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Unione degli Industriali della Provincia di Varese
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Una nuova centrale elettrica in provincia di Varese?

Nella foto: lo scarso impatto della centrale per il teleriscaldamento in costruzione a Vipiteno (BZ)
Varese, provincia a spiccato profilo industriale, consuma il 2 per cento dell'energia che il sistema Italia brucia ogni giorno. Una provincia comunque in debito rispetto alla produzione "in loco" di energia elettrica: si può stimare infatti che nel Varesotto venga prodotto solo un 10-12 per cento del proprio consumo elettrico. In questo contesto si può inquadrare l'idea, lanciata dal presidente degli industriali Alberto Ribolla, che qualche mese fa fece capolino sulle cronache delle pagine economiche di tutti i quotidiani. "Perché non realizzare una centrale elettrica in provincia di Varese?". L'energia, come spiegano gli esperti, ha un costo di trasporto "a francobollo", cioè indifferente alla distanza. Che si consumi a 200 metri dal luogo in cui viene prodotta o a 200 chilometri di distanza dalla centrale, la tariffa dello spostamento è sempre la stessa. Ma se si considera che una delle nuove frontiere della produzione elettrica è quella a ciclo combinato, con contestuale produzione cioè di energia termica e, inoltre, che quest'ultima, a differenza della prima, non può essere trasferita lontano perché altrimenti si disperderebbe, ecco allora che la proposta dell'Unione Industriali rappresenta uno spunto per riflettere sui vantaggi che una centrale potrebbe far ricadere sul territorio. E la partita dell'energia, data l'impossibilità di investire sul nucleare, si gioca su due tipologie di centrali: turbogas e termovalorizzatori.
Le centrali a ciclo combinato con turbogas (in gergo CCGT) e i termovalorizzatori (TMV) non presentano alcun problema di sicurezza ed hanno impatti ambientali regolati da una normativa che è la più stringente in Europa. Possono quindi essere installati anche in aree densamente popolate. In ogni caso si tratta di impianti di dimensione ridotta, quindi con un basso impatto anche dal punto di vista visivo. Certo esistono differenze tra i due sistemi. La prima è rappresentata dal combustibile: un CCGT usa gas che arriva via tubo (quindi impatto ambientale prossimo allo zero); un termovalorizzatore usa rifiuti, che arrivano sì con autocarri (e quindi, se sono troppi, possono creare problemi di congestione del traffico), ma al tempo stesso risolve anche il problema del loro smaltimento.
Poi viene la capacità di produrre energia. Tra una centrale elettrica CCGT poniamo da 400 Mw ed un termovalorizzatore c'è un ordine di grandezza da 1 a 7, se non da 1 a 10.
I termovalorizzatori hanno infatti potenze elettriche da 10 a 60 Mw: taglie superiori creano problemi per la gestione dei rifiuti. Un impianto come quello dell'Accam di Busto Arsizio costituisce un esempio. I rifiuti che entrano nel termovalorizzatore producono all'incirca 9 Mw, 7 dei quali vengono ceduti all'Enel, mentre 2 vengono impiegati per l'auto-consumo. L'impianto di termovalorizzazione di Brescia, che è uno dei più avanzati in Italia, ha una capacità produttiva di 30 Mw. Questo per quanto riguarda le tipologie degli impianti. E sulla necessità?
Che in Italia ci sia una situazione di generale deficit energetico è noto e se ne sono viste le conseguenze con i black out dello scorso anno. Considerati i tempi lunghi per l'approvazione e la costruzione di nuovi impianti di produzione di grande dimensione, si può stimare che solo al 2008 si potranno ottenere, tra repowering (cioè rifacimenti di impianti esistenti) e nuovi impianti, tra i 20.000 ed i 24.000 Mw in più. Al momento ne sono cantierati o cantierabili all'incirca 12.000.
Ecco allora che possono servire impianti di taglia più piccola, i quali possono anche contribuire a soddisfare i picchi di domanda e, in tal modo, a rendere più competitivo e attrattivo il territorio sul quale sono insediati. Esiste poi un'ulteriore considerazione di fondo per comprendere la questione. Le centrali termoelettriche italiane hanno un del 39 per cento. Questo vuol dire che fatta uguale a 100 l'energia primaria immessa nell'impianto, ad esempio olio o gas, se ne ricava un 39% in energia elettrica, quando una centrale moderna ha un rendimento del 55-56%. Qualunque nuova centrale, dunque, avrebbe anche l'effetto di contribuire, pro-quota, a modernizzare l'insieme degli impianti di produzione elettrica, che nel nostro paese scontano in larga parte un fattore di vetustà. L'ipotesi di realizzare nuovi impianti per produrre energia andrebbe valutata, infine, nell'ottica, tutt'altro che secondaria, di smaltire i rifiuti in loco, secondo un principio di responsabilità sociale che deve giustamente affermarsi. Anche in provincia di Varese, dove la realizzazione di nuovi termovalorizzatori è sempre stato argomento di discussione e protesta. I casi di Caronno Corbellaro e della stessa Accam costituiscono un esempio più che eloquente. Questa ipotesi è tuttora al vaglio della Provincia di Varese: un tavolo di esperti sta redigendo il piano provinciale dei rifiuti che verrà presentato in autunno. "La realizzazione di nuovi impianti, semprechè siano previsti dal piano, verrà discussa coinvolgendo tutti gli attori sociali. - spiega Marco Reguzzoni, presidente della Provincia - Ritengo che oltre all'ipotesi di una nuova centrale turbogas o di termovalorizzatori esista un terzo modello da tenere in considerazione, vale a dire quello 'combinato', dove in parte l'energia viene prodotta bruciando gas, in parte con la valorizzazione di rifiuti. Ricordo che la Provincia è competente sulla questione per impianti di piccole dimensioni. Altrimenti la competenza per legge spetta alla Regione o al Governo. In quest'ottica vediamo in maniera positiva la realizzazione di piccoli impianti, poco impattanti e capaci di produrre vantaggi anche alle aziende presenti sul territorio".

Il consorzio, via d'accesso al libero mercato energetico per le piccole e medie imprese

L'Unione Industriali ha da sempre seguito la vicenda della liberalizzazione del mercato dell'energia, fin da quando essa iniziò ad affacciarsi, negli anni scorsi, sul piano programmatico in sede di Unione Europea. Da allora, è stato svolto un ruolo attivo, sul piano della proposizione, con l'obiettivo di fare in modo che, in fase di recepimento della direttiva europea nell'ordinamento italiano, fossero adottati tutti i miglioramenti possibili per quanto riguardava l'ambito di applicazione, in modo tale da far partecipare ai benefici del mercato liberalizzato anche le imprese di piccola e media dimensione. E' nato così, in coerenza con una consolidata tradizione dell'associazionismo imprenditoriale italiano, un consorzio di imprese denominato "Energi.Va". Il consorzio di acquisto delle risorse energetiche ha consentito infatti, cumulando virtualmente i quantitativi consumati dalle singole imprese consorziate, di raggiungere le soglie previste dalla normativa per l'accesso al mercato libero nella fase transitoria di passaggio dal mercato vincolato a quello pienamente liberalizzato. E sulla scorta dell'esperienza operativa dei primi anni di vita del consorzio e della massa critica realizzata, è stata successivamente costituita - operativa dal 1 gennaio 2003 - una società denominata "Espansione Srl - Soluzioni per l'energia" che, operando direttamente sul mercato in qualità di grossista, si propone di massimizzare i vantaggi derivanti dalla logica associazionistica: acquistare dai produttori i maggiori volumi possibili per ottenere i migliori prezzi e trasferire ai consumatori i maggiori margini di risparmio. Nel primo anno di attività la Società ha rifornito di energia elettrica le imprese aderenti al consorzio Energi.Va e ha inoltre acquisito clienti in molte regioni italiane. Per effetto della competitività delle condizioni di fornitura offerte si è imposta subito all'attenzione degli operatori riuscendo a chiudere il 2003 con un incremento di oltre il 45% in termini di clienti acquisiti e di oltre il 9% sui volumi venduti. La Società di trading e il consorzio di acquisto hanno perciò operato in modo complementare perseguendo il medesimo obiettivo di massimizzare il risparmio delle imprese utilizzatrici di energia elettrica e di gas metano, costrette alla ricerca sempre più affannosa di margini di competitività. Per quanto riguarda le forniture elettriche, i volumi consumati nel 2003 dalle imprese consorziate sono stati pari a circa 800.000.000 kwh. Il risparmio medio conseguito è stato pari all'8,26%, rispetto ai prezzi del mercato vincolato, compresi gli oneri di trasporto (che incidono per oltre un terzo del costo finale). In termini assoluti, il risparmio è stato di circa 4,2 milioni di euro. Un risultato molto significativo, soprattutto se si considera che nel corso del 2003 i prezzi del combustibile utilizzato nella produzione termoelettrica sono cresciuti dell'11%. Anche per le fornitura di gas metano le condizioni assicurate alle imprese consorziate risultano di primario interesse rispetto a quelle offerte dal mercato sia nazionale, sia della distribuzione locale. A differenza del mercato elettrico, quello del metano è però, un mercato completamente liberalizzato e quindi la verifica della competitività di prezzi e condizioni contrattuali non può più essere effettuata in relazione ad un prezzo di riferimento, ma può basarsi solo su una approfondita analisi delle condizioni offerte dai diversi operatori presenti nel mercato, che tenga conto di una serie di parametri omogenei quali l'indicizzazione dei prezzi, l'andamento della media dei mesi e del paniere di riferimento e la definizione di un identico momento temporale per la fissazione del prezzo. E' sulla scorta di queste considerazioni e di approfondite verifiche sulle offerte pervenute dai più importanti operatori del mercato nazionale che è stato chiuso, per il 2005, un contratto che ha assicurato ai soci del consorzio una fornitura a prezzi assolutamente competitivi, grazie anche alla volontà dell'operatore prescelto, che è fortemente interessato ad acquisire importanti quote del mercato nazionale e che, a differenza di quasi tutti gli altri operatori italiani, dispone di gas proprio, cioè non derivante da contratti internazionali di acquisto Eni.

09/23/2004

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