“Per il prossimo Varesefocus ti chiediamo un articolo sui gruppi whatsapp in cui sottolinei come stiano diventando un problema per…” Per me, penso. Se scrivo un pezzo sulle chat affermando che sono fastidiose dovrò preoccuparmi bene che non lo leggano nell'ordine: le mamme di terza A, quelle di prima C, la squadra di pallavolo U12 e U14, le mamme del sincro, della ginnastica e del catechismo, i genitori dell'Associazione Genitori, gli amici del mare… No, non sto scherzando: ne ho solo eliminati due o tre all'appello perché non saprei come definirli. Questi sono i gruppi presenti sul mio smartphone senza contare i canali Telegram, in lizza per diventare il mio nuovo amore. Per molte mie conoscenti è lo stesso e la notifica “Sei stato aggiunto a...” è più temibile di una multa per divieto di sosta. Eppure, non scriverò di quanto siano fastidiosi i gruppi di Whatsapp - e non per paura della vendetta della  terza A o della prima C - ma perché non lo penso davvero.
Dal famigerato "13 motivi per cui i gruppi Whatsapp sono il male"di Gaia Berruto su "Wired" a "Contro il registro elettronico e i gruppi whatsapp dei genitori" di Monica D'Ascenzo su "Il sole 24 Ore", i pareri in senso contrario sono tanti, autorevoli e parecchio - mi secca dirlo - fondati.
 

Mamme sempre più chatdipendenti da WhatsApp, tra molti pro e infiniti contro. Per esempio quello di togliere, a suon di messaggi, l’autonomia ai propri figli

“Conversazioni di sole emoji, inviti a matrimoni, dialoghi all’alba. Mai poter comunicare contemporaneamente con tutti i nostri amici è stato così stressante”, scrive la Berruto. “C’è stato un tempo in cui i gruppi ci parvero rivoluzionari. Poter chattare con tutti i nostri amici, senza bisogno di Skype o Msn. Che bella cosa! Poi le cose ci sono sfuggite di mano, la produttività al lavoro è scesa a causa dei continui trilli e abbiamo iniziato a sclerare.” Condivido ovviamente, soprattutto se penso a quei mielosi auguri di Pasqua e Natale ai limiti del kitsch inviati da persone, quelli che la pace nel mondo la valutano in pixel, che se ti incontrano in un bar faticano a mugugnarti un mezzo saluto. O ancora peggio, se penso all'amica che, in vacanza in Australia, crea un gruppo apposta per raccontarti come stanno i canguri: alla mattina, a mezzogiorno e di sera, con rispetto del fuso. O peggio che mai, se penso ai gruppi di 20 persone adulte in cui 2 iniziano a chattare per i fatti loro trascinando tutti in un inutile delirio di assurde notifiche… Certo non posso amare le chat se penso a questo. Vogliamo poi parlare delle chat per le nascite, compleanni e matrimoni? Impossibile non provare un filo di irritazione al 300esimo “congratulazioni”.
 

Per tante donne (molto più che per i papà) la notifica “Sei stato aggiunto a...” è più temibile di una multa per divieto di sosta

Sono d'accordo anche con il parere di chi ritiene che per le mamme lo scambio di informazioni digitali sui figli non aiuti la loro autonomia. Un esempio? Noi nell'età dei dinosauri, quando la maestra dettava i compiti, li scrivevamo sul diario e poi li facevamo tranquillamente a casa: oggi i compiti sono una questione di famiglia, ampiamente dibattuta in chat. Se parlate con le altre mamme, meno spesso i papà, vi diranno frasi del tipo “Abbiamo parecchio da studiare” o “Dobbiamo finire il disegno di tecnica” con un malinteso plurale che la dice lunga. Nelle chat dei compiti passano tutte le informazioni, utili o meno, che i figli hanno distrattamente o volutamente trascurato, con il risultato che un semplice “c'è da fare la moltiplicazione n. 7 a pag. 80” diventa un sottinteso “mio figlio non può farcela da solo”, in un batter di tasti. Spesso la catena di paracadute-aiuta-figli nei compiti, nella gestione dell'agenda scolastica o sportiva, si trasforma in un oggettivo ostacolo alla loro crescita autonoma. Piano piano, di messaggio in messaggio, si ingenera l'errata convinzione, che senza questo supporto tecnologico di mamme digital, i nostri figli di qualsiasi età non ce la possano fare, dimenticando che un compito non fatto, sbagliato, una nota o un appuntamento mancato, sono errori utili ed educativi sul cammino della crescita di tutti.
Sono d'accordo, in ultimo, anche con chi disdegna la moda del momento: da grande appassionata di messaggi vocali, sono persino io altrettanto convinta che non entrerebbero d'ufficio nel Saper Vivere di Donna Letizia 2.0. Non c'è nulla di peggio (a meno di aver sbagliato chat) di qualcuno che urla i fatti suoi in un gruppo qualsiasi.                                                                      
Dunque, in mezzo a tanti e tanti altri contro, perché difendo lo strumento? Perché è uno strumento appunto: si può usare bene o male. L'importante è esserne consapevoli. Le chat ci permettono di mantenere legami impossibili, di organizzare progetti inimmaginabili, rafforzare reti, condividere, informare. Vi pare poco? In mano alle mamme, poi, possono diventare strumenti di grandi potere e, del resto, si sa: da grandi poteri derivano grandi responsabilità.



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