Nei ghiacciai di tutto il mondo, da quelli delle nostre Alpi a quelli himalayani fino a quelli andini c’è una memoria del passato racchiusa nelle bollicine d’aria che sono rimaste inglobate nella neve caduta secoli o millenni or sono, una memoria che potrebbe scomparire con la riduzione dei ghiacciai a causa dei mutamenti climatici. Il progetto chiamato “Ice Memory” vuole conservare quella memoria in un luogo sicuro del pianeta, tale da poter essere ancora viva tra 50 o 100 anni. Il progetto prevede di estrarre carote di ghiaccio da numerosi ghiacciai e portarle in un luogo sicuro ove possano conservarsi per molti decenni: l’Antartide. 

La neve contiene bollicine d’aria con informazioni preziose sulle condizioni climatiche e ambientali che si “congelano”  nel momento in cui toccano terra. Ciò fa del ghiaccio delle Alpi una sorta di libro di storia che il progetto “Ice Memory”  vuole salvare dal riscaldamento del pianeta

“Come scienziati sentiamo il dovere di lasciare qualcosa alle generazioni future per estrarre ulteriori e maggiori informazioni dalle ‘carote di ghiaccio’ sul clima del passato rispetto a ciò che riusciamo a fare oggi. Siamo certi infatti, che tra 20 o 50 anni ci saranno nuove tecnologie che riusciranno a indagare meglio le bollicine d’aria presenti all’interno dei ghiacciai del pianeta”. E’ in questo modo che Carlo Barbante, Professore al dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, riassume le finalità del progetto “Ice Memory” che ha preso il via nei mesi scorsi e che terminerà nel 2020. 
Ma per capire al meglio l’iniziativa e cosa si prefigge facciamo un passo indietro. Quando la neve cade in una qualunque parte del pianeta trascina con sé bollicine d’aria al cui interno sono presenti importanti informazioni sulle condizioni climatiche e ambientali di quel momento. Il rapporto tra alcuni tipi di atomi, ad esempio, è in grado di dire qual è la temperatura dell’aria. Spiega Barbante: “Studiando i rapporti isotopici degli atomi di idrogeno e deuterio (gli isotopi sono atomi che possiedono il medesimo numero di protoni, ma diverso numero di neutroni) possiamo risalire ai periodi di temperature più o meno fredde, da quelle calde del Medioevo alle gelide dell’ultima glaciazione”. Le inclusioni di aria possono conservare anche polveri, virus e batteri che aggiungono altre importanti informazioni. Quando la neve raggiunge la terra si trasforma in ghiaccio e conserva al suo interno tali informazioni che possono rimanere “congelate” nei secoli e millenni successivi. Il ghiaccio diventa un libro che ci permette di ricostruire la storia passata del nostro clima e del nostro ambiente. E così da una “carota” di ghiaccio gli scienziati sono in grado di leggere i fogli di quel libro e talora la precisione di ciò che si legge è strabiliante. In alcune “carote”, ad esempio, si è riusciti a risalire alle polveri di eruzioni vulcaniche del passato con una precisione tale da determinare l’esatta data dell’evento. Un caso noto è quello dell’esplosione del Krakatoa, un vulcano indonesiano che diede vita ad una spaventosa eruzione nel 1883. Le polveri rilasciate dall’esplosione sono state ritrovate in “carote” di ghiaccio in Antartide. Ma non è tutto. Nelle carote estratte sulle Alpi si è già riusciti a risalire ai residui degli esperimenti atomici degli Anni Sessanta o alle ricadute di materiale radioattivo risalente all’incidente di Chernobil che si verificò nel 1986. 

Il progetto “Ice Memory” prevede di estrarre carote di ghiaccio da numerosi ghiacciai e portarle in un luogo sicuro ove possano conservarsi per molti decenni: l’Antartide

La memoria di questi avvenimenti e di molti aspetti della storia del nostro pianeta dunque, rimangono nel ghiaccio di ogni montagna della Terra. Oggi, comunque, pur con la strumentazione avanzata dei nostri giorni si arriva fino ad un certo punto nello studio dei residui presenti nel ghiaccio, se in futuro la tecnologia migliorerà si otterranno molte e nuove informazioni. La missione di “Ice Memory” è quella di conservare le carote dei ghiacciai per i tempi a venire ed è per questo che vuole spostarle in Antartide. Lì, a meno di eventi catastrofici, la temperatura dovrebbe rimanere sotto zero per molti secoli a venire e dunque si è pensato di creare una caverna a dieci metri di profondità, non distante dalla base Concordia, dove verranno depositati i “libri del mondo”, le carote di ghiaccio che verranno estratte in diverse parti del pianeta. Il progetto è italo-francese e ha concretamente preso il via quest’anno. Pochi mesi or sono, infatti, il primo gruppo di ricercatori è salito ad oltre 4.000 metri di quota, sul du Dôme, Monte Bianco, dove hanno estratto le prime carote che custodiscono ghiacci formatisi da due secoli a questa parte. Lunghe circa 120-130 centimetri sono state portate in Francia, a Grenoble, dove verranno conservate in appositi frigoriferi fino al 2020 quando sarà pronta la “biblioteca” antartica dove verranno depositate per i decenni e i secoli futuri. Questo lavoro è solo agli inizi, però, in quanto si spera di prelevare molte più carote possibili. Solo nelle nostre Alpi, ad esempio, ci sono ghiacciai che permettono di ricostruire la storia climatica fino ad alcuni millenni or sono, come il Ghiacciaio dell’Ortles e del Colle Gnifetti sul Monte Rosa, “strati di ghiaccio che ci raccontano le condizioni climatiche contemporanee all’uomo di Similaun, che visse circa 6000 anni fa”, spiega Barbante.
Il progetto comunque, non si fermerà alle Alpi, dato che sia Barbante che il collega francese Jerome Chappellaz dell’Università Grenoble Alpes (Francia) hanno già in progetto di prelevare carote anche sugli Appennini e sulle Ande della Bolivia. Spiega Barbante: “Caroteremo l’Illimani (la montagna più alta della Bolivia), ma speriamo che la nostra iniziativa faccia da richiamo a colleghi della Cina e degli Stati Uniti che possano affiancarsi alla nostra ricerca”.  



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