Il Museo del Tessile di Busto Arsizio.jpg

Sponsorizzazioni pure, accordi di programma, sponsor tecnici: ecco come nuove forme di alleanza pubblico-privato potrebbero rendere finanziariamente sostenibile la valorizzazione della cultura in città come Busto Arsizio dove il legame tra imprenditoria e patrimonio artistico è sempre stato molto forte

‘‘Busto Arsizio ha bisogno di un nuovo Rinascimento basato su un rinnovato mecenatismo in grado di rinsaldare quel legame che il nostro patrimonio artistico e culturale ha con la propria imprenditoria”. Manuela Maffioli è da pochi mesi Assessore alla Cultura di una città che forse più di altre nella sua storia ha visto crescere il proprio humus culturale in maniera proporzionale alla crescita economica e manifatturiera delle imprese dell’area. Forse è anche per questo che Maffioli nel suo assessorato incorpora le deleghe all’identità, al commercio, all’industria e all’artigianato. Attività imprenditoriali da una parte, quelle artistiche e culturali dall’altra.

Come a dire: tutto a Busto Arsizio nasce dall’industria e all’industria riporta.  Ne è un esempio quel Museo del Tessile che dimostra come il rumore dei telai abbia scandito ogni aspetto della vita bustocca. Anche quella legata ai monumenti. “La struttura, però, - racconta Maffioli - non ha un sistema di allarme esterno, né un sistema di videocamere interno”. Ecco dunque un esempio concreto di come l’imprenditoria potrebbe essere utile nella pratica alla crescita culturale. “Non chiediamo per forza risorse finanziarie o donazioni. Ma si potrebbe pensare ad una partnership con un’azienda produttrice di tali sistemi di sicurezza che potrebbe dotare il nostro Museo del Tessile della rete di allarme necessaria, a cui daremmo evidenza con la giusta comunicazione e visibilità”. Un intervento a fondo perduto, che va sotto la definizione di sponsor tecnico e che potrebbe togliere il freno alla possibilità della struttura di accogliere eventi e mostre di prestigio.

“Ad oggi questo - spiega l’Assessore - non è possibile. Senza un sistema di sorveglianza come possiamo ospitare opere importanti da mettere in mostra? E, anche qualora ci riuscissimo, i premi assicurativi da pagare sarebbero altissimi e renderebbero diseconomica qualsiasi iniziativa”. In questo modo l’intervento privato di uno sponsor tecnico risolverebbe sia il problema contingente della mancanza di un sistema di protezione del patrimonio artistico e storico, sia quello di lungo periodo legato ai costi di gestione. La situazione del Museo del Tessile è in parte condivisa anche da Palazzo Marliani-Cicogna sede della biblioteca comunale e delle civiche raccolte d’arte, “dotato sì, di un impianto di videosorveglianza interno, ma con un sistema di allarme non funzionante, sul quale non riusciamo a intervenire, in assenza di risorse”, spiega l’assessore. Il problema sta proprio qui: rendere finanziariamente sostenibile la cultura e lo sfruttamento dell’arte. Trasformando la cultura in un settore capace di fare da leva di sviluppo per la città. Per riuscirci servono iniziative di qualità, recuperi di veri e propri gioielli architettonici (spesso legati al liberty), creazione di spazi moderni adatti alle nuove tecnologie di fruizione dell’arte. 

Tra le priorità c’è quella di dotare il Museo del Tessile e Palazzo Marliani-Cicogna di sistemi di allarme e videosorveglianza in grado di ridimensionare i costi dell’organizzazione di eventi tramite l’abbassamento dei premi assicurativi

La sfida è ardua. E a budget la cultura può contare a Busto Arsizio, sesta città della Lombardia, su risorse per centinaia di migliaia di euro all’anno. Evidente che per alzare l’asticella delle ambizioni serva un’alleanza pubblico-privata. “Potremmo fare grandi cose”, racconta ancora Manuela Maffioli: “Pensiamo solo al liberty bustocco, degno per valore dei più grandi centri europei. Il recupero di veri e propri gioielli della città ci permetterebbe di entrare in un progetto Ue di valorizzazione del liberty capace di creare un vero e proprio indotto turistico”. Le potenzialità, insomma ci sono. “Gli interventi che richiedono idee come questa, però, sono progettualità dall’investimento a sei zeri”.

La scommessa, dunque, non può che essere quella di mettere intorno ad un tavolo più soggetti e creare una sorta di alleanza pubblico-privata. Le forme possono essere le più varie. Sponsorizzazioni tecniche, appunto. Ma anche sponsor puri o accordi di programma. “Oggi per un’Amministrazione come la nostra è impensabile impostare una politica ambiziosa di rilancio culturale senza le giuste sinergie col mondo imprenditoriale. Le risorse su cui possiamo contare da soli sul nostro bilancio non sono più quelle di 15 anni fa. E la cultura non è la sola voce a cui dobbiamo pensare soprattutto di fronte alle difficoltà sociali emerse dopo anni di crisi economica”.

Quello che però Maffioli chiede al sistema delle imprese non è un puro gesto di carità: “L’investimento nella cultura non è un vuoto a perdere. Ciò su cui dobbiamo lavorare è un progetto in grado di fare da motore di sviluppo per tutta la città. Che crei posti di lavoro nel breve con gli interventi edilizi necessari e un vero e proprio indotto con basi solide nel lungo periodo”. L’appello, così come la sfida, è dunque lanciato. Un banco di prova che Busto Arsizio condivide con altre realtà della provincia. A partire dalla vicina Gallarate: “Le corse solitarie non pagano. Per questo stiamo ragionando insieme all’Amministrazione gallaratese sulle possibili sinergie da mettere in rete. Il Ma*Ga (Museo d’Arte Moderna di Gallarate) da una parte e il Baff (Busto Arsizio Film Festival) dall’altra, per esempio”. 

Di fronte alla scarsità di risorse l’unica opzione è fare sistema, con alleanze sovra-comunali. Con la consapevolezza, chiosa l’Assessore Maffioli, che “investire nella cultura vuol dire innanzitutto combattere il degrado”. Non solo delle menti. 

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