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Varesini doc e d’adozione in mostra in sala Veratti

E’ ormai consuetudine che le rassegne d’arte varesine allestite in sala Veratti abbiano come comune denominatore il profondo legame degli artisti con la città.

Fotografia di Riccardo RanzaSiano maestri acclarati e rimpianti come Guttuso, ricordato nella mostra curata nel 2007 da Serena Contini, siano artisti viventi e in piena attività, già noti ma ancora in cerca di ulteriori conferme, siano infine firme d’autore che non possono che fare onore a Varese per averla scelta pur non essendoci nati, la Sala Veratti, nel cuore della città giardino, continua a dimostrarsi sede ideale.
Abbiamo visto in questo inizio del 2008, per le cure di Luciana Schiroli, le due mostre dedicate a Loris Ribolzi e a Stella e Riccardo Ranza e stiamo per vedere in questo stesso mese, sempre curata da Schiroli, la rassegna di Rod Dudley, scultore di radici australiane, ma varesino da “soli” 40 anni. Tutte e tre le mostre sono state promosse dal Comune di Varese, dalla Circoscrizione n.1 e dal Circolo Cavour.
Di Loris Ribolzi sono state proposte in gennaio alcune acqueforti di grande formato, rappresentazione di una geografia fisica, ma anche interiore, ben nota al grande viaggiatore che è in lui, e una trentina di incisioni, nonché diverse sculture, in legno e in ferro, costruite con la semplicità e l’aderenza devota e rispettosa all’elemento natura che è la dote che meglio s’attaglia alla vocazione dell’ artista varesino.
Le storie naturali, questo il titolo della rassegna di Ribolzi, ha permesso ai visitatori di cogliere la poeticità della sua opera, che odora di legno e di metallo, e che sa trasformare la materialità del fare scultura in levità d’esecuzione e in una festa di colori .
Loris Ribolzi in cantierePer venire a Stella e Riccardo Ranza e alla loro mostra “Destini incrociati” occorre tener ben presente la matrice familiare dei due, abituati a respirare arte fin da bambini e figli di un editore fotografico di grandi reporter, tra cui Oliviero Toscani, Giorgio Lotti, Mario De Biasi, Luciano d’Alessandro.
Pittrice scultrice e abile ceramista, Stella, che ha presentato una ventina di tele-scultura, dimostra grande raffinatezza di esecuzione, ma anche il segno di una plasticità e di un uso del colore decisi e vitali. L’occhio di Riccardo, esperto fotografo e viaggiatore del mondo, ha invece avuto qui la funzione di osservare e inseguire con il suo buon obiettivo l’arte della sorella. Dice Riccardo, è anche un atto voluto e dovuto verso Stella. Che giganteggia, forse con un pizzico d’ affettuosa ironia, nella suggestiva, contrastata immagine della lunga ombra di lei all’interno delle fornaci di Cunardo. Insomma, Riccardo le ha fatto questa volta da spalla, mettendo tutta la sua arte fotografica al servizio di lei. Ma il “sacrificio” del mostrare se stesso indirettamente, quasi in un gioco di specchi esercitato su creazioni e oggetti familiari, ha potuto rivelare qualcosa ancora di lui. Ancora più di quanto egli stesso potrebbe fare nella diretta proposizione degli intensi paesaggi geografici o umani di volti e deserti immortalati dal suo viaggiare.
Dudley infine, last but not least, nativo di Melbourne, ma varesino d’adozione da quattro decenni, con studio a Besozzo e un curriculum superlativo, ha interessato tra i numerosi critici anche Dino Buzzati. Studente d’arte nei licei dello stato di Victoria, insegnante d’arte a Melbourne, allievo a Brera di Marino Marini e Alik Cavaliere, dice di amare in arte un linguaggio “libero, come la balena del suo grande mare australiano”. Amato e collezionato dai Missoni e da Krizia, ha partecipato alla triennale di Milano nel 1973 e nel 1974 è stato alla Biennale di Venezia con Ico Parisi. Ha esposto in numerosi musei in Italia e all’estero, compreso il museo d’Arte Moderna di Parigi.
In mostra alla Sala Veratti porta venti opere pittoriche e dieci sculture, in legno e in bronzo verniciato, che sanno imporsi per l’assoluta fisicità dell’occhio e della mano di Dudley. Dice Schiroli: “Il suo stile non è mai freddo né accademico, siano i materiali delle sue opere in legno, creta, bronzo, vetroresina, e in pittura è certo che Dudley predilige l’acrilico”.
Le dimensioni delle opere, monumentali o filiformi, affondano spesso in un primitivismo africano. Così come i soggetti umani sono personaggi reali, ma trasfigurati, deformati a piacere in un sottile gioco dialettico che diventa satira di costume, provocazione visiva.
Si tratti di pittura o scultura, la predilezione di Dudley va comunque alla figurazione e a quella tradizione che ha avuto in Henry Moore e in Marino Marini i suoi nomi più illustri. In ogni caso per la curatrice della mostra, l’opera dell’artista australiano rivela anche “un’inquieta tensione che fa pensare a Francis Bacon, al nervosismo lineare di George Grosz o di Egon Schiele”.

Rod Dudley: un australiano in città
29 marzo - 13 aprile 2008
Sala Veratti, Varese
Da martedì a domenica 10.00-12.30/ 14.30-18.30

02/22/2008

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