“Pensare il mondo come un insieme di oggetti sembra funzionare sempre meno. Un oggetto esiste come nodo di un insieme di interazioni, di relazioni”. Lo spazio digitale, secondo il fisico Carlo Rovelli, ridisegna il mondo reale sulla base delle relazioni, sociali ed economiche. Le persone si connettono alle varie piattaforme informatiche per incontrarsi, discutere e fare acquisti. Stabiliscono legami, compiono transazioni commerciali, in alcuni casi scelgono i loro leader politici. E se gli oggetti esistono in quanto espressione di relazioni, allora noi siamo ciò che connettiamo. L’ultimo lembo di quella "no man's land" che separava il virtuale dal reale è quindi sparito con l’avvento dei social network.

Più del 50% dei residenti in provincia di Varese dichiara ormai di effettuare acquisti on line.

L’economia è stata completamente riposizionata nel digitale. Si è generato così un immenso mercato dove le informazioni sulla bontà dei prodotti e dei servizi scambiati circolano in modo virale tra i navigatori, determinando il giudizio, positivo o negativo, sulla reputazione dei produttori. Una mercato a portata di clic che i web shopper italiani, dopo alcune resistenze iniziali, hanno dimostrato di apprezzare. Oggi sono tanti, anzi tantissimi, quelli che acquistano in rete. Nel 2015 hanno toccato quota 17,7 milioni, di cui 11,4 milioni considerati abituali. La spesa media è di 950 euro all’anno per un valore totale di beni e servizi acquistati on line pari a 16,6 miliardi di euro, di cui 15 miliardi venduti da siti nostrani. Gli italiani però essendo levantini hanno bisogno di toccare con mano la merce, osservarla da vicino, sentirla tra le dita, fiutarne il profumo e soprattutto fidarsi di chi gliela vende. Ecco perché fino a pochi anni fa, on line si vendevano quasi esclusivamente servizi (biglietti aerei, assicurazioni, spettacoli e vacanze). Una volta capito che della rete ci si poteva fidare, il web shopper italiano ha iniziato ad acquistare anche prodotti. Si tratta per lo più di libri, scarpe, abbigliamento, cibo e informatica. Oggi se ne comprano per 7 miliardi di euro, cioè la metà del totale del fatturato. Nel pieno della crisi, l’e-commerce in Italia è sempre cresciuto a due cifre, opportunità che le Pmi italiane non hanno colto prontamente, considerato che solo il 4% delle imprese vende on line (fonte dati, Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano). In questo passaggio l’efficienza della piattaforme usata è fondamentale. È stato infatti calcolato che una latenza di 100 millisecondi nel caricamento di un sito internet, potrebbe portare a un calo del 10% del fatturato.

Lo sviluppo locale dell’eCommerce è testimoniato anche dagli investimenti sul territorio degli operatori del settore. Come quelli del colosso Amazon, che ha aperto a Origgio un deposito di smistamento, o della gallaratese Eprice

È evidente che il mercato italiano, per chi fa commercio elettronico, ha grandi prospettive di crescita. Se ne è accorto per esempio un marketplace del calibro di Amazon che nel 2016 ha scelto di aprire tre depositi di smistamento: ad Avigliana (Torino), a Porto di Mare (Milano) e lo scorso ottobre a Origgio, in provincia di Varese. Il nuovo punto occupa un’area di ottomila metri quadri e dà lavoro a 20 persone con buone prospettive di crescita, quanto basta per rasserenare gli amministratori locali sul destino dei piccoli negozi di quartiere.
Che l’Italia e in particolare la Lombardia siano strategici per Amazon, lo conferma anche Philippe Hemard, vice presidente europeo di Amazon Logistics che, subito dopo aver messo la bandierina su Origgio ha dichiarato che la nuova apertura serve “per avvicinarci ulteriormente ai nostri clienti e garantire loro un servizio di consegna sempre più rapido e flessibile”.
D’altronde ciò che ha reso famoso Amazon nel mondo è la sua efficienza nel servizio di acquisto e consegna, sicuro, rapido, economico e vantaggioso in ogni situazione, anche nel caso di una eventuale restituzione. E poi c’è la varietà dei prodotti che si possono scegliere in tutta comodità senza spostarsi dalla poltrona di casa. Amazon è il numero uno nell’e-commerce mondiale perché il suo patron, Jeff Bezos, ha reso l’acquisto in rete un fatto piacevole, senza complicazioni e stress. Ma queste sono le stesse ragioni che poi determinano la rottamazione dei negozi sotto casa e delle persone che ci lavorano.

È stato infatti calcolato che una latenza di 100 millisecondi nel caricamento di un sito internet, potrebbe portare a un calo del 10% del fatturato

Secondo una ricerca condotta nel 2015 dall’ufficio studi della Camera di Commercio e basata sui dati Istat, più del 50% dei residenti in provincia di Varese ha comprato merci e servizi on line per uso privato. Una percentuale che giustifica la presenza a Gallarate di un altro importante marketplace, Eprice, marchio di Banzai.it, società quotata in borsa, che ha oltre un milione di prodotti in catalogo. Nel 2009, Eprice è stato il primo operatore in Italia a mettere a disposizione dei clienti negozi fisici, i cosiddetti pick&pay, dove è possibile ritirare e pagare gli ordini effettuati on line. E nel 2014 è stata la volta dei locker, un network di sportelli automatici presso i quali è possibile ritirare  24 ore su 24 i prodotti acquistati tutti i giorni.
Tutto è dunque pensato per soddisfare al meglio il cliente che nella migliore tradizione ha sempre ragione. Invece per i 33 posti di lavoro persi nei negozi tradizionali per ogni dieci milioni di dollari generati dall’e-commerce, nessuno ha ancora trovato una soluzione.

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