Me regordi quand s’eri anmò bagai
E che la vita l’era no rivada
Con tutti i sò ingiustizzi e coi sò guai
A tirà l’innocenza giò de strada,
Che trovavi nagott de bussee bell
Del Santuari cont i so Cappell.

Speri Della Chiesa Jemoli, ovvero il poeta bosino per antonomasia. Il punto di riferimento, la pietra di paragone, il nume tutelare di quanti - e sono più di quelli che si pensa - amano verseggiare in vernacolo varesino. Di lui ricorrono i settant’anni dalla morte, avvenuta nella centrale via Staurenghi 11 a Varese (città dov’era nato quasi ottantadue anni prima) il 9 gennaio 1946. Ricorrenza che ci piace sottolineare su queste pagine anche perché fa quasi pendant con il duecentesimo della elevazione di Varese al rango di Città. Un poeta della sua levatura, capace di toccare le corde più intime del “sentire varesino”, cantore di tante vicende di storia locale piccola e grande, sta bene al fianco delle celebrazioni indette dall’apposito Comitato presieduto da Mauro Della Porta Raffo in seno al Palazzo Comunale. È il nostro modo per omaggiare tanto lo scrittore quanto il capoluogo. Con lui non è difficile, anzi risulta simpatico ed originale riscoprire di persona (o anche solo con la fantasia) i luoghi caratteristici del territorio varesino.

 

 

Settant’anni dalla morte di Speri Della Chiesa Jemoli, duecento dalla “promozione” a città. Due ricorrenze per riscoprire le bellezze del capoluogo e dei suoi dintorni

Abbiamo iniziato con le “Impressioni infantili su alcune Cappelle del Sacro Monte di Varese”, componimento del 1941 in sestine di endecasillabi secondo lo schema metrico della rima alternata per i primi quattro versi e baciata per gli ultimi due. Un classico della letteratura italiana. Così come un classico del turismo varesino è la “cartolina” della Via Sacra, oggi Patrimonio dell’Umanità. Speri s’intrufola nelle scene, dialoga coi personaggi, sogna di farne parte viva per poi concludere a mo’ d’insegnamento:

“E intant sta Umanitaa malzabadada
La va incontra de corsa al so destin
Che l’è quel de vedess mai liberada
Del peccaa ereditari de Cain!
Sperem che ghe provveda el Padreterno
Chè, per nun tant, semm degn de andà a l’inferno!”

Di quarant’anni prima è la posa in opera della statua del Garibaldino in piazza Podestà (oggi è una copia, essendo l’originale nella caserma di piazza Repubblica), cui il poeta dedica la sua “Vision… profetica”:

La posa della stàtoa, inscì bella,
l’era anmò sempre quella:
quel pass innaz… quel gest come de sfida,
quella fiamma in di oeucc, che l’è l’indizzi,
de quand de denter gh’è ona fèd sentida,
che pò menà a qualonque sacrifizzi…

 

 

 

 

“Che trovavi nagott de bussee bell
Del Santuari cont i so Cappell”

Non mancano tanti altri riferimenti alla città, dal lago al Campo dei Fiori ai luoghi della fede e della festa. E poi i dintorni pieni di panorami idilliaci, di natura incontaminata, di aria ancora pura che egli immortala anche in una serie fotografica di straordinaria bellezza. Il poeta varesino ne è deliziato, come leggiamo nella composizione “L’Orsa” del 1931 dedicata alla montagna che sovrasta il paese di Viggiù e ai panorami mozzafiato che ancora fanno bella mostra di sé fra le Prealpi e i laghi:

“A Viggù gh’è anca on’Orsa; sissignor!
Ma l’è minga ona bestia de serralli
(…)
A mezzodì gh’è i primm pian del Viggiutes:
Saltri, Clivi, Cantell, e Bizzaron,
Coi so doss e vallon;
E poeu Malnà e Vares
Cont la cresta del Rosa de luntan
E, de chi, la pianura ver Milan.

A dritta gh’è la sfilza di muntagn
De “Poncion”, del “Monarco, e d’Arcisà
E, girand pussee in là,
Ghè Puntetresa e Agn
Che paren lì de tirasi coi man
Col Mont Carona e el Lagh finnan a Lugan”.

Non fu un poeta qualsiasi, Speri Della Chiesa Jemoli. Fu un Poeta con la maiuscola, capace di cogliere incanti mattutini e tiepidi tramonti della sua amata terra natia, fustigare costumi, denunciare storture pubbliche e private, indagare l’animo umano dei “nostri buoni villici”, titolo della sua opera più importante.


Poesia bosina tra libri e buoni piatti
(rp) Le Edizioni Lativa hanno pubblicato negli anni, anche attraverso la Famiglia Bosina, molta della produzione letteraria di Speri Della Chiesa Jemoli. Ricordiamo almeno “Quel che me pias” per quanto riguarda i soli componimenti in versi e “La pagina d’on album” per l’abbinamento tra versi e fotografie del poeta, ma si tratta davvero soltanto di due titoli fra i tanti. Dalla biblioteca passiamo alla cucina. Altre volte abbiamo fornito indicazioni sui ristoranti della montagna varesina, quella con cui apriamo il servizio di questo numero. Citiamo qui due locali “inediti” per la nostra rivista. Iniziamo con la Trattoria Il Ceppo che si trova in piazzale Pogliaghi, al punto di arrivo della strada che conduce al Sacro Monte; il piccolo chalet che si nota sulla sinistra, affacciato sulla valletta della Rasa, offre un ambiente intimo e piatti semplici ma ricchi di sapore che vanno dagli affettati misti alla polenta in mille varianti, alla pasta fresca fatta in casa, ad un buon ventaglio di vini. Posti a sedere limitati: meglio prenotare allo 0332.225190. A metà strada fra il Santuario e il Museo Pogliaghi, appena discosto dal tratto conclusivo della Via Sacra (via dell’Assunzione) troviamo lo storico Ristorante Milano, che da tre generazioni della famiglia Somaruga propone risotti, tagliolini, gnocchi e una varietà di secondi tra carne e pesce. Risponde allo 0332.227029.

 

 



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