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Alla ricerca di stabilità

Alberto RibollaLa salita del Premier Romano Prodi al Quirinale, lo scorso 21 febbraio, dopo che al Senato era mancata la maggioranza su un voto riguardante la politica estera, è stato il segnale, del resto atteso, della debolezza di un governo che ha una maggioranza risicatissima in uno dei due rami del Parlamento. Dopo quel giorno, altre votazioni si sono susseguite e, grazie ad un lieve rimescolamento delle carte negli schieramenti politici, il Governo sembra ora meno esposto al rischio di una nuova caduta. Ma si tratta comunque di una situazione alquanto precaria. Una situazione che, nel nostro paese, è stata causata dall'ultima legge elettorale. Decenni or sono, tale situazione si era già presentata in diverse occasioni, quando si facevano e disfacevano nel giro anche di pochi mesi governi sorretti pur sempre dal cosiddetto penta-partito. Allora, erano più le poltrone a segnare la sorte di un esecutivo. Poi, si è pensato di adottare un sistema elettorale ispirato al bipolarismo, proprio per cercare di conseguire una soglia più elevata di stabilità. Ma l'ultima legge elettorale ha dimostrato che c'è ancora qualcosa da mettere a punto.
E' mai possibile che l'Italia debba continuare a soffrire nella sua dimensione politica? E fino a quando? E possiamo permettercelo? Questi interrogativi continuano ad essere di grande attualità ed è per tale ragione che abbiamo dedicato il Focus di questo numero al tema della riforma del sistema elettorale, presentando una carrellata delle regole presenti in altri paesi, oltre che le opinioni di due autorevoli esponenti del centro-sinistra (Michele Salvati) e del centro-destra (Giuliano Urbani).
Il fatto che l'economia stia attraversando una fase di ripresa non deve far dimenticare che la politica ha un'importanza enorme per i destini, anche economici, di una nazione. Alla politica spetta il compito, essenziale, di progettare il futuro e di compiere, oggi, le scelte che servono per assicurare quel futuro. Per questo, la politica ha bisogno, non diversamente dalle imprese, di stabilità, di efficienza e di efficacia.
A ciò si aggiunga un'altra considerazione. Nel nostro paese, in particolare, le continue traversie della politica risultano ormai incomprensibili ai cittadini. Non è qualunquismo. Non credo, almeno, se anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano insiste su questo tasto. Durante la sua visita a Venezia lo scorso 23 marzo ha affermato: “Il paese non ha bisogno di un succedersi di traumi e rotture, non chiede e non apprezza una politica sempre gridata, da qualsiasi parte, e tantomeno un periodico ripartire da capo, un periodico ripartire da zero, con la conseguenza di un ridondante e confuso legiferare”.
Penso siano molti gli italiani a riconoscersi in queste parole. Così come, penso, siano altrettanti a sognare che i politici abbiano a permetterci una svolta.

04/06/2007

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