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Quella del volo legata ai luoghi dove si sviluppò l’epopea dei pionieri del cielo dei Caproni. Quella legata all’archeologia della civiltà dei “golasecchiani”. La seconda puntata del tour di Varesefocus sulle sponde del Ticino è come un tuffo nel passato

Vizzola Ticino è la nuova destinazione del tour che, come Varesefocus, proponiamo ai nostri lettori per andare alla riscoperta dei luoghi legati al fiume Ticino. Dopo aver lasciato Somma Lombardo ed Arsago Seprio, raccontati nello scorso numero (Varesefocus 1/2018), il percorso continua col più piccolo comune del Parco del Ticino: un borgo molto antico, come documentano resti archeologici di epoca diversa. Nel secolo scorso ha conosciuto una certa notorietà grazie a Gianni Caproni Conte di Taliedo che a Vizzola Ticino fondò nel 1910 la sua importante industria aeronautica. Contemporaneamente, sempre qui, il fratello di Gianni, Federico Caproni, iniziò una significativa opera di bonifica consistente nel trasformare la brughiera che caratterizzava il territorio circostante in area coltivabile. Il terreno infatti presentava un sottosuolo per lo più ciottoloso con uno strato molto sottile di terra coltivabile, dagli scarsi risultati. Avviata la bonifica, Federico Caproni realizzò una moderna azienda agricola con una varietà di coltivazioni ed allevamenti di bestiame, tra cui le bufale, già presenti nell’area nel periodo longobardo e diede vita ad una fitta colonia agricola di circa 20 ettari.

Di probabile etnia celtica, le popolazioni della civiltà di Golasecca si sono sovrapposte senza conflitti a quelle palafitticole: si ritiene che svolgessero commerci con i popoli celtici transalpini attraverso i transiti tra il Ticino e il Verbano

All’interno di questa vasta area coltivata, in posizione dominante, si può ammirare la sontuosa dimora del conte Caproni costruita negli anni Venti del Novecento in stile liberty, con accanto la chiesetta-oratorio del 1774. Oggi è diventato l’Hotel Villa Malpensa, un elegantissimo palazzo dal colore tenue, tinta originale dell’epoca, come anche la struttura del parco secolare. Il visitatore viene accolto all’ingresso da un portico con colonne in ghisa e con pensilina in ferro battuto: quest’ultima sul frontespizio riporta un caprone rampante, blasone della famiglia a cui Gabriele d’Annunzio dedicò il motto “Senza cozzar dirocco” per le epiche imprese degli aeroplani Caproni. All’interno il “Salone degli Affreschi” riproduce in originale la “sala reale” ex sala d’aspetto dei Reali d’Italia della vecchia stazione centrale di Milano, impreziosita da stucchi e rilievi con dorature in oro zecchino e con la volta affrescata nel 1933 dall’artista G.B. Jemoli raffigurante alcuni momenti della vita agreste e politica della comunità di Vizzola Ticino. Poco distante, sempre nella storica Bonifica, di fronte all’Hotel Villa Malpensa si trova Villa Caproni, altra residenza della famiglia Caproni. Le sue sale conservano pareti e soffitti a cassettoni decorati da raffinati affreschi e pavimenti originali del Settecento. In una cornice unica e spettacolare, fatta di piante secolari e ampie ramificazione delle acque del Ticino, Villa Caproni è interessante location per matrimoni ed eventi (www.villacaproni.it).

Gianni Caproni, Conte di Taliedo, fondò nel 1910 a Vizzola Ticino la sua importante industria aeronautica, pietra angolare dello sviluppo del settore in tutto il Paese

Nell’area delle storiche Officine Aeronautiche Caproni è possibile, inoltre, visitare il Parco e Museo del Volo di Volandia, una delle realtà museali inerenti il volo e la sua storia più interessanti ed importanti in Italia, di cui Varesefocus si è più volte occupato. L’itinerario continua alla volta di Golasecca. Il paese è ricordato principalmente perché si trova al centro di una zona archeologica che dà il nome all’omonima cultura (la Cultura di Golasecca, per l’appunto), coincidente con la prima età del Ferro (IX-V secolo a. C.). Si tratta di una cultura che si è insediata nel I millennio a. C. con una significativa densità di centri abitati e necropoli sulle rive del Ticino.  Di probabile etnia celtica, le popolazioni della civiltà di Golasecca si sono sovrapposte senza conflitti a quelle palafitticole; si ritiene che svolgessero commerci con i popoli celtici transalpini attraverso l’esistenza di transiti molto antichi tra il Ticino e il Verbano, in contatto anche con le culture evolute dell’Italia meridionale e soprattutto con gli etruschi presenti nella Pianura Padana. Le principali notizie provengono dalla scoperta delle loro necropoli avvenuta nel corso dell’Ottocento: i golasecchiani praticavano la cremazione dei defunti, le cui ceneri venivano raccolte in urne poste in tombe formate da lastroni di pietra, di solito corredate da oggetti del defunto come ornamenti o utensili. Tali tombe potevano essere delimitate e segnalate all’esterno grazie alla presenza di “cromlech”, recinti circolari di grosse pietre, talora preceduti da due filari paralleli come a Monsorino. All’interno del Parco del Ticino si sviluppa il sentiero del Monsorino, sull’omonima collina morenica tra Sesto Calende e Golasecca, un percorso che permette di conoscere questa area archeologica attraversando a piedi i boschi della zona e giungendo al sito archeologico della necropoli dove sono visibili le pietre che indicavano le antiche tombe. Presso l’Antiquarium del Municipio di Golasecca sono inoltre esposti parte dei reperti di questa civiltà, come ciste litiche ed olle fittili, a cui sono anche dedicate sezioni nei musei archeologici di Varese, Sesto Calende, Milano.

 

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