Il suo house horgan si chiama 82 come il numero atomico del piombo, ma il Cobat, Consorzio  Nazionale Raccolta e Riciclo, nato nel 1988 come consorzio obbligatorio per il riciclo delle batterie al piombo e trasformato nel 2008 in Consorzio multifiliera per il riciclo di tutte le categorie di pile e accumulatori esausti, per i RAEE e per la gestione indiretta degli pneumatici fuori uso, comunica e sensibilizza l’opinione pubblica sull’importanza dell’economia circolare e cioè del recupero del prodotto a fine vita e della sua re-immissione nel mercato, attraverso diversi strumenti.

In molti conoscono l’attività di consorzi nazionali come il Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi (che raggruppa dentro di sé Corepla (Plastica), Comieco (Carta), Coreve (Vetro), Rilegno (legno), CiAl (alluminio), ma esistono anche altri consorzi fondamentali per la gestione di prodotti a fine vita come gli olii esausti, gli accumulatori, i raee, gli pneumatici…. Nell’ambito delle batterie/accumulatori in particolare basta dare qualche dato per avere una chiara visione dell’importanza dell’attività del consorzio: nei primi 25 anni di vita i risultati registrati da Cobat hanno confermato una performance di eccellenza, che afferma l’esperienza italiana come leader in ambito mondiale: una raccolta di 200.000 tonnellate/anno di batterie al piombo esauste, pari a 16.000.000 di pezzi, dati prossimi al 100% dell’immesso al consumo. L’attività del consorzio si può dire che abbia evitato lo sfruttamento di una miniera ipotetica di piombo, lunga 20 km!

È stato necessario un preciso quadro normativo perché si insinuasse nella mente delle persone l’idea di rifiuto come risorsa

E’ stato necessario un preciso quadro normativo perché si insinuasse nella mente delle persone l’idea di rifiuto come risorsa ed è stato nel 1975 con la prima direttiva UE sui rifiuti e il conseguente Decreto 915/82 in Italia, che si iniziò a regolamentare la responsabilità del produttore sul fine vita del prodotto. Per rendere attuabile questa responsabilità venne istituito un contributo ambientale pagato dal produttore per finanziare i Consorzi (come Cobat, Conai e molti altri in base al prodotto), in modo che quest’ultimi si potessero prendere carico della raccolta e dello smaltimento/riciclo dei prodotti, oltre che naturalmente e in maniera fondamentale dell’informazione al consumatore. Il Decreto Ronchi del ’97 ha migliorato e ampliato un decreto legge che lasciava ampi spazi di interpretazione e, successive leggi e decreti, hanno cercato di armonizzare il regolamento sulla responsabilità estesa del produttore per renderlo omogeneo con quello di tutti i paesi dell’Unione Europea.

Se fino alla fine degli anni Ottanta, si disperdevano le batterie delle auto nell’ambiente, sversando l’acido nelle fognature o addirittura usando l’intera batteria come corpo morto per l’ancoraggio delle boe nei porti (l’ intelligente campagna avviata nel 2007 dal titolo “Niente leghe sotto ai mari” ha portato al recupero da parte di sommozzatori di oltre 2 quintali di batterie al piombo esauste dai porti di Lipari, Formia e Pozzuoli), oggi tutti sanno che la batteria al piombo delle auto è un prodotto che va avviato al riciclo: è possibile recuperare sia la componente plastica, sia quella acida solforico ma soprattutto è possibile recuperare il  piombo che costituisce il 60% in peso della batteria ed è un metallo con un valore costantemente quotato ed aggiornato alla borsa di Londra.

Il problema nasce dal momento che, se per l’opinione pubblica un’auto usata non è mai considerata un rifiuto e viene ormai naturalmente avviata al riciclo di ogni componente, così non è per i cosiddetti RAEE, prodotti tecnologici (computer, telefonini, elettrodomestici) che esattamente come avviene per un’automobile possono essere consegnati ai produttori che hanno la responsabilità di gestirne il fine vita. Non sono quindi rifiuti e non vanno in pattumiera. In molti ignorano che il recente Decreto Ministeriale del 2016 ha istituito la regola dell’1 contro 0 e cioè, non solo quando si compra un nuovo elettrodomestico/computer si può “dare dentro” quello vecchio (cosiddetto 1 contro 1) ma se il negozio ha le metrature sufficienti si può portare il vecchio prodotto a fine vita anche senza comprare nulla di nuovo.

L’ultima frontiera su cui si concentrano tantissimi studi in particolare da parte delle case automobilistiche è il riciclo del Litio

L’economia circolare, l’economia del riciclo, ha sempre nuove sfide da affrontare: al momento l’ultima frontiera su cui si concentrano tantissimi studi in particolare da parte delle case automobilistiche è il riciclo del Litio. Con l’avvento delle auto elettriche e i moltissimi incentivi dati all’utilizzo di queste auto o di quelle ibride è facile immaginare che le batterie al piombo, ma anche tutta la complessa meccanica dei motori delle automobili, lasceranno spazio a queste batterie al Litio che già oggi hanno una vita lunga che si aggira sui 10 anni, ma che si portano dietro una pesante problematica: il Litio da solo in natura non esiste. Esistono grandi miniere in Sudamerica dove viene estratto l’ossido di Litio e da cui poi viene utilizzato il Litio per le batterie, al momento non si conosce un processo per riciclare il Litio dalle vecchie batterie ma è facile immaginare che chi per primo riuscirà a trovare il modo, con un’economicità proporzionata allo sforzo, avrà in mano una grande risorsa. Altro che rifiuti.

 

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