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L’eruzione di quello di Agung sull’Isola di Bali ha riacceso i riflettori sulle zone rosse del pianeta dove il magma non smette di minacciare ampie comunità. Ma la facile associazione in Italia con l’Etna e il Vesuvio non deve far perdere di vista la minaccia dei Campi Flegrei 

Fiumi di ceneri miste ad acqua, eruzioni di polveri che si innalzano anche per migliaia di metri verso il cielo, aria irrespirabile: è questo il mondo che si è creato attorno al vulcano Agung sull’Isola di Bali, in Indonesia, che con i suoi 3.142 metri costituisce anche il punto più alto dell’isola. Su uno dei suoi versanti, circa 2.000 metri più in basso dalla cima, sorge uno dei templi più importanti dell’isola, il Tempio Madre di Besakih. Difficile dire fin quando l’eruzione continuerà e quanto diverrà imponente, quel che è certo purtroppo è il fatto che oltre 140.000 persone hanno dovuto lasciare le loro case e i loro beni senza sapere quando potranno tornare e soprattutto se ritroveranno ciò che hanno costruito oppure se le polveri e le ceneri avranno coperto il tutto. Bali ci sembra lontana e l’eruzione fa notizia solo quando diventa imponente, poi, per noi tutti, i riflettori si spengono.

Eppure quel che sta succedendo laggiù non è un fatto unico e del tutto lontano dalla nostra realtà. Agung è solo uno delle decine di vulcani attivi o pronti per entrare in attività del nostro pianeta. Dall’Islanda all’Africa Centrale, dall’America meridionale all’Indonesia, a far da crocevia ci sono anche i vulcani italiani che sono considerati tra i più pericolosi al mondo. A tutti viene in mente il Vesuvio, ma se questi fa paura ancora peggio sono i Campi Flegrei. Recenti ricerche hanno dimostrato che sono ricoperti da uno strato di rocce che possiede uno spessore di circa 1 o 2 chilometri. Questo tappo fa si che il magma sottostante, nel costante tentativo di risalire verso l’esterno, si sia spostato lateralmente ed ora si troverebbe sotto la città di Pozzuoli ad una profondità di circa 4 chilometri. Ma non è escluso che altre camere magmatiche si trovino da altre parti, magari anche proprio sotto Napoli. A questa conclusione è giunto un gruppo di ricerca che fa capo a Luca De Siena dell’Università di Aberdeen, con il quale hanno collaborato l’Osservatorio Vesuviano Ingv, il laboratorio Rissc dell’Università degli Studi di Napoli e l’Università del Texas ad Austin. 

Per capire cosa significhi tutto questo dobbiamo fare un passo indietro. è noto che la caldera (una caldera è un avvallamento del suolo che si verifica quando un vulcano ha emesso grandi quantità di lave e altro materiale) dei Campi Flegrei è inquieta da oltre 65 anni, un periodo durante il quale sono stati registrati numerosi sollevamenti e abbassamenti del suolo e terremoti locali. I primi movimenti di questa fase si ebbero negli anni ‘50, poi negli anni ‘70 e ‘80, quando i fenomeni furono particolarmente intensi, tanto che nel 1970 e nel 1983 si arrivò a evacuare decine di migliaia di persone. Recentemente il vulcano è stato dichiarato in “allerta giallo”, una situazione che richiede una particolare attenzione da parte dei ricercatori che ne studiano il comportamento. Ma al momento manca un dato importante: dove si trova esattamente la camera magmatica? è proprio sotto la caldera principale o si trova da qualche altra parte? Il lavoro di De Siena risponde, almeno in parte, alla domanda: la camera magmatica si trova sotto Pozzuoli perché lo spessore di rocce sottostanti la caldera ha fatto sfogare gli stress del magma lateralmente ad essa. “La camera magmatica che abbiamo messo in luce però, potrebbe non essere la principale - spiega il vulcanologo - in quanto un’altra di maggiori dimensioni potrebbe trovarsi a maggiore profondità”. 
De Siena paragona la situazione sotto i Campi Flegrei ad una pentola in ebollizione, dove le bolle potrebbero esplodere qua e là. Certo è che se una camera magmatica trovasse sfogo verso l’alto, il numero di persone da evacuare non si conterebbero a centinaia di migliaia, ma a milioni e solo questo sarebbe una vera catastrofe. 

La caldera (avvallamento del suolo che si verifica quando un vulcano ha emesso grandi quantità di lava) dei Campi Flegrei è inquieta da oltre 65 anni, un periodo durante il quale sono stati registrati numerosi sollevamenti e abbassamenti del suolo e terremoti locali

Ma al di là dell’Italia, c’è il Giappone in apprensione per il vulcano Sakurajima, già in eruzione, ma che potrebbe dare vita a esplosioni catastrofiche per la regione circostante. E poi il Monte Merapi, in Indonesia, che presenta segni di prossima attività, dove attorno ad esso vivono migliaia di persone. Ma c’è anche il Nyiragongo, in Congo, dove all’interno del cono vulcanico c’è un vero lago di magma e il Galeras in Colombia, il più attivo del Paese e così imprevedibile che durante l’eruzione del 1993 morirono sei vulcanologi che lo tenevano sotto controllo. E si potrebbe continuare a lungo, ma forse vale la pena concludere con l’allarme dato dai vulcanologi per il Bardarbunga, un vulcano islandese.  Ha iniziato a dare segni di attività con lunghi sciami di terremoti a partire dal 2015 e secondo Páll Einarsson, geologo dell’Università dell’Islanda, i terremoti sono il sintomo di un progressivo accumulo di pressione nella sua camera magmatica.

Anche se non è possibile dire con precisione quando entrerà in attività, un’eruzione sembra scontata. è un vulcano che si trova sotto i ghiacci e questo porta alla memoria quel che avvenne nel 2010 quando entrò in attività l’Eyjafjallajökull, un altro vulcano subglaciale, la cui eruzione mise in ginocchio il traffico aereo dell’intera Europa. E insieme al Bardarbunga ci sono anche il Grímsvötn, l’Hekla e il Katla, a far impensierire i vulcanologi, in quanto stanno tutti manifestando tremori. 

C’è un volto positivo in tutto questo però, il fatto che se un pianeta possiede vulcani attivi significa che il pianeta stesso è vivo. Mondi dove i vulcani sono spenti, come Marte o Mercurio sono pianeti morti dove non esiste vita evoluta.  



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