Un valore aggiunto prodotto di 89,9 miliardi che a sua volta genera un effetto moltiplicatore nel Paese in grado di arrivare fino a 250 miliardi di euro, dando lavoro a 1,5 milioni di persone. Ecco i numeri della filiera culturale italiana, che vede Varese al dodicesimo posto per l’impatto del comparto sul totale dell’economia locale

Sembrano trascorsi decenni e invece sono passati solo sette anni da quando, all’allora Ministro Giulio Tremonti, fu attribuita la battuta “con la cultura non si mangia”, rivolta al collega Sandro Bondi, che lamentava i tagli operati a danno del suo dicastero alla Cultura.
Oggi scopriamo invece che con la cultura non solo è possibile mangiare, ma si mangia anche bene. Dati alla mano l’industria culturale e della creatività è uno dei motori trainanti dell’economia italiana e un fattore di competitività del made in Italy. E mentre Varese e la Lombardia non stanno certo a guardare, ci apprestiamo anche a vivere - in questo 2018 - l’anno europeo del patrimonio culturale: un’occasione in più per riflettere sulla ricchezza del nostro Paese. Inoltre se il punto di partenza è quello dei numeri, non possiamo non considerare che le imprese di questo settore parlano anche di innovazione tecnologica e sociale, di recupero di centri urbani e spazi dismessi e spostano l’attenzione sulla dimensione dello sviluppo e della qualità di vita. 

La fotografia 
I numeri per raccontare il settore arrivano dal Rapporto 2017 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, con la collaborazione e il sostegno della Regione Marche e di Sida Group. Come si legge nel rapporto, il sistema produttivo culturale e creativo, fatto da imprese, Pubblica Amministrazione e non profit, genera 89,9 miliardi di euro e dà lavoro a 1,5 milioni di persone (quasi 22mila unità in più del 2015), che rappresentano il 6% del totale degli occupati in Italia. Esso inoltre “attiva” altri comparti: il suo effetto moltiplicatore sul resto dell’economia è pari a 1,8: in altre parole, per ogni euro prodotto in ambito culturale, se ne attivano 1,8 in altri settori. Ciò significa che gli 89,9 miliardi generati dalle attività culturali italiane ne “stimolano” altri 160, per arrivare a quei 250 miliardi prodotti dall’intera filiera, il 16,7% del valore aggiunto nazionale, col turismo come principale beneficiario di questo effetto volano. Inoltre nel complesso quello produttivo culturale e creativo è un sistema con il segno più: nel 2016 ha prodotto un valore aggiunto superiore rispetto all’anno precedente (+1,8%), sostenuto da un analogo aumento dell’occupazione (+1,5%). Crescite lievemente superiori a quelle relative al complesso dell’economia (+1,5% di valore aggiunto e +1,3% di occupazione).

Quello culturale e creativo è un sistema in crescita: nel 2016 il suo valore aggiunto ha messo a segno un +1,8% e l’occupazione un +1,5%. Trend leggermente superiori alla media nazionale

Lombardia e Varese
Secondo i dati del rapporto Symbola la Lombardia è seconda solo al Lazio per peso del settore sia in termini di imprese attive (7,2%) che di occupati. La cultura è sotto la lente anche di Lombardia Speciale, sistema di comunicazione web di Regione Lombardia, che ci dice che il sistema culturale lombardo vale un quarto di quello nazionale. La cultura pesa per 23,4 miliardi di euro nella nostra regione e conta 345mila addetti (pari al 23% degli occupati totali). Il 29 maggio 2017 Regione Lombardia ha dato avvio inoltre all’anno della cultura che si chiuderà il 29 maggio di quest’anno: nell’arco di questi 12 mesi si è snodato un ricco programma di manifestazioni, mostre, festival, eventi e iniziative: il tutto è stato pensato come opportunità per i cittadini e i turisti di scoprire l’ampia offerta culturale lombarda e per gli operatori del settore di collaborare con le istituzioni per creare sinergie per lo sviluppo dei territori.
Varese in tutto questo dove si colloca? Al dodicesimo posto a livello nazionale per il ruolo del settore rispetto al sistema produttivo locale. Altri dettagli ce li danno i dati elaborati dall’Ufficio studi e statistica della Camera di Commercio di Varese partendo da un rapporto Unioncamere: il sistema cultura&creatività targato Varese rappresenta il 7,3% del tessuto produttivo locale e conta 5.441 imprese, per un valore aggiunto pari a oltre un miliardo di euro. 

Il sistema cultura&creatività targato Varese rappresenta il 7,3% del tessuto produttivo locale e conta 5.441 imprese, per un valore aggiunto pari a oltre un miliardo di euro

Un mondo ricco, complesso e innovativo
Ma cosa sta dentro all’insieme delle imprese culturali e creative? Guardandole da vicino ci si rende conto che esse comprendono tutte le attività economiche che producono beni e servizi culturali, ma anche le attività che non producono beni o servizi strettamente culturali e che però utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti. Gli esperti parlano di cinque macro settori: le industrie creative (architettura, comunicazione, design), le industrie culturali propriamente dette (cinema, editoria, videogiochi, software, musica e stampa), il patrimonio storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), le performing arts e arti visive a cui si aggiungono le imprese creative-driven ovvero quelle che utilizzano in maniera strutturale professioni culturali e creative, come la manifattura evoluta e l’artigianato artistico. 
Un insieme eterogeneo e complesso che al suo interno racchiude poi aspetti e attenzioni differenti. Basti pensare al solo patrimonio storico-artistico dove alle attività di conservazione si affiancano quelle della fruizione, ma anche a tutto il complesso mondo del design che è trasversale a tanti altri settori produttivi. In tutti i casi si tratta di ambiti nei quali l’utilizzo delle tecnologie, e quindi l’innovazione, giocano oggi un ruolo di primissimo piano: basti pensare a come è cambiata e sta cambiando ancora la fruizione di spazi museali, mostre e aree espositive grazie all’utilizzo della tecnologia, ma anche al ruolo che essa gioca nel campo dell’editoria e del cinema. E poi non mancano esempi in cui l’azione di imprese culturali si è legata al recupero di spazi dismessi e alla creazione di luoghi che siano punto di incontro per i cittadini: un esempio su tutti è quello della Fondazione Feltrinelli a Milano, che tra i suoi obiettivi ha la realizzazione di un nuovo centro culturale urbano e di aggregazione culturale della comunità. 
Bastano queste caratteristiche, di innovazione e socializzazione, a far comprendere come il settore rappresenti un grandissimo patrimonio non solo dal punto di vista economico. Laddove le iniziative culturali si moltiplicano, crescono anche le possibilità di creare relazioni, offrire occasioni di socializzazione alle diverse fasce di età e contribuire a garantire una maggiore qualità della vita. 

Il 2018 è l’anno europeo del patrimonio culturale

Anche le istituzioni europee guardano con interesse alle industrie culturali e creative, non solo perché considerate un fattore di competitività, ma anche per il loro potenziale in termini di creazione di occupazione e di forte legame con l’innovazione. Una prova di ciò arriva dal Libro Verde dedicato proprio a questo settore e messo nero su bianco nel 2010 con lo scopo di stimolare un dibattito sulle condizioni che possono accrescere lo sviluppo di questo tipo di imprese. L’attenzione è stata richiamata su diversi fronti, che vanno dalla formazione di figure professionali ad hoc fino alla questione dell’accesso al credito. Sotto quest’ultimo profilo una risposta è data dai programmi europei di finanziamento che - durante il periodo di programmazione 2014-2020 - potranno contribuire allo sviluppo dell’industria creativa. Si tratta di Europa Creativa, Erasmus+, Horizon 2020, Cosme a cui si aggiungono gli interventi realizzabili mediante i Fondi strutturali. Inoltre la Commissione europea e il Fondo europeo per gli investimenti (Fei) hanno lanciato, un sistema di garanzia di 121 milioni di euro per sostenere le piccole e medie imprese nei settori culturali e creativi.
Ma la cultura non è solo una questione economica ed è per questo che il 2018 è stato proclamato Anno europeo del patrimonio culturale con l’obiettivo, come si legge nelle motivazioni, di “mettere in luce la ricchezza del patrimonio culturale europeo, dimostrando il suo ruolo nel promuovere un senso condiviso d’identità e nel costruire il futuro dell’Europa”. 

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