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Sparito negli anni Ottanta, lo storico liquore TIM prova a ritrovare spazio sul mercato dopo i successi riscontrati come prodotto di “beneficienza”. Una storia di impresa che racconta l’ambizione di una nuova generazione di far risorgere il sogno dei propri genitori e nonni  

Tra i clienti più prestigiosi c’era una volta anche il Vaticano. Verso la fine degli anni Settanta un furgone delle Premiate Distillerie TIM scendeva da Cardano al Campo a Roma fendendo la nebbia della pianura padana, valicava gli Appennini e consegnava i bancali allo spaccio interno delle mura leonine: “Alla guida del furgone c’ero io, appena patentato, con mio fratello Vittorio e la zia Rachele accanto – sorride al ricordo Alberto Annoni, 58 anni, padre di Ilaria, la giovane imprenditrice varesina che ha deciso di rilanciare il glorioso liquore di famiglia –. Fatta la consegna pernottavamo dalle suore e il giorno dopo, prima di ripartire per Varese, non poteva mancare la visita ai musei vaticani”. Sono i ricordi di un passato che potrebbe presto ritornare, ora che il celebre liquore TIM è di nuovo sul mercato. É ricavato dal Thymus Serpyllum, una varietà di timo dall’intenso profumo che cresce spontaneamente sui terreni sabbiosi e soleggiati delle Prealpi varesine. Il suo segreto sta nella sapiente miscelazione del timo con l’aromatica china calissaia e nel tocco speziato, caldo e avvolgente della cannella. Il profumo agrumato dell’infuso di arancia, la nota amara del caffè tostato e il retrogusto stuzzicante del lampone completano il piccolo capolavoro. Un caleidoscopio di colori, aromi e sapori. La ricetta nasce intorno al 1900. Il pioniere Angelo Colombo fonda la distilleria omonima a Cardano al Campo. Attinge a vecchie ricette di erbe officinali scritte graffiando con l’inchiostro le pagine di sbiaditi quaderni trovati in soffitta, distilla le vinacce, le trasforma in grappa e “pasticcia” in laboratorio, inventa, sperimenta. È l’inizio di un sogno. 

I primi anni del secolo a Varese risplendono di esuberante vitalità, il liberty impazza grazie alla mente creativa dell’architetto Giuseppe Sommaruga e alle abili mani di Alessandro Mazzucotelli, il re del ferro battuto. Nascono i grandi alberghi e la funicolare, la gente ha voglia di divertirsi e sale in carrozza al Sacro Monte, gioca a tennis, punta sulle corse all’ippodromo fianco a fianco con il re e la regina e la sera si ritrova al teatro Sociale ad applaudire le anteprime della Scala di Milano. 
I viveur tirano al piattello e giocano d’azzardo al Kursaal, i locali pubblici fanno affari d’oro e tra sciroppi, kummel, archibus, millefiori e altri arcaici distillati, Angelo inventa la gazzosa “con la balèta”, non alcolica, per tutti. Il prodotto di punta è però il liquore TIM creato da un enologo del lago di Varese che lascia macerare i fiori di timo serpillo in una soluzione idroalcolica e ottiene uno “spirit” deciso di 35 gradi. Il gusto è suadente al palato, il profumo intenso avvolge il naso, le sfumature ambrate soddisfano la vista. E aiuta la digestione. Un bicchierino dopo pranzo ti fa sentire bene, più leggero. Il figlio di Angelo, Vittorio, se ne innamora e lo porta in azienda. Il liquore s’inserisce presto tra i nettari varesini di successo con l’Anesone Triduo della Distilleria Groppelli, il tamarindo Brusa, la peperita Bajoni, l’Amaro Piatti e la grappa Rossi d’Angera. Tutti gioielli dell’arte liquoristica dell’epoca. 

Si tratta di un liquore ricavato dal Thymus Serpyllum, una varietà di timo dall’intenso profumo che cresce spontaneamente sui terreni sabbiosi e soleggiati delle Prealpi varesine. Una ricetta nata nel 1900

Nel 1948 l’azienda si trasforma e Vittorio con la moglie Angelina amplia la distilleria, sistema il laboratorio e la linea di imbottigliamento, rinnova gli uffici ed ingrandisce il magazzino. Alla tradizionale lavorazione delle vinacce aggiunge nuovi tipi di acquavite tra cui la grappa Stravecchia “dal collo storto”, un’originale bottiglia con l’imboccatura curva che invoglia al consumo. 
Nel 1969 i figli di Vittorio, Anita e Angelo, arricchiscono il catalogo con l’Amaro LEM a ricordo della missione spaziale che per la prima volta porta gli uomini sulla Luna, gli statunitensi Neil Armstrong e Buzz Aldrin, a bordo del modulo di escursione lunare, il Lem appunto, mentre un terzo astronauta, Michael Collins, li attende in orbita al posto di comando. Nei primi anni Settanta nasce la vodka al limone Timbo, ma dopo mezzo secolo di attività, nel 1985 la famiglia Colombo e le Distillerie TIM abbassano la saracinesca. Il mercato langue, non è abbastanza ricettivo.

Il resto è storia recente. Nel 2003 la nonna Anita (che oggi ha 93 anni) si offre di sostenere con i figli Alberto e Vittorio un’iniziativa benefica a favore della cooperativa “Il Seme Onlus” che si occupa di accoglienza ai disabili. Con questo intento la famiglia fa produrre 1.500 bottiglie di liquore TIM che la comunità di Cardano acquista con generose offerte per pagare un ascensore da installare nella comunità-alloggio. Il miracolo si ripete nel 2015 con la vendita di un nuovo lotto di bottiglie per acquistare un ascensore da donare al CRS, il nuovo Centro Riabilitativo Semiresidenziale per bambini e adolescenti fino a sedici anni con disabilità.

A fine 2017 arriva la rinascita definitiva. Banco di prova, a Natale, le enoteche e i ristoranti del basso Varesotto: “Abbiamo prodotto 2.000 litri di liquore TIM, 3.000 bottiglie da 700 ml e la risposta è stata ottima - spiega Ilaria Annoni, 20 anni, rappresentante della quinta generazione della famiglia -. Il TIM è nato come digestivo dopopasto di lusso, da dessert, si gusta liscio o con ghiaccio ed è ottimo come punch. Ma ha grandi doti di mixabilità e si presta a creare gustosi cocktail nelle mani di abili bartender come i nostri Matteo Russo, allievo di Massimo Stronati e Mike Gheraldini, presidente della Barman School di Oleggio e Cardano al Campo”.  Ilaria, iscritta all’Università Iulm di Milano, frequenta il corso di comunicazione, media, pubblicità e sta svolgendo uno stage in un’agenzia pubblicitaria di Gallarate per la quale cura le attività social. “Non sono un’esperta degustatrice . confessa -. Il mio compito è curare la comunicazione e le relazioni pubbliche, conosco l’inglese e lo spagnolo e per il resto ci siamo divisi i compiti in famiglia. Mio padre Alberto pensa alla produzione, mamma Paola è contabile e mio fratello Simone studia amministrazione, finanza e marketing all’istituto Enrico Tosi di Busto Arsizio in vista del futuro inserimento in azienda. Abbiamo appena iniziato e dobbiamo prima di tutto far sapere alla gente che siamo tornati. Più avanti vorremmo provare a spingerci oltre la provincia”.

Il liquore è prodotto da La Valdòtaine di Saint Marcel, una distilleria di montagna specializzata in grappe e liquori d’erbe. Ma la storia e il valore imprenditoriale del marchio sono tutti varesini.  “Il futuro? Siamo ancora troppo piccoli per rimetterci a produrre nella sede originaria - conclude la giovanissima e brillante comunicatrice - servono macchinari e spazi. Un domani vedremo, chissà, se la cosa è possibile. Sarebbe bello anche riscoprire altri prodotti di famiglia come la grappa dal collo storto e l’amaro LEM. I ricettari sono al sicuro nel cassetto e possiamo farlo in qualunque momento”. La sfida è lanciata. I varesini intanto possono gustare l’ultracentenario vanto della casa. 



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