il Far East passano per il nord Atlantico e la Siberia. E se già nel 2005 il 34% dei passeggeri di Malpensa era risultato in transito - un dato, questo, certamente più in linea con quelli, ad esempio, di Londra (35,9%), Madrid (35,0%), Parigi (32,5%) che con quello di Roma (25,7%) - oggi più che mai si dovrebbe considerare che nel bacino di utenza di Malpensa insistono 1.296.800 imprese, contro ad esempio 509.500 di Roma, 248.500 di Francoforte, 269.343 di Madrid. Infine, il fatturato per aeroporto generato dal singolo passeggero. Malpensa è l'aeroporto italiano con il più alto rapporto: 23,2 euro di fatturato per passeggero nel 2005, contro ad esempio 17,9 di Fiumicino.
E' pur vero che Malpensa è finora rimasta insufficientemente collegata con il proprio bacino, ma sono peraltro in corso o in programma importanti investimenti per migliorare i collegamenti: quello con l'autostrada Milano-Torino e con la stazione centrale di Milano attraverso le Ferrovie dello Stato, oltre che con la Svizzera. Poi l'autostrada Pedemontana, che metterà meglio in rete Malpensa con gli altri aeroporti e territori lombardi. Sarebbe dunque sciagurato ridimensionare ora Malpensa, non solo vanificando così quegli investimenti ma anche danneggiando la parte più produttiva del Paese, minando l'occupazione e pregiudicando lo sviluppo futuro del nord e, di conseguenza, del Paese intero.
Occorre dunque almeno salvaguardare l'esigenza di mantenere per Malpensa un ruolo alto. Occorre che la decisione sulla compagnia di navigazione non abbia a mortificare l'infrastruttura aeroportuale, a cui deve essere garantita comunque la possibilità di rimanere attrattiva per il "mercato". Si tratta di una decisione di politica economica che riguarda l'Italia tutta. Una decisione che, dopo anni di assenza di una politica del trasporto aereo degna di questo nome, chiede ora un intervento della politica con la P maiuscola.

01/18/2008

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