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La perizia dei marangoni

Girare per negozi e mercatini alla ricerca della chicca d’antiquariato è il massimo della tendenza: nella riscoperta del gusto dell’antico, una grande passione dei giorni nostri. In particolare, la passione per gli antichi mobili lombardi, opere pregiate dei cosiddetti maestri marangoni, ebanisti costruttori di mobili o arredi lignei.

I veri conoscitori sanno che è possibile tramite alcuni elementi peculiari distinguere in maniera certa le opere degli ebanisti lombardi da quelle realizzate in altre regioni italiane. Resta invece aperta la questione se è possibile considerare o no questi oggetti come originali creazioni con un reale contenuto artistico.
Cominciamo con il definire con Lombardia un territorio differente da quello attuale limitato dai tre fiumi Ticino, Mincio e Po. Per secoli questo fu il Ducato di Milano, un’area d’influenza che si estendeva sino a Bergamo, Brescia e Crema oltre che al Ducato di Mantova e alla Valtellina.
La tradizione dei maestri falegnami lombardi è documentata sin dal 1385 e nuovamente tramandata con il sodalizio "Schola magistratorum a Lignamine Sancti Joseph Mediolani”. Si conserva lo statuto approvato dal Duca di Milano Francesco Sforza nel 1459 che rimetteva in vigore le norme già in uso nel ducato in epoca Viscontea.
In quel tempo per esercitare il mestiere bisognava avere fatto un tirocinio di almeno cinque anni presso la bottega di un maestro ed al termine essere giudicato idoneo da una commissione presieduta dal priore e da altri sei maestri. Nessun maestro poteva tenere contemporaneamente più di due apprendisti alla volta.
Questo sodalizio era considerato come un’università e come le più importanti corporazioni pose un altare dedicato a San Giuseppe nel Duomo di Milano. Purtroppo, l’opera fu rimossa su ordine di S. Carlo Borromeo in seguito alle sue prescrizioni post conciliari.
Questo a documentare che l’attività artistica, e la produzione d’oggetti non è stata mai lasciata all’iniziativa sregolata degli individui bensì è sempre stata gelosamente preservata per garantire un costante livello qualitativo sia dell’istruzione sia delle opere realizzate.
Inoltre un controllo così specifico garantiva una purezza stilistica e tecnica.
Accertata come si perpetuava la perizia tecnica resta da indagare da dove i maestri "marangoni” (costruttori di mobili o arredi lignei da non confondere con i maestri d'ascia esperti di costruzioni navali o con i semplici falegnami costruttori di serramenti o di oggetti più rustici) traessero le loro idee e se la loro abilità fosse considerata già alla loro epoca al pari dei designer ed artisti odierni.
Anzitutto gli arredi non nacquero contemporaneamente: questi sono direttamente connessi all’abitazione in cui erano collocati o al tipo d’oggetti che dovevano contenere.
Ai primitivi cassoni ed alle cassapanche rinascimentali succedettero i cassettoni e le credenze figli di un’epoca dove aumentavano gli arredi delle case e gli ambienti abitativi cominciavano a favorire maggiore comfort.
La credenza ad esempio ci racconta della nascita di un locale più intimo dedicato al pranzo; nel rinascimento il cibo era consumato nella sala principale della casa su una tavola costituita da una lunga asse di legno appoggiata su cavalletti. Al termine del pranzo, le mense erano smontate; come noto le cucine erano soventemente molto distanti e pertanto non c’era necessità di riporre pentole o stoviglie.
Un secondo arredo di grande interesse fu il cassettone. La versione dotata di un primo cassetto con frontale ribaltabile ci tramanda un rilevante mutamento delle abitudini civili, quando la camera da letto diventa il luogo intimo dedicato alle piccole faccende quotidiane alla conservazione di documenti. Un appoggio adatto sia per la lettura, sia per la scrittura che successivamente darà origine alla scrivania. Con l’evoluzione della moda che ricercava locali intimi che fossero realmente vivibili in confronto agli spazi dedicati al ricevimento e pertanto poco pratici, nacquero i tavolini e le piccole consolles dotate o meno di specchiere intagliate. Divani e poltrone sostituirono i seggioloni di legno massiccio, le cassapanche e gli sgabelli.
E’ importante considerare che negli arredi lussuosi è tipico osservare due tipi: quelli realizzati per le stanze di rappresentanza ove le dimensioni e l’imponenza sono fondamentali e quelli veramente dedicati alla quotidianità, questi ultimi erano sicuramente più piccoli, raffinati e pratici. Ovviamente il carattere della borghesia lombarda influenzò questo tipo di stile.
Questo ceto teneva sicuramente all’immagine, ma aveva come chiara prerogativa la riservatezza e la misura. Esso si distingueva per la sua indole prudente e schiva dei lussi eccessivi.
Naturalmente esistono chiare eccezioni a tale giudizio, ma lo spettacolare Palazzo Clerici voluto dal Marchese omonimo attorno al 1740 è piuttosto la dimostrazione di un’abitazione di una delle cariche più importanti del governo austriaco da poco insediatosi in città. Così anche palazzo Litta, proprietà di una dei casati fra i più ricchi del ducato di cui si ricordano le immense proprietà anche nel territorio varesino. Sempre a Milano le case Morando e Bolognini.
Lo stesso vale per palazzo Terzi a Bergamo e la casa Cavriani a Mantova, anch’esse testimonianze superstiti del massimo fasto lombardo.
Tuttavia, per cogliere il differente approccio lombardo rispetto ad altre ragioni è utile confrontarli con i palazzi della stessa epoca a Roma, Venezia o Genova.
In conclusione le idee venivano dalla stessa società e pertanto dall’interpretazione delle necessità e del gusto, erano alla moda, ma costituivano nel medesimo tempo moda.
Respingiamo quindi, con forza la critica che vede l’arte lombarda quale una sorta di filtro tra l’area veneta e quella piemontese. Oggi affermiamo che un oggetto fa tendenza, ma come negare che fece lo stesso il grandissimo Giuseppe Maggiolini (1738-1814) di Parabiago? L’arredo non fu più lo stesso dopo la sua innovativa lezione d’alta ebanisteria.
Allo stesso modo è impossibile ignorare lo stile inconfondibile dei fratelli Fantoni, come quello d’altri grandi mobilieri successivi che con originalità applicarono le filettature e le cornicette di legno nero che fanno risaltare le calde impiallacciature di radica e di noce.
Sicuramente siamo davanti a vere opere d’arte, ma soprattutto a chiare espressioni di genialità e creatività che, come quelle odierne, influenzano la società e contemporaneamente sono parte della vita che le circonda. Forse, quando osserviamo le opere d’arte antica conservate all’interno dei musei ovvero contenute in un ambiente così asettico, fatichiamo a cogliere questi messaggi. Tuttavia, se ci astraiamo e tentiamo di contestualizzarli non perderemo mai l’occasione di cogliere in modo completo il loro valore più autentico.

02/24/2006

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