Ci sono cose per cui noi italiani siamo riconosciuti nel mondo. Il gusto, l’attenzione al bello, l’occhio per il particolare e la ricerca della qualità fanno parte di noi, sono manifestazioni della nostra cultura e del nostro modo d’essere. Ne troviamo testimonianza nelle opere d’arte, nella ricerca architettonica, e anche nel nostro modo di vestire. Amiamo il “bello e ben fatto” e attraverso il tessile e l’abbigliamento troviamo l’occasione di ideare, disegnare e realizzare cose “belle” da indossare o di cui circondarci. È anche per questa ragione che il settore è diventato un asset per il nostro Paese, una di quelle “produzioni distintive” che fanno la differenza ed aiutano le nostre esportazioni. Tuttavia, i grandi cambiamenti competitivi dell’ultimo decennio, il trascinarsi della lunga crisi economica, il mutamento nei comportamenti di consumo e lo strutturarsi di catene distributive hanno messo duramente alla prova il nostro sistema produttivo tessile. Un sistema caratterizzato dalla presenza di grandi marchi, ma anche, e soprattutto, da un denso tessuto di imprese di piccola e media dimensione che lavorano lungo tutta la filiera, dal monte alla valle per gli uffici stile, per gli editor tessili.

Un settore tradizionale ma che sa essere tecnologico e che deve ripensare la propria strategia distributiva, anche alla luce della sfida lanciata dai nuovi modelli di consumo on line. Ecco una radiografia completa dell’industria del Tessile-Abbigliamento-Calzature. A Varese e non solo

Un iceberg, quello del T.A.C. (Tessile-Abbigliamento-Calzature) che in Italia è composto da 68.000 unità locali e 461.000 addetti e che garantisce un fatturato all’export di circa 48 miliardi di euro.
Proprio per misurare gli effetti di questa trasformazione produttiva, su impulso del Gruppo merceologico “Tessile e Abbigliamento” dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, ormai un anno fa è stata avviata un’analisi per fare la “TAC del T.A.C. - Tessile Abbigliamento Calzature”, a partire dalla realtà del territorio.Si tratta, da un lato, di rinverdire l’esperienza di un progetto precedente (“Grow Up” – analisi di posizionamento competitivo) realizzato più di un decennio fa  in corrispondenza dell’entrata della Cina nel Wto e dall’altro, di capire le nuove dinamiche di trasformazione in atto e, nel contempo, di passare dallo studio alla pratica.

Con queste premesse, l’Ufficio Studi dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese e l’Institute for Entrepreneurship and Competitiveness della LIUC – Università Cattaneo (nelle persone di chi scrive, di Giulia Grazioli e di Jessica Giusti) hanno unito le forze nella ricerca di elementi per costruire una proposta. È stata un’esperienza ricca di incontri con le imprese di tutti i livelli della filiera che hanno dimostrato interesse al progetto e grande disponibilità nel raccontarsi e mettersi a confronto.  Questi incontri hanno aiutato ad individuare opportunità e trovare percorsi che magari, i singoli, da soli non avevano la forza o l’azzardo di intraprendere, e per i quali serviva un progetto di sistema più allargato.

Tante le scoperte fatte durante questa esperienza di “consulenza del territorio” i cui risultati, insieme ad una proposta operativa, sono stati presentati insieme al Presidente del Gruppo merceologico dell’Unione Industriali, Piero Sandroni, durante l’Assemblea annuale del settore. Ecco tre piccole-grandi verità emerse.
Il Tessile-Abbigliamento è ancora vivo. Lo dimostra la TAC-Tomografia Assiale Computerizzata che è stata scattata. Il T.A.C., in Italia, ha tanti cuori che battono e disegnano il profilo di altrettante specializzazioni di materia (cotone, lana, seta, lino, sintetica, artificiale, mista, cuoio, pelle) e di lavorazione (tintura nobilitazione, stampa, tessitura, confezione). Uno dei cuori “più caldi” batte proprio nel Varesotto. Già lo sapevamo, diranno alcuni, ma vederlo fotografato in maniera così netta, nonostante questi anni di crisi, è un’altra cosa. Diciamolo.

Il T.A.C. è un settore ad elevato “contenuto tecnologico implicito”. Ben lo sanno i Centri Tecnologici di settore (il territorio ospita un’eccellenza come il Centro Tessile Cotoniero) e gli esperti che si stanno occupando dello sviluppo della Piattaforma Tecnologica nazionale del tessile, tuttavia tale verità ai più non è così evidente. Nell’immaginario collettivo un abito è un bene “semplice” ed il tessuto una lavorazione facilmente replicabile: trama incrociata con ordito. “Cosa vuoi che sia…” E, invece, per arrivare a costruire un capo, per rendere una “mano” di tessuto particolare, per nobilitare, per lavorare e tingere alcune fibre sintetiche, artificiali o miste sono necessari studi, prove, simulazioni al computer e conoscenze di chimica che difficilmente un profano immagina.

Girando tra le imprese ci si accorge che anche un “non colore” come il bianco può declinarsi in decine di sfumature diverse e che la ricetta chimica per tingere il blu che non stinge può essere segreta quanto quella della Coca Cola. Troppo spesso siamo conquistati dall’aspetto “moda” e non arriviamo ad immaginare quanta “ingegneria di tessuto” ci sia dietro le quinte della passerella. Questo settore meriterebbe una campagna di comunicazione del suo valore implicito diretta verso i giovani, nella loro duplice veste di consumatori, spesso  poco consapevoli, e di potenziali lavoratori di un comparto in cui l’Italia e la provincia di Varese hanno ancora molto da dire. Un settore, infine, quello del T.A.C. italiano, che ha vissuto enormi trasformazioni nell’ultimo decennio e che ha pagato, oltre gli effetti della crisi e del cambiamento degli assetti competitivi internazionali, anche quelli legati agli squilibri di forza con la grande distribuzione. Una forma di retail di canale che, appena dieci anni fa, in Italia iniziava a prendere piede e che, progressivamente, ha mandato fuori mercato canali di vendita diretti (dalla merceria alla boutique) che erano più comuni e vicini alla realtà di un tessuto produttivo, quello italiano, composto in larga parte da piccoli produttori molto attenti alla qualità ed un poco meno strutturati sul versante del marketing/distribuzione/vendita/diretta/comunicazione. In questo decennio si è pagata questa differenza di taglia tra canale produttivo e canale distributivo, con uno spostamento dei rapporti di forza a favore di quest’ultimo e con una trasmissione a ritroso degli effetti di squeezing al monte della filiera. Le tre piccole-grandi verità sopra descritte tracciano il profilo di un T.A.C. che ha ancora molto da dire, ma deve nel contempo sapere trasformarsi per cogliere le opportunità di un mercato che cambia, a monte come a valle della filiera. Tra queste vanno tenute in particolare conto le trasformazioni dei modelli di consumo legate all’affermarsi tra i giovani (e oggi si è giovani almeno sino a 40 anni!) dell’acquisto on line. Cosa ne sarà e come si trasformerà nei prossimi dieci anni la catena distributiva? Quali gli effetti della sua smaterializzazione fisica sui produttori anche di piccola taglia?

Quali le opportunità di collaborare nel monte della produzione per produrre insieme piccoli “sistemi tessili”? Il cambiamento messo in campo dalla nuove tecnologie sta iniettando nuovi  stimoli ed opportunità che prevedibilmente rimetteranno in discussione nuovamente gli equilibri di forza tra produzione e distribuzione. E quindi si creeranno nuove opportunità, per coloro che sapranno rendersi visibili ed imparare a collaborare attraverso le piattaforme social, b2b, b2c, e-scouting. Ancora una volta i giochi competitivi si stanno scompaginando. Il futuro è ancora tutto da immaginare per chi le cose le sa fare. E qui, a Varese, ci stiamo lavorando.



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