Cos’è l’Industria 4.0? Cos’è l’advanced manufacturing? Perché il futuro di tutto il sistema manifatturiero si gioca sul fronte dell’Internet delle cose? Varesefocus prova a rispondere a queste domande riproponendo ampi stralci della prolusione del professor Armando Brandolese, durante l’inaugurazione dell’anno accademico della LIUC – Università Cattaneo. Un testo che si fa manifesto lanciando una sfida a tutte le imprese, anche le Pmi

 

Mi sembra importante partire dall’assunto, che spero sia da tutti condiviso, che l’Italia – guardando ai decenni futuri – non può fare a meno di avere un settore di industrie manifatturiere ampio e competitivo, settore che per tutta la seconda metà del XX secolo ha rappresentato una delle più potenti spinte allo sviluppo del nostro Paese.

Questa affermazione discende innanzitutto dall’ovvia necessità di salvaguardare e, se possibile, aumentare i milioni di posti di lavoro che il settore manifatturiero assicura a tutt’oggi, ma – immediatamente dopo, e soprattutto – dalla considerazione che il manufacturing è fondamentale per assicurare il mantenimento della capacità innovativa di prodotto, che sola può garantire lo sviluppo industriale nel medio-lungo termine. […]

“Mentre fino a pochi anni fa l’innovazione nasceva nel mondo industriale e poi passava al mondo Consumer, ora con la diffusione delle App sta accadendo il contrario”

Su questo tema si è consolidata negli Stati Uniti una importante linea di pensiero che va dall’ormai classico studio di Pisano e Shih del 2009 ‘L’urgenza di ritrovare la competitività perduta’ (in cui si legge: “Nel lungo periodo un'economia priva dell'infrastruttura per attività avanzate di fabbricazione e di ingegneria dei processi perde la capacità di innovare”), al documento ufficiale del 2011 del Council of Advisors on Science and Technology, di cui si ricorda una delle affermazioni principali: “Un forte settore manifatturiero che sviluppi nuove tecnologie è vitale per assicurare il mantenimento della leadership degli Stati Uniti nell’innovazione, a causa delle sinergie che nascono collocando i processi produttivi e le attività di progettazione gli uni a fianco delle altre”.  […]

Ma cosa vuol dire, ‘oggi’ innovazione di processo? Cos’è realmente, ‘oggi’, l’advanced manufacturing, cosa si intende con ‘Industria 4.0’ o Quarta Rivoluzione industriale? […]

Oggi si parla di ‘Quarta’ rivoluzione industriale, basata 1) sulla connessione in rete di sistemi fisici e digitali, 2) su adattamenti in real-time alle condizioni di contesto, 3) su analisi complesse dei cosiddetti Big Data, cioè sulla politica aziendale di analisi dei dati, che - aggregando e interpretando le proprie informazioni - migliora il grado di fidelizzazione dei clienti.

Le tecnologie abilitanti sono i robot collaborativi interconnessi e rapidamente programmabili, le stampanti in 3D connesse a software di sviluppo digitali per l’additive manufacturing, la realtà aumentata a supporto dei processi produttivi, la gestione di elevate quantità di dati su sistemi aperti, l’integrazione di informazioni lungo la catena del valore dai fornitori al consumatore, la sicurezza dei dati durante le operazioni in rete e sui sistemi aperti, la simulazione tra macchine interconnesse per ottimizzare i processi.

Come indicato nella ‘Presentazione del Piano Nazionale Industria 4.0’, tenutasi a Milano il 21 settembre, i driver dello sviluppo sono dunque, principalmente, la connettività, la disponibilità dei dati, l’aumento della potenza di calcolo e di analisi.  […]

Una riflessione personale: mentre fino a pochi anni fa l’innovazione nasceva nel mondo industriale e poi passava al mondo Consumer, ora con la diffusione delle App sta accadendo il contrario: Amazon ci sta abituando alla riduzione dei tempi  di risposta e alla personalizzazione: in sintesi, si sta consolidando il detto ‘five day car’. La riduzione dei tempi di risposta favorirà - unita alla riduzione del gap del costo di manodopera tra Occidente e Oriente (il costo della MdO cinese rispetto a quello degli USA è passato dal 3% al 17% dal 2000 al 2015) -  anche il reshoring.

Fin qui abbiamo volato un po’ alto, abbiamo parlato dei benefici in astratto, senza tener conto delle specificità della singola impresa e della realtà italiana, fatta prevalentemente di piccole e medie imprese. […]

“L’effetto moltiplicatore - soprattutto nei confronti delle Pmi - si ha se il tema esce dal tavolo del dibattito per addetti ai lavori per diventare patrimonio collettivo”

Abbiamo un tessuto industriale composto da Pmi che rappresentano un elemento di valore e positività. Ma che contengono anche un forte rischio, che si annida nel  digital divide. Così come esiste un digital divide a livello individuale – e mi riferisco alla differente dimestichezza e abilità nell’uso delle tecnologie digitali dei giovani rispetto alla popolazione più matura –, così le grandi imprese con risorse e competenze potranno sfruttare le potenzialità dell’innovazione tecnologica digitale mentre le Pmi rischiano di rimanere indietro. E restare indietro significa rimanere fuori perché non essere connessi equivale a rimanere esclusi dal business e dalle supply chain globali. Bisogna trasmettere con forza il messaggio che è necessario, vitale, connettersi e ridurre i rischi del digital divide. Anche il Segretario confederale della Cisl Gianluigi Petteni ha di recente affermato: “Il nostro è un Paese con tante Pmi e non possiamo fare camminare il rilancio della manifattura solo sui grandi; sarà decisiva la capacità di trasferimento tecnologico verso le piccole e medie imprese”.

In alcuni imprenditori ho recentemente riscontrato il timore di ricadere nella trappola di inizio degli anni duemila, quando le aspettative di aumento della produttività derivanti dall’adozione dei sistemi gestionali ERP si sono poi infrante contro alti investimenti e forti revisioni dell’organizzazione aziendale che ha dovuto essere adattata al sistema informativo stesso. Questa volta non dovrebbe essere così, perché con le attuali tecnologie dell’Internet delle cose, del cloud computing, della sensoristica a basso costo e della connettività delle macchine e dei prodotti è invece possibile pensare ad una adozione incrementale, diluita nel tempo e limitata solo a quelle aree del sistema produttivo in cui l’impatto in termini di aumento della produttività risulti più alto. Questo processo di lenta adozione consente inoltre di aggiustare il tiro sulla base dell’esperienza diretta maturata, evitando quegli errori molto costosi, commessi anche in un passato recente, derivante dalla erronea implementazione di complessi sistemi informativi: è importante che questa differenza sostanziale rispetto al passato recente venga ben compresa e acquisita. […]

E qui passiamo al ruolo delle Istituzioni e del Governo: certo, il Governo deve intervenire, e mettere a disposizione risorse. Il Piano Nazionale Industria 4.0 presentato a Milano prevede appunto investimenti in tecnologie innovative e agevolazioni sugli investimenti privati.

Ma l’effetto moltiplicatore - soprattutto nei confronti delle Pmi - si ha se il tema esce dal tavolo del dibattito per addetti ai lavori per diventare patrimonio collettivo. […]

Qui diventa essenziale il ruolo dei mezzi di comunicazione, ma soprattutto delle Scuole e delle Università. […]

“Occorre credere nella collaborazione e nel lavoro di squadra, aver fiducia negli altri e valorizzare tutti i contributi: anche  su questi aspetti le Università possono giocare un ruolo importante”

E’ molto interessante, in proposito, riprendere un passaggio del Ministro Carlo Calenda su ‘Corriere Innovazione’ del 20 ottobre: “Industria 4.0 presuppone una nuova ‘architettura’ di fabbrica in cui i sistemi produttivi e di controllo saranno capaci di rispondere rapidamente e in modo flessibile ed efficiente ai cambiamenti e alle sollecitazioni del mercato, minimizzando sprechi ed errori e accelerando il time to market”: Perfetto! I Corsi di laurea in Ingegneria - soprattutto quelli di Ingegneria Gestionale, ma anche quelli di Ingegneria Meccanica e di Ingegneria dell’Automazione industriale - da tre decenni insegnano in modo approfondito queste cose, a cui adesso si aggiungono le opportunità derivanti dalla messa in rete dei sensori e dalla capacità di elaborazione distribuita (il superammortamento previsto dal Piano sarà esteso alle piattaforme, al software, ai sistemi informatici e alle applicazioni). […]

E’ importante formare i nostri giovani - è questo il ruolo delle Università -, capire quanto sta succedendo nel mondo industriale e della tecnologia, per poi coglierne tutte le opportunità, ricordando che occorre saper guardare nel lungo termine, ma anche saper cogliere i sintomi di cambiamento, e - come detto - analizzare e modellizzare i fenomeni, misurare le principali variabili dei fenomeni stessi; ma poi - siccome sono necessarie competenze diverse - occorre credere nella collaborazione e nel lavoro di squadra, aver fiducia negli altri e valorizzare tutti i contributi: anche  su questi aspetti le Università possono giocare un ruolo importante attraverso i lavori di gruppo, le tesi di laurea a più mani, le ricerche interdisciplinari. […]

Mi piace concludere con quanto scriveva Darwin più di 150 anni fa nella sua famosa opera ‘L’origine delle specie’: “Quelle che sopravvivono non sono le specie più forti, né le più intelligenti, ma quelle che reagiscono meglio ai cambiamenti”: le Università sono uno dei pilastri indispensabili per procedere con successo sulla via del cambiamento.

 

Per approfondire:

Scarica la prolusione completa

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