A Palazzo Leone da Perego di Legnano trenta opere per raccontare “gli inquieti registri dell’emozione” dell’artista Franco Marrocco

L’artista casertano Franco Marrocco ha portato a Legnano, negli spazi di Palazzo Leone da Perego, dove resteranno fino al 19 novembre, trenta opere, eseguite con tecnica mista su carta o su tela, che sono parte significativa dei suoi ultimi dieci anni di lavoro.

La mostra, dal titolo “L’eco del bosco”, curata da Emma Zanella, direttore del MA*GA di Gallarate, prende nome dal più recente ciclo d’artista firmato dall’autore. Ed è tappa successiva a quella di Spoleto, tenutasi lo scorso inverno, sempre per le cure di Emma Zanella, nelle sale di Palazzo Collicola. La rassegna rivela il percorso di Marrocco che, pur continuando a interessarsi al dipinto e alla figurazione, amplia la sua ricerca tecnica e tematica, spaziando dall’essenzialità del disegno all’impressione fotografica, all’astrazione.

Docente di pittura all’accademia di Belle Arti di Brera, di cui è anche direttore, Marrocco - nato nel 1956 a Rocca D’Evandro - ha espresso negli anni, dopo l’iniziale attenzione per la tradizione realistica, ben documentata nella prima mostra del 1978, una crescente attenzione per “gli inquieti registri dell’emozione”. 
Da Milano a Parigi, da Stoccolma alla Finlandia, dal Palais d’Europe di Strasburgo al Parlamento Europeo a Bruxelles (nel 98), da Vienna (2009) a Los Angeles e al Messico (nel 2014 e 2015): sono solo alcune delle tantissime tappe espositive fuori dai confini nazionali. Ma anche in Italia non si contano le personali e collettive dove l’artista ha portato le sue opere, sempre in dialogo con la propria ricerca e la personale irrequietezza.

La curatrice Emma Zanella: “L’irrequietezza di Franco Marrocco va intesa quale sete di conoscenza, di sperimentazione e di superamento dei confini, che è uno dei tratti distintivi dell’artista”

È la stessa curatrice a spiegare come tale “irrequietezza” vada intesa quale “sete di conoscenza, di sperimentazione e di superamento dei confini, che - aggiunge - mi pare costituisca uno dei tratti distintivi dell’artista, capace di abbandonare negli anni novanta e poi nel nuovo millennio la figurazione iniziale a favore di una drammaticità affidata al colore denso, onirico, avvolgente, quasi psichico e alla spazialità della tela come campo di energia di volta in volta sospesa o dichiaratamente in tensione”.

Apre la mostra di Palazzo Leone da Perego un interessante trittico di disegni, esempio di quel “naturalismo artificiale”, così definito dall’artista perché costituito da un intreccio segnico che delinea, accanto alla riproposizione schematica del fittume naturale, un immaginario bosco di pali e fili elettrici e architetture: giocate queste ultime su geometrie e spazi che compaiono, e scompaiono, nel passaggio dello sguardo da un’opera all’altra. 

Per il critico Martina Corgnati “le tracce sottili, foglie, rami e filamenti che abitano le impalpabili superfici di Franco Marrocco riportano a sensazioni di natura quasi dimenticate, come il colore e quasi il profumo della neve; il tempo che scorre invisibile, trasformando le cose; l’oscurità rossastra del bosco, memorie di antiche inquietudini. L’artista prende posizione a favore di un recupero, etico ed estetico, di una possibilità di poesia, di riflessione e di approfondimento di un linguaggio lento. Un linguaggio, per così dire, capace di attesa, un atteggiamento profondo che non anticipa le decisioni, non vuole alterare, incidere, cambiare le cose, in particolare la natura, ma solo entrare in sintonia, stabilire una relazione intima, segreta, sensibile con gli spazi e la vita circostante”.

Percorrendo le sale, sarà svelato, pur nella sintesi che una mostra di trenta opere impone, il fulcro della ricerca pittorica di Marrocco degli ultimi anni. Uno studio il suo che, giocando tra coperture e disvelamenti del colore, da anni puntava al monocromatismo. Dal blu de “Gli occhi conficcati” (2003-2004), che sembrano percepire in modo tattile la materia liquida, al nero di “Brace” (2004), parole mute da cui emergono le forme descrittive della dilatazione, espansione e contrazione. 

Infine, a sorprendere sono i rossi “drammatici” delle grandi tele di “Tracce” (2007-2008), così definite perché “generano la permanenza di una traccia nella memoria della retina”. 
Ma qui, osserva la curatrice, rispetto ad opere analoghe degli anni precedenti, s’intravvede un maggior controllo dell’arte pittorica, uno sguardo più intimo, una ricerca di introspezione. 

FRANCO MARROCCO. L’ eco del bosco
Palazzo Leone da Perego
via Gilardelli 10, Legnano (Mi)

Dal 24 settembre al 19 novembre 2017
martedì, mercoledì e giovedì 9.00-12.30, sabato 15.00-19.00, domenica e 1 novembre 10.00 -12.30 15.00-19.00
ingresso gratuito 
prenotazione visite guidate gratuite ore 16.00 al tel. 0331 706011/51/52 - cultura.legnano.org

 



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