Dobbiamo rassegnarci a convivere con tassi vicini allo 0%? La risposta data dagli esperti del Gruppo Generali che hanno incontrato qualche settimana fa i componenti del Consiglio Generale dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese è: sì. Ne è certo, per esempio, Raffaele De Nardo, Relationship Manager di Morgan Stanley Investment Management: “Abituiamoci a minori rendimenti. Nei prossimi 10 anni realizzare il 2-3% con una volatilità del 4-5% rappresenterà un risultato interessante”. Tutto un altro mondo rispetto alle medie a cui abbiamo assistito fino ad oggi dal 2003, visto che alla stessa volatilità si poteva sperare di puntare a livelli intorno al 6%. Ma tant’è. D’altronde i tassi reali sono quelli che sono. Vicini allo zero, appunto. E non solo per effetto del debole ciclo economico e del calo dell’inflazione. Al di là dell’andamento dei prezzi incide la forte volatilità dei mercati e lo stress finanziario.

Il sì all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea ha segnato un’epoca e ora la paura dei mercati è fissa sul cosiddetto “effetto contagio”. E l’Italia è ai primi posti nel ranking di questo rischio secondo Morgan Stanley

“Negli ultimi due anni i mercati si sono focalizzati sempre di più sul rischio politico fatto di populismo e protezionismi crescenti, instabilità come quella a cui assistiamo in Spagna, tensioni tra paesi membri dell’Unione Europea e Area Euro”, spiega Paolo Zanghieri, Senior Economist di Generali Investments. “Dopo la crisi finanziaria l’incertezza politica è cresciuta ed è diventata più volatile”. Secondo Zanghieri, c’è un’eredità della crisi che rappresenta un fardello ancora pesante, fatto “di una sempre maggiore sensibilità alle notizie”. Anche quelle politiche, appunto. “Esistono degli indici utilizzati dagli operatori finanziari - spiega Zanghieri - che calcolano l’incertezza politica basandosi sul numero di volte che la parola ‘instabilità’ appare sulla stampa di un Paese”. Con ripercussioni per tutti. E qui il calendario internazionale, nei prossimi mesi, è da montagne russe: a novembre le elezioni negli Stati Uniti; a dicembre, oltre al referendum costituzionale italiano, è in programma il voto in Spagna e Austria. A marzo andrà alle urne l’Olanda (con gli euroscettici al 30% dei consensi), ad aprile sarà la volta della Francia e ad ottobre 2017 della Germania. Tornate imprevedibili dopo la Brexit. Il sì all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea ha segnato un’epoca e ora la paura dei mercati è fissa sul cosiddetto “effetto contagio”, di cui Morgan Stanley ha stilato un vero e proprio ranking. Misure di inclusività nella Ue, incidenza delle partecipazioni nel debito pubblico, quota di export extra-Ue, peso dei partiti euroscettici: sulla base di questi parametri è stata stilata una classifica dei Paesi con maggiore possibilità di uscita dall’Unione Europea. Il podio spetta a Grecia, Cipro, Austria. E poi a seguire Francia, Olanda e Italia.

Riccardo Comerio: “La sola Brexit rischia di pesare da qui al 2017 100 milioni di mancata crescita di export varesino”

 “Sarà la soluzione politica di lungo termine a determinare l’effetto globale di Brexit - spiega Raffaele De Nardo, di Morgan Stanley - non le misure di breve termine delle banche centrali”. Anche perché, secondo De Nardo, “lo scontento emerso dal referendum potrebbe influenzare le elezioni presidenziali in Usa, e altri voti in Olanda, Francia e Germania e ostacolare processi di riforma in alcuni Stati. L’incertezza politica è il fattore chiave che potrebbe influenzare le variabili globali nel medio termine”. Che intanto si fanno già sentire. Anche sull’export varesino che, secondo gli ultimi dati forniti dallo stesso Ufficio Studi dell’Unione Industriali, è diminuito nel primo semestre del 2016 del 4,3% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. “La sola Brexit rischia di pesare da qui al 2017 100 milioni di mancata crescita di export varesino, secondo le stime dell’Ufficio Studi dell’Unione Industriali”, ricorda il Presidente Riccardo Comerio.

A livello di singoli settori, nei primi sei mesi dell’anno, nel Varesotto a crescere sono stati solo legno (+16,1%), alimentari (+9,9%), carta (+4,2%), plastica-gomma (+2,7%), chimica (+2,2%). In calo tutti gli altri, in primis i mezzi di trasporto (-22%), trainati al ribasso dall’aerospazio. Anche in quest’ultimo caso a pesare è l’assetto internazionale europeo in trasformazione, come spiegato recentemente alla stampa da Angelo Vallerani, Presidente del Lombardia Aerospace Cluster: “Le imprese del settore svolgono da sempre un ruolo strategico non solo per l’economia, ma anche per la sicurezza nazionale. L’aerospazio, in tutto il mondo, è la bandiera del Paese e le logiche di sviluppo del settore rispondono anche a quelle delle alleanze per la nostra sicurezza. In un’Europa  che cambia i suoi confini dopo la Brexit è verosimile che anche gli assi delle alleanze tra Paesi e tra imprese coinvolte nel settore della Difesa possano cambiare, con effetti per il futuro ancora tutti da valutare”.

Non mancano, però, le previsioni positive. Raffaele De Nardo: “Nei prossimi anni ci aspettiamo una crescita globale del 2,9%, sul traino dei mercati emergenti”

Incertezza, dunque, e complessità. Anche se, nonostante tutto, sullo scenario internazionale non mancano comunque dei buoni segnali. Come i tassi di crescita, contenuti, certo, “ma pur sempre positivi”, ricorda l’esperto di Morgan Stanley. E inoltre: “Nei prossimi anni ci aspettiamo una crescita globale del 2,9%, sul traino dei mercati emergenti”. Ma quali? Su che Paesi dovrebbero puntare oggi le imprese, anche quelle varesine? “L’India - suggerisce De Nardo – ha buone prospettive. E poi, per la prima volta dopo molto tempo, come Morgan Stanley abbiamo previsioni positive anche su Brasile e Russia che secondo noi usciranno dalla recessione nel primo trimestre del 2017. E poi ancora, occhi puntati sul Vietnam. Siamo invece negativi sulla Cina avviata verso un rallentamento strutturale della propria crescita”. Altro dato positivo è anche quello dell’indice di volatilità dei mercati, “rientrato abbondantemente sotto i livelli di guardia”, chiosa De Nardo.

Come dire: a dominare oggi l’economia mondiale del dopo-Brexit è la complessità, che, però, può essere gestita con coraggiosa prudenza.

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