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Energia, il costo non scenderà senza nuove centrali

Dall'esperienza della scorsa estate, il parere di un esperto di energia, sulla situazione del mercato energetico italiano, in attesa della completa liberalizzazione del mercato.

Ad ormai quattro anni dalla liberalizzazione del settore elettrico gli assetti e le modalità di funzionamento del mercato elettrico rimangono ancora largamente indefiniti.
Una prima conseguenza di questo perdurante stato di incertezza si è avuta nell'estate scorsa con il clamoroso infortunio in cui è occorso il Gestore delle Rete (GRTN) con il black out del 26 giugno. Un black out legato, in quel caso, esclusivamente ad insufficienze ed errori gestionali, non ad una effettiva indisponibilità di potenza: basti dire che quel giorno vi erano diversi impianti fermi, ma che potevano essere chiamati in servizio e, inoltre, che sarebbe stato possibile acquistare energia dall'estero per colmare il deficit di produzione interna. Nulla di questo è stato fatto.
L'estate 2003 ci consegna tre ammonimenti:

  1. il GRTN non è oggi in grado di gestire con sicurezza il dispacciamento dell'energia e quindi la programmazione delle immissioni in rete (un sistema liberalizzato richiede un più sofisticato ed efficiente sistema di regolazione di un sistema monopolistico con un solo operatore che si autoregola);
  2. nel breve periodo vi è un problema di scarsità di potenza e dunque occorrono nuovi impianti di produzione (nel breve periodo perché vi sono diverse centrali dell'Enel sotto ambientalizzazione e con il loro rientro in esercizio il problema in termini di volumi di energia disponibile si ridimensiona notevolmente);
  3. la curva dei consumi si è sensibilmente modificata con il passar degli anni, per cui non è più vero che in estate i consumi crollano: la diffusione del condizionamento, legato sia al maggior benessere, sia alla diffusione dell'informatica (i PC soffrono il caldo come gli umani), lo scaglionamento delle ferie fanno sì che ormai a luglio i consumi raggiungano gli stessi livelli di dicembre e gennaio (in alcune città come Roma è da tre anni ormai che la punta è a luglio e non a dicembre) e non ha quindi più alcun senso una struttura tariffaria che penalizza i consumi invernali e promuove quelli estivi.
E' in questo scenario che si colloca il procedere della liberalizzazione, secondo la nuova direttiva europea: dal 1 luglio 2004 diverranno consumatori idonei tutti i soggetti con partita IVA (75% dei consumi) e dal 1 luglio 2007 anche le famiglie diverranno libere di scegliere il proprio fornitore.
Mercato libero non vuol però dire automaticamente discesa dei prezzi. In Italia la liberalizzazione del mercato si è accompagnata ad una fideistica attesa di costi più bassi dell'energia elettrica, ignorando che il divario tra i prezzi italiani e quelli del resto d'Europa non dipendeva soltanto dalla struttura monopolistica del mercato, ma anzitutto dal diverso mix dei combustibili e dal basso livello d'efficienza del nostro parco elettrico.
Mentre nell'Europa centro-settentrionale e in Spagna mediamente l'80% della produzione elettrica viene dal nucleare e dal carbone, in Italia non abbiamo il nucleare e con il carbone produciamo meno del 10% della nostra energia.
Olio e gas sono i ben più cari combustibili italiani, bruciati oltretutto in centrali obsolete, con un rendimento medio inferiore al 40% (quando le moderne tecnologie danno rendimenti del 55-56%).
I primi anni di mercato libero hanno invero consentito una decisa diminuzione dei costi dell'energia: l'esperienza del Consorzio Energi.Va, promosso dall'Unione Industriali di Varese, è quanto mai significativa al riguardo. Il 2000, primo anno di liberalizzazione, si chiuse con un risparmio superiore al 15% rispetto al vincolato, percentuale che però venne progressivamente a ridursi negli anni successivi e che è inevitabilmente destinata a scendere ancora nella prospettiva del 2004. Ora non è che il Consorzio non sia più capace di approvvigionarsi con convenienza o che la formula consortile sia superata, perché singolarmente ciascuna impresa finirebbe per pagare di più l'energia.
Semplicemente, da un lato l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha progressivamente ridotto la tariffe del vincolato e, da un altro lato, essendo rigida l'offerta di energia più conveniente (essenzialmente le importazioni e poi l'energia degli impianti in CIP 6 messa in vendita sottocosto dal GRTN), con l'aumentare dei clienti idonei si è via via ridotta la possibilità di ottenere significativi risparmi.
L'Autorità stima che nel 2004 il divario tra tariffe del vincolato e prezzi del mercato libero non superi il 2% ed all'ampliarsi del mercato libero anche questo delta verrà a scomparire e molti analisti scommettono che al 2005-2006 i prezzi sul libero saranno più alti che sul vincolato, anche se in termini assoluti i prezzi dovrebbero scendere per il ridursi tendenziale del costo del greggio (a cui è ancorato il metano).
Soltanto la costruzione di nuove centrali a più alto rendimento potrà ridurre il divario tra il prezzo dell'energia italiana e quella europea (elemento che penalizza la competitività delle nostre imprese), ma se non riemerge una cultura dello sviluppo e se continua ad affermarsi la logica che gli americani chiamano del “NIMBY” (vedi articolo precedente, ndr), per la quale ogni comune è favorevole ad una centrale, purché sia realizzata altrove, non sarà certo sufficiente la liberalizzazione del mercato per avere energia a più basso costo e quindi recupero di competitività per l'industria italiana.

09/25/0099

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