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In un rapporto Univa, LIUC e SpiPower spiegano dati alla mano come l'industria prealpina possa risparmiare 11,2 mln di euro in energia

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia il primo combustibile a disposizione dello sviluppo economico è quello risparmiato, quello che le imprese riusciranno in futuro a non consumare. Ciò che gli esperti chiamano efficienza energetica. Un tema all’ordine del giorno della competitività del sistema produttivo manifatturiero al quale è stato dedicato il rapporto “L’efficienza energetica: casi ed esperienze”, curato dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, dalla LIUC – Università Cattaneo, da Spi Power (divisione energia della società di servizi alle imprese SPI – Servizi & Promozioni Industriali Srl) e con la partecipazione di Confindustria e Regione Lombardia.

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Lo studio è stato svolto su 125 siti produttivi di 84 imprese di 7 diversi settori delle province di Varese, Como e Lecco

Uno studio che, per la prima volta, mette nero su bianco quanto le imprese della fascia prealpina di Varese, Como e Lecco possono risparmiare attraverso un uso più razionale dell’energia. Ossia attraverso quell’efficienza energetica definita nel rapporto come “la capacità di un’azienda di usare meno energia a parità di produzione finale”. Per dare una misura di tali benefici sono stati effettuati degli audit energetici su 125 siti produttivi riconducibili a 84 imprese appartenenti a 7 diversi settori merceologici, che producono in totale ricavi per 5,7 miliardi di euro e un valore aggiunto di 1,2 miliardi. Risultato: è stato calcolato che con investimenti pari ad un valore assoluto di 27,4 milioni di euro totali, queste aziende potrebbero ottenere risparmi per 11,2 milioni di euro all’anno. Tradotto: le risorse messe a budget per la propria efficienza energetica verrebbero ripagate in poco più di due anni, con risparmi secchi già a partire dal terzo anno. Quando investire, conviene, insomma. Questo in termini strettamente economici. Ma il rapporto calcola il risparmio che i siti produttivi analizzati potrebbero ottenere anche in termini energetici: 13.600 di TEP (Tonnellate di Petrolio Equivalente) consumate in meno, pari a 46 GWh di energia elettrica e 4,9 Ml m3 di gas.

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“In un momento storico in cui sono state ormai probabilmente raggiunte le quotazioni minime delle commodities, come il gas metano e l’energia elettrica - commenta il Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Riccardo Comerio - ottimizzare i prezzi di contratti di fornitura, su cui tra l’altro pesa un carico fiscale tra i più alti d’Europa, non è più sufficiente. Per incidere sui costi e sulla competitività aziendali occorre consumare di meno”.

Sistemi di illuminazione, perdite d’aria compressa, interventi di processo, inverter… mettendo sul piatto 27,4 mln le aziende rientrerebbero dall’investimento in poco più di 2 anni

Sì, ma come? Il rapporto analizza in concreto i vantaggi che deriverebbero per i 125 siti produttivi del campione dagli investimenti in inverter, in motori ad alta efficienza, in caricabatterie, in nuovi sistemi di illuminazione (che mediamente coprono il 15% del fabbisogno energetico di una fabbrica), in coibentazione (per ridurre le dissipazioni termiche), in impianti di cogenerazione, in recuperi termici, in interventi di processo e altri interventi come quelli sui combustori rigenerativi, sui trasformatori, sugli  alimentatori e sulle perdite di azoto. Senza dimenticare il nervo scoperto di molte imprese, quello dei compressori. Una voce spesso sottovalutata, ma per il sistema industriale estremamente importante. Basti pensare che la produzione di aria compressa assorbe circa l’11% dell’energia totale delle aziende italiane. Non solo, di tutti i costi sostenuti per un compressore nell’arco del suo ciclo di vita, il 70% è dovuto al consumo di energia. E, se si considera, che dopo 5 anni di utilizzo, per un impianto di aria compressa, le perdite di rete possono superare il 20% del consumo totale di aria, si può ben capire quanto sia importante intervenire con sistemi più moderni, che ricadono alla voce “Air Leak”.

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“Nei settori energivori - spiega il Rettore della LIUC – Università Cattaneo, Federico Visconti – l’incidenza dei costi di energia sui ricavi di vendita è rilevante, lo zero virgola pesa e tutto ciò che può contribuire al miglioramento delle performance (economiche ma anche a livello di sostenibilità) è utile e necessario”.

L'investimento nei sistemi di illuminazione ha un tempo di pay back stimato di 3,2 anni

L’intervento nei sistemi di illuminazione è quello ritenuto più necessario e consigliato a quasi tutti gli stabilimenti oggetto della ricerca: 110 su 125. Il tempo di pay back medio è stimato intorno ai 3,2 anni, ma varia da settore a settore. Si va dai 2,3 anni del tessile, ai 3,8 del metalmeccanico. Le imprese di quest’ultimo settore, con investimenti totali di 2,3 milioni di euro risparmierebbero ogni anno 615mila euro, quelle del tessile arriverebbero a risparmi di 456mila euro annui, mettendo sul piatto poco più di 1 milioni di euro. Quelle della gomma-plastica con 572mila euro, risparmierebbero 220mila euro ogni 12 mesi. Secondo intervento in graduatoria consigliato alle imprese è quello sulle perdite di area compressa “Air Leak”: 101 i casi dove i ricercatori hanno reputato necessario un investimento in questo senso, che si ripagherebbe mediamente in meno di 6 mesi. Qui l’effetto moltiplicatore è lampante: le 46 aziende metalmeccaniche dove è stato suggerito l’investimento, con lo stanziamento di 306mila euro totali, otterrebbero risparmi annui pari a 800mila euro. Altro investimento di cui avrebbero bisogno i capannoni industriali prealpini è, secondo il rapporto, anche quello riguardante gli interventi di processo, come il monitoraggio dei consumi elettrici, la riduzione della pressione nel circuito di aria compresa o l’ottimizzazione della rete elettrica, della centrale termica, delle condense e della centrale frigorifera. A questa voce il payback medio stimato è fissato a 1,7 anni. Per esempio, nelle 4 aziende del settore alimentare dove sarebbe necessario intervenire, un investimento totale di 207mila euro comporterebbe risparmi annui di 73mila euro. Di 76mila euro annui quelle per le 13 aziende chimiche che dovrebbero tutte insieme investire 143 mila euro.

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Il rapporto contiene anche analisi distinte per singoli settori

Per numero di aziende analizzate, i tre settori più rappresentati nel rapporto sono quelli metalmeccanico, tessile e della gomma-plastica (all’interno della pubblicazione sono comunque consultabili i risultati su tutti i comparti analizzati ndr). Per quanto riguarda il settore metalmeccanico i 53 siti produttivi dove sono entrati i ricercatori potrebbero, con investimenti di 10 milioni di euro, risparmiare 4,3 milioni all’anno, pari a 5.750 TEP (Tonnellate di Petrolio Equivalente). Ciò puntando soprattutto su perdite “Air Leak”, sistemi di illuminazione, inverter, motori ad alta efficienza, interventi di processo sulla rete elettrica. Nel tessile con 6,5 milioni di euro investiti i 26 siti produttivi analizzati potrebbero risparmiare 2,8 milioni di euro all’anno, pari a 3.200 TEP. Qui la fiches dovrebbe essere messa su sistemi di illuminazione, perdite “Air Leak”, motori ad alta efficienza, inverter, coibentazioni. Infine, i 19 siti produttivi della gomma-plastica che, con interventi più o meno simili a quelli dei colleghi del settore metalmeccanico, potrebbero risparmiare 1,4 milioni all’anno, con quasi 2,9 milioni di investimenti.

Una fotografia locale che, per l'area analizzata ad alta vocazione manifatturiera, ha implicazioni per tutto il tessuto produttivo nazionale

Da una parte una densità manifatturiera di 5,9 imprese per chilometro quadrato, contro una media nazionale di 1,7 e un valore aggiunto industriale che rappresenta il 28% del totale locale. Dall’altro una media di 10 addetti per impresa nel comparto manifatturiero. Dati, quelli del contesto industriale prealpino delle province di Varese, Como e Lecco, oggetto del rapporto, che fanno di questo territorio uno spaccato particolarmente rappresentativo se si vogliono studiare i comportamenti energetici del tipico tessuto manifatturiero italiano. Da qui, secondo i ricercatori, il valore dello studio che travalica gli stretti confini all’interno dei quali si è svolta l’indagine. “Il sistema produttivo lombardo - commenta nella prefazione l’Assessore di Regione Lombardia all’Ambiente, Energia e Sviluppo Sostenibile, Claudia Maria Terzi – rappresenta uno dei più sviluppati in Europa e può assumere un valore di guida per l’intero Paese”. Le fa eco, sempre nell’introduzione del rapporto, il Presidente del Gruppo Tecnico Energia di Confindustria, Giuseppe Pasini: “Il nostro Paese rappresenta uno dei più grandi produttori manifatturieri europei. Questa condizione ci pone in una posizione privilegiata per valorizzare le opportunità della green economy”. Di più: “Oltre il 22% dell’industria nazionale - prosegue Pasini - ha investito, negli ultimi anni, in tecnologie green. L’Italia è, in particolare, uno dei Pesi con il maggiore sviluppo di efficienza energetica”.

Riassumendo ecco i link utili per approfondire il tema:



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