Malnate possiede, per la sua natura geologica, estesi giacimenti di arenaria (localmente detta molera).
Per secoli fu fiorente in questa terra l’industria per l’estrazione e la lavorazione della pietra arenaria. Ne danno valida testimonianza le enormi cave createsi per l’opera di estrazione.
Per dare un’idea dell’importanza di questa industria, basti pensare che nell’anno scolastico 1898-99 la scuola di disegno (post-elementare) di Malnate contava 104 iscritti, di cui 60 erano lavoratori nell’industria arenaria”. 
 
Stipiti, capitelli, davanzali: l’Arte Florale utilizzò spesso l’arenaria, che fra Malnate e Cagno era custodita in enormi cave. Oggi dismesse, ma intatte nel loro fascino vecchio di 25 milioni di anni
Così leggiamo in “Malnate”, volume sulla storia del territorio di confine tra le province di Varese e di Como edito nel 1970. È una storia affascinante e antica, quella che fa da filo conduttore alla nostra gita ad un Monumento Naturale inserito nel Parco locale di interesse sovracomunale Valle del Lanza. E storia sorprendente, anche: le enormi cavità prodotte dall’uomo sono visitabili abbastanza facilmente con accesso da vari punti (meglio se lasciando l’auto al Mulino del Trotto in comune di Cagno, sulle prime colline comasche che delimitano la Valmorea; oppure dal centro di Malnate dopo aver svoltato a sinistra - per chi proviene da Varese - al primo semaforo, proseguendo per via 1° Maggio e poi seguendo le indicazioni).
 
Un tocco di grigio fra l’azzurro e il giallo
Iniziamo, a proposito di sorprese, da qualche cenno di geologia.
Stiamo parlando delle cave, oggi dismesse, ma intatte nella loro maestosità e bellezza fisica, di una roccia antica di 25 milioni di anni che i geologi definiscono “sedimentaria coerente cementata, di formazione miocenica, di colore cinereo chiaro con variazioni azzurrognolo o giallastro, composta da granuli silicei quarzosi e calcarei a cementazione argillosa”.
Bella a vedersi e di facile lavorazione, l’arenaria o molera veniva impiegata soprattutto nell’esecuzione di elementi decorativi - che non di rado riproducevano petali di fiori o rami d’albero - quali stipiti, cornicioni, capitelli, stemmi o davanzali, ma anche per la fabbricazione delle mole necessarie alle operazioni di brillatura del riso. La provincia di Varese abbonda di tali manufatti nelle vecchie ostruzioni signorili o nelle chiese, così che per almeno tre o quattro secoli si poté parlare di un vero e proprio artigianato cui non mancarono le commesse da parte di nobili, borghesi o prelati. Pensò poi la fortuna dello stile architettonico floreale, meglio noto come Liberty e imperante in mezza Europa fra Otto e Novecento, a far conoscere tali decorazioni - e di conseguenza la materia prima con cui venivano modellati - fuori provincia e anche fuori d’Italia.
 
Una gita ad un Monumento Naturale inserito nel Parco locale di interesse sovracomunale Valle del Lanza.  La zona è attraversata dal fiume Lanza e dalla ferrovia della Valmorea, di cui si progetta da qualche anno il ripristino
 
Ricchi giacimenti scavati in diagonale 
“L’estrazione dell’arenaria avveniva operando sui fianchi dei rilievi ricchi di giacimenti, procedendo in diagonale discendente verso l’interno. Per questa ragione ritroviamo altissime aperture di accesso che scemano gradatamente verso l’interno, fino a raggiungere la quota base, soggetta anch’essa ad abbassarsi durante l’opera estrattiva. Man mano che veniva asportato materiale, si rendevano necessari determinati accorgimenti statici. A questo scopo, venivano lasciati pilastri naturali di arenaria”. Gli stessi che consentono al visitatore (in meno di un’ora di facile cammino su sentiero tabellato) di ammirare un’opera che somma il lavoro della natura e quello dell’uomo. La zona è attraversata dal fiume Lanza e dalla ferrovia della Valmorea, di cui si progetta da qualche anno il ripristino. Ma, giusto alla fine o anche all’inizio del nostro percorso alla scoperta della cave di molera, vale una sosta il Mulino del Trotto, manufatto di fine Ottocento alimentato proprio dalle acque del fiume, eecentemente restaurato ed ancora funzionante. 

 

 

 

Castelmagno, bresaola e boccali di birra

Tre locali sperimentatissimi, tutti a Malnate e per tutte le tasche. Arcinoto ai varesini è il Crotto Valtellina, in via Fiume alla Folla di Malnate, che naturalmente propone i piatti tipici della cucina “povera” (si fa per dire) valtellinese, dalla polenta taragna ai pizzoccheri, dagli sciatt alla bresaola e bitto (telefono 0332.427258, chiuso il martedì). Tipico anche il locale. In centro città, via Brusa, è l’Osteria degli Angeli, specializzata anche in piatti privi di glutine (la proprietaria, celiaca a sua volta, è garanzia di sicurezza, in ogni caso l’esercizio è riconosciuto dall’Associazione Italiana Celiaci); in ambiente non troppo grande e tranquillo si gustano gnocchetti oppure risotto al castelmagno e sgogliatine di asparagi, meglio se provenienti dalla vicina Cantello, patria varesotta del prezioso tubero (0332.427614, chiusura il martedì). Per esigenze meno raffinate e minor tempo a disposizione si può andare al Beast Pub di via Madonnina, dove in ambiente giovanile e semplice servono hamburger in tutte le salse, ma anche piatti di carne e affettati, con boccali di birra artigianale a fare non proprio da contorno (329.7652218, apertura solo dal tardo pomeriggio a sera inoltrata).

 



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