Nella Galleria punto sull’Arte di Varese le stanze dell’ultimo ciclo pittorico di Matteo Massagrande, uno dei maggiori rappresentanti della nuova figurazione italiana

‘‘Sii interessante, nessun concetto artistico dà il diritto di annoiare gli uomini”. La frase è inchiodata su di una tavola al cavalletto di Matteo Massagrande, artista padovano che predilige la figurazione. Adora la pittura italiana e fiamminga del Rinascimento, ma gli importa ogni arte, o artista che, aldilà delle mode e delle apparenze, sappia dire qualcosa di interessante. 
Soprattutto, sottolinea citando il pittore francese Vuillard, desidera “che la pittura torni ad essere un mestiere difficile”. A inchiodare la tavola sul cavalletto è stata la moglie, la donna che gli ha insegnato ad amare il paesaggio ungaro, tra le preferite fonti di ispirazione paesaggistica di Massagrande: perché, spiega Matteo, il paesaggio ungaro è come un volto, muta a seconda dell’umore.  

Lo ricorda, in una bella intervista, la curatrice della mostra “Di volta in volta”, Alessandra Redaelli: che sottolinea del lavoro espresso dall’artista padovano, presente a Varese fino al 18 novembre alla Galleria punto sull’Arte (unico appuntamento in una galleria in Italia per il 2017), il raffinatissimo gioco di seduzione.  “È la seduzione dei luoghi - spiega Redaelli - che l’artista sceglie pescando nella sua memoria e poi ricostruendo immagini da dentro, senza nessun appiglio fotografico, procedendo per sinapsi e suggestioni. Ed è proprio per questo che le sue stanze non sono mai fredde come un luogo reale, ma calde ed evocative come un non luogo, archetipe, realistiche fino al dettaglio della luce che batte in quel punto preciso, mettendo in risalto un bordo sbeccato, e al tempo stesso oniriche”.

La curatrice della mostra “Di volta in volta”, Alessandra Redaelli: “Le sue stanze non sono mai fredde come un luogo reale, ma calde ed evocative come un non luogo”

Basta osservare le opere in mostra, quindici diverse “visioni” che sanno di intimità antica e di una curiosità malinconica, che odorano di nostalgie d’infanzia e paiono risuonare di passi noti e familiari. 
Basta ancora osservare quelle finestre aperte sulla luce mattinale o serotina, luce pallida di primavera o dorata d’autunno, e quelle fronde e quei rampicanti carichi di foglie e colori e che tutti amiamo, o i particolari, voluti, del damasco consunto, della carta sbiadita alle pareti, ma pur sempre fiorita di tralci e ricordi. E le piastrelle di maiolica o marmo che sfoggiano giochi di geometrie e arabeschi dal sapore bizantino, nascondendo nella luce, assieme al calpestio della consunzione, l’orgoglio della loro interessante storia.

Ma non è nostalgia, quella di Massagrande: è invece amore e narrazione di una storia dell’arte che attraversa, forte e altera, le stanze del mondo e del tempo. E che ancora le abita, sola e incrollabile inquilina di dimore in attesa della rinascita, perché un giorno toccherà anche a loro nuova luce e nuova vita, e altri passi calcheranno quei marmi rinvigoriti. 

Nato a Padova nel 1959, pittore e incisore, profondo conoscitore della storia dell’arte antica e contemporanea, restauratore colto, Massagrande è uno dei maggiori rappresentanti della nuova figurazione italiana. 
A 7 anni aveva già dipinto il suo primo olio, a 13 esponeva in una collettiva, che segna il suo debutto, di pittori trevigiani. Quando iniziò il liceo dipingeva ormai da anni e, di quando in quando, si concedeva fughe a Venezia, per vedere dal vivo i dipinti nelle chiese, nei musei, e nelle gallerie. Alcuni degli insegnanti, ricorda, chiudevano un occhio perché ne avevano già capito le doti. 

Oggi si divide tra Padova e lo studio di Hajòs in Ungheria. E attualmente (fino all’8 aprile 2018) è in mostra presso la Basilica Palladiana di Vicenza in Canto dolente d’amore (l’ultimo giorno di Van Gogh), Sette quadri per un monologo teatrale di Marco Goldin, nell’ambito della importante mostra Van Gogh. Tra il grano e il cielo (2017-2018).
Si ravvisano nelle sue opere rimandi a Simone Martini e alla stagione fiamminga, ma anche a Jackson Pollock e a tanti altri artisti da lui studiati e amati. La curiosità infinita dell’artista, la sua voglia di spostarsi e vedere, di studiare e capire, di provare e riprovare, gli hanno consentito di conoscere l’arte in tutte le sue possibili sfaccettature.

C’è, nei quindici quadri presenti a Varese, la matrice prima di questo ciclo, quella modellata sui ricordi dell’infanzia: e delle stanze della grande villa in cui l’artista abitava da bambino. 
Ma quali che siano le stanze riproposte da Massagrande, sono fissate, lui stesso conferma, non dalla macchina fotografica, piuttosto nella sua formidabile memoria visiva. “La fotografia è un aiuto molto importante per gli artisti di oggi, ma è sempre molto pericoloso usarla, perché è troppo potente per non incatenare la fantasia del pittore. Può servire per osservare i dettagli, o come promemoria, ma non per dipingere. Una volta visto o individuato un luogo, quasi mai mi accontento di com’è, quindi lo modifico, perché riesca ad emanare quella sensazione che ho provato io nel vederlo, che deve essere più vera del reale. Una volta costruito un disegno e trasferito sulla tavola, preparata secondo un rigoroso metodo ideale per la mia pittura (ogni artista dovrebbe avere il proprio, anche a costo di anni di ricerca faticosa), inizio a dipingerlo immaginandolo quasi come un affresco e lavorandolo ‘a giornate’ ”. 

“Spesso decido - aggiunge - di lasciare visibili le giunture tra una giornata e l’altra, poiché esse stesse possono far parte della composizione. Parte fondamentale della creazione dei miei lavori è la costante ricerca della mia tavolozza, che negli anni non è mai rimasta la stessa, ma ha subito un’evoluzione per adeguarsi al mio linguaggio”.  

L’essere flaneur gli ha insegnato fin da piccolo a vagabondare per osservare e memorizzare ogni particolare, sfumatura, luce, tenuità di colore. Dal 1974 inizia a occuparsi anche di attività grafica e porta la sua nuova produzione in tutto il mondo. Interessante al proposito è la mostra del 2017 di Flyng Dreams, a cura di Stamperia d’Arte Albicocco, proposta all’Istituto italiano di Cultura di Melbourne e di Sidney. 

Hanno scritto di lui Marco Goldin, Ermanno Olmi, Enzo Siciliano, Mario Rigoni Stern, Bruce Helander, Anna Szinyei Merse e tanti altri, da ricercare nella sua importante e infinita biografia. Nel dicembre 2011 il New York Times ha dedicato a Massagrande l’apertura dello speciale Arte ed è presente alla 54esima Biennale internazionale di Venezia presso il Padiglione Italia a cura di Vittorio Sgarbi.  

Massagrande, scrive Redaelli, “è pittore del tempo e della luce. Ama la pittura come pochi altri. La coltiva come si coltiva una lingua antica, che non muore mai”. Il perché lo spiega lui: “La mia pittura è molto istintiva, la cultura mi dà i mezzi per esprimerla”. 
Una bella opportunità, dunque, per Varese: incontrare, in una galleria privata legata alla passione e alla lungimiranza di chi la guida, l’umanità saggia e la colta arte di uno tra i protagonisti dell’arte contemporanea in Italia. 

MATTEO MASSAGRANDE: DI VOLTA IN VOLTA
7 ottobre – 18 novembre 2017
Galleria Punto sull’arte
Viale Sant’Antonio 59/61, Varese
E-mail: info@puntosullarte.it  - Tel. 0332 320990
Da martedì a sabato: dalle 10 alle13 e dalle 15 alle 19 - Ingresso libero



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