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Tutto okay, se non fosse per l'emergenza infermieristica

Dal 1998 Direttore Sanitario dell'Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio, Giuseppe Genduso, 47 anni, aveva già maturato importanti esperienze nel medesimo ruolo. Siciliano di nascita, ligure di adozione, ha studiato Medicina e Chirurgia a Parma. Si è specializzato in due rami dell'Igiene e della Medicina preventiva: l'Igiene pubblica e la Direzione ed Organizzazione delle strutture ospedaliere. Nel 1991 è stato Direttore Sanitario presso la USL di Imperia, con una rete di ospedali di circa 1.200 letti. Dal 1995 Direttore Sanitario dell'Ospedale "Macchi" di Varese, passato poi con lo stesso incarico a Busto Arsizio. Svolge un'intensa attività di docenza in diverse iniziative di formazione post laurea ed è professore a contratto presso la Scuola di specializzazione di Igiene e Medicina preventiva dell'Università di Pavia. Dal suo ponte di guida ogni giorno deve confrontarsi con vari problemi.
"Il mio primo compito in Azienda - spiega - sembrerà strano, è quello di pensare: per il lavoro operativo abbiamo fior di dirigenti, ma è importante mantenere la visione strategica del percorso che i nostri tre ospedali debbono fare nella realtà del sistema sanitario regionale e nazionale, per cui qualcuno deve focalizzare e stimolare questo particolare tipo di riflessioni, sempre e comunque di carattere collegiale e multiprofessionale. C'è poi un'altra componente importantissima: lo sviluppo e l'armonizzazione delle professioni sanitarie che operano in ospedale, una vera sfida che rappresenta tuttavia il nostro vero investimento nel futuro".

Ritiene sufficienti, rispetto al bacino d'utenza, il numero dei posti letto disponibili nei tre istituti ospedalieri?
"In prima battuta la risposta è sì. tuttavia bisogna considerare alcuni fatti:
non siamo gli unici offerenti di servizi sanitari ospedalieri sul territorio ed i cittadini scelgono liberamente dove farsi curare, anche fuori provincia; la tipologia dell'assistenza ospedaliera è in notevole evoluzione, per cui molte procedure di diagnosi e cura non necessitano più della degenza di alcuni giorni, bensì possono essere gestiti in day hospital o day surgery o con una sola notte di degenza in ospedale. Questo diminuisce il fabbisogno di posti letto 'tradizionali' a parità di cittadini assistiti, ormai nei nostri ospedali il 28% dei casi di ricovero è trattata in questo modo; i posti letto per acuti saranno destinati a diminuire ulteriormente man mano che, si spera, migliori il sistema di assistenza domiciliare e aumenti l'offerta di posti letto riabilitativi e di RSA: è in questa direzione che si stanno evolvendo i nostri ospedali".

Qual è la media dei tempi d'attesa per un esame o una visita specialistica?
"Siamo in grado di fornire per reali urgenze cliniche qualsiasi prestazione necessaria nelle 72 ore, mentre riusciamo a tenere per la quasi totalità delle prestazioni i tempi regionali, che variano dai 15 ai 45 giorni.
Per ridurre i tempi d'attesa possono coesistere tre strategie:
- aumento dell'offerta con grandi investimenti da parte nostra (in due anni il nostro volume di prestazioni è aumentato del 20% circa), ma ciò, prima o poi, entrerà in contrasto con i limiti finanziari che la Regione ha stabilito per tale funzione;
- gestione di protocolli d'accesso più evoluti per specifiche patologie condivisi con i medici di Medicina generale, di cui a breve inizierà una sperimentazione in provincia di Varese;
- avvio sistematico degli screening di massa che hanno effetto su specifici esami (mammografia, pap test…) la cui autogestione è la principale causa di tempi d'attesa non controllati.

Di recente a tutto il personale è stato distribuito un manuale su "La sicurezza in ospedale, prevenzione e protezione". Con quale scopo? Come è stato accolto dai dipendenti? Ha già sortito dei frutti?
"Lo scopo primario era quello di adempiere al debito informativo previsto dalla normativa di settore, tuttavia si è colta l'opportunità di trasformare un adempimento formale in un elemento di qualità aziendale attraverso la semplificazione, la trasformazione e l'assimilazione responsabile dei contenuti e delle modalità procedurali inerenti la sicurezza. Il manuale è stato diffuso capillarmente ai dipendenti dell'Azienda, sono state già realizzate indagini per la definizione sistematica dei rischi ed iniziative di formazione per i diversi target di operatori. Le prime evidenze sull'accoglienza sono positive, sia all'interno sia all'esterno dell'ospedale, viste le numerose richieste di copie da vari enti. Per noi rappresenta un aspetto dei consistenti investimenti che stiamo facendo nella sicurezza, mossi dalla convinzione che, per la particolarità del nostro impegno, la sicurezza dei cittadini che si affidano a noi sia collegata in modo inestricabile con la sicurezza delle strutture degli operatori".

A Saronno c'è carenza di infermieri, ha denunciato di recente la stampa. L'emergenza infermieristica investe tutti e tre i presidi ospedalieri? Quali soluzioni ha adottato o intende adottare in merito a tale problema?
"La carenza infermieristica ha assunto ormai caratteristiche di estrema gravità su tutto il territorio regionale: tutti i nostri presidi, in misura pressoché sovrapponibile, hanno risentito o risentono della pesante congiuntura. Sono state avviate ripetute iniziative di reclutamento di personale (mobilità e concorsi), che non hanno garantito un numero adeguato di infermieri effettivamente impiegabili. L'attuale dotazione, che permette di controllare l'emergenza, è pur tuttavia soggetta ad elevato turnover (ritorno alle regioni del Sud) e burn-out; tale situazione espone l'Azienda al rischio di imponderabili scoperture di turni e di conseguenti riduzioni di posti letto. Sono allo studio iniziative di attrazione di personale neodiplomato, di personale proveniente da altre Aziende e di incentivazione di quello già immesso in ruolo".

L'afflusso al Pronto Soccorso è molto elevato. L'azienda ospedaliera risponde al problema con il "triage", un sistema per effettuare un filtro nei riguardi dei casi più urgenti. Ci spiega di cosa si tratta, come e se funziona?
"Tutti i nostri Pronto Soccorso hanno adottato sistemi di 'triage' per il governo dell'emergenza-urgenza. La modalità operativa denominata 'triage' si fonda sull'evidenza che nei servizi di emergenza non è possibile adottare criteri cronologici di accesso. Essa consiste nella valutazione immediata, secondo schemi prefissati, degli utenti che si rivolgono ai Pronto Soccorso da parte di personale infermieristico, ed eventualmente medico, specificamente addestrato. In base a questa valutazione preliminare, agli utenti è attribuito un codice-colore corrispondente alla gravità del caso. I codici colore utilizzati, in numero di quattro e di gravità decrescente, sono il rosso, il giallo, il verde ed il bianco. A scopo esemplificativo: se per un codice rosso l'accesso è immediato (estrema urgenza), per un codice bianco (nessuna urgenza) l'utente sarà assoggettato ad una attesa in funzione di utenti con gravità più elevata. Dall'esempio si può intuire come alcuni accessi ai Pronto Soccorso con codici di bass
a gravità, possono rappresentare un uso improprio del servizio, visto come scorciatoia rispetto al medico di medicina generale od alla prestazione ambulatoriale".

05/17/2001

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