Nascere all’imbocco della primavera e nello stesso giorno di Johann Sebastian Bach sono segni beneauguranti del destino, specie poi se la ragazza in questione vive per la musica, e nello specifico per il pianoforte, che suona da quando aveva otto anni. Silvia Franzi il 21 marzo ne ha compiuti diciotto e a settembre si diplomerà, ma intanto di strada ne ha già fatta parecchia, tra studio, approfondimento, concorsi e concerti, e l’invito lo scorso aprile a suonare nella Elgar Room, sala multimediale all’interno della storica e prestigiosa Royal Albert Hall di Londra.

Intervista alla giovane (18enne) pianista Silvia Franzi che dopo “soli” 10 anni di studi ha già coronato un sogno: esibirsi nella Elgar Room, dove è arrivata quasi per caso

La vita del concertista è dura e “assoluta”, dipendi dalla tua arte ed è necessaria una totale disciplina, servono ore di studio e molte rinunce, ma al pianoforte non si comanda, questo Silvia l’ha imparato presto, fin dalle prime lezioni al liceo musicale “Riccardo Malipiero” di Varese, allieva di Roberto Bollea, Livia Rigano e Chiara Nicora.

“Per me suonare è un modo di esprimermi, di differenziarmi dalla massa e cercare una mia personale identità. Voglio far capire che la musica è un valore aggiunto, che arricchisce e caratterizza una persona. Il primo contatto con il pianoforte lo ebbi a cinque anni. Mio nonno materno, Aristodemo Castelli, era un buon fisarmonicista e mia madre Alessandra ha studiato pianoforte fino al quinto anno. Il nonno mi insegnò le scale e quando arrivai dal mio primo insegnante, Roberto Bollea, non ero del tutto digiuna. Studiavamo sui due volumi del Bastien, ma lui intuì che avrei potuto fare qualcosa in più, così mi diede da imparare un pezzo di Kabalevskij, ‘Pagliacci’, che portai al saggio di classe”, racconta Silvia, che oggi studia al liceo musicale statale “Alessandro Manzoni” di Varese con Livia Rigano. 

La giovane pianista promette bene, così nel 2009 Silvia entra all’Accademia pianistica “Giovani talenti” di Alzate Brianza, sotto la guida di Claudia Boz, partecipa ai primi concorsi a Tradate e Travedona e, a 11 anni, si iscrive al Concorso Bach di Sestri Levante.

“Devo qualcosa a ognuno dei miei insegnanti. Oggi mi sto perfezionando con Irene Veneziano, che ha un modo di suonare molto fresco e giovane e poi ama sperimentare nuovi brani magari di autori meno noti. Chi fino a oggi mi ha dato di più è stato Roberto Plano, capace di farmi vedere oltre la frase musicale e catturare lo spirito del compositore, mostrarmi il suo inserimento in una determinata epoca storica, ma anche in Marina Scalafiotti, con cui ho fatto lezione di recente, ho trovato la stessa profondità didattica”.

A Londra, Silvia Franzi ha eseguito la Sonata K 14 di Domenico Scarlatti, dal gusto e cantabilità del tutto italiani

A Londra, Silvia Franzi ha eseguito la Sonata K 14 di Domenico Scarlatti, dal gusto e cantabilità del tutto italiani, ma al palcoscenico della Elgar Room ci è arrivata quasi per caso.
“Fino al giorno prima non immaginavo neppure di iscrivermi al ‘London Grand Prize Virtuoso’, è stata la mia insegnante di perfezionamento, Irene Veneziano, che mi ha convinto a partecipare. Eravamo nello showroom dei pianoforti Fazioli in via Conservatorio a Milano, lì ho girato il video che poi ho inviato in Inghilterra, in cui eseguo Scarlatti e ‘La Leggierezza’, il secondo dei tre Studi da Concerto S 144 di Franz Liszt che sto ripassando per il diploma. La gioia è stata grande e anche l’esperienza londinese molto importante e stimolante. La Royal Albert Hall, pur trasudando storia, è un luogo anche per la musica di oggi. Con me c’erano i vincitori delle singole categorie di strumenti, ragazzi provenienti da diverse parti del mondo, è stato bello condividere con loro una grande emozione”.
Il pianoforte, come ogni strumento musicale, richiede dedizione totale.

“Con l’impegno scolastico posso studiare fino a tre ore al giorno, ma in estate aumento fino a sei, ogni giorno della settimana. Prima di scegliere un nuovo brano da imparare lo ascolto eseguito da diversi pianisti, poi incomincio a costruire le frasi musicali, quindi cerco i colori. Ogni giorno è come salire di un gradino, scalare una montagna. Prima di portare un brano in concerto occorre capirne l’origine, il periodo storico in cui è stato composto, l’idea dell’artista. Spesso un autore incomincia il suo percorso creativo in un modo e poi cambia totalmente, come Beethoven, per esempio. L’interpretazione quindi va perfezionata ogni volta, opera per opera”.
Il pianoforte preferito da Silvia è lo Steinway, “gli strumenti fabbricati dagli anni Sessanta in poi, ma anche i Fazioli sono ottimi, mentre mi ha un po’ deluso il Bösendorfer che ho provato a Vienna”. Tutto questo impegno non le pesa più di tanto, anche nei rapporti con gli amici e i compagni di scuola.

“Ho amici in tutta Italia, per via dei concorsi a cui ho partecipato, con loro parlo di musica, ci si confronta e si cresce insieme. La mia migliore amica però, non è musicista, ma ci capiamo moltissimo. Stare in casa a studiare non è un problema, magari in estate invidio un po’ i compagni che possono divertirsi e mi chiedono di uscire con loro. Io amo viaggiare, scoprire culture nuove, vedere musei e capire la storia dell’arte dei diversi Paesi. Mi piace l’Impressionismo, Manet, Degas, qualche volta è bello scoprire assonanze della pittura con la musica”, afferma Silvia, che confessa di ascoltare poco gli artisti contemporanei. Tra i pochi autori “sdoganati” c’è il turco Fazil Say, che il suo insegnante Roberto Plano eseguiva spesso in concerto.

“Ogni tanto mi capita di ascoltare il pop, Ed Sheeran, i Two Cellos, i Coldplay, gli Imagine Dragons, ma seguo la frase musicale, il testo mi interessa poco. Invece tra gli autori classici prediligo ascoltare Beethoven, mentre amo suonare Liszt e Chopin, oltre a Schubert e Schumann e, tra gli italiani, Respighi. Con Bach ho un rapporto altalenante, ho imparato l’intero Clavicembalo ben temperato, è stata una sfida e una bella fatica”.
Silvia ha idee molto chiare anche sui pianisti contemporanei: “Adoro Evgenij Kissin per la musica romantica e Daniel Barenboim per Beethoven, e tra le donne Yuja Wang, che ho incontrato casualmente a New York, alla Juilliard School, e la nostra Beatrice Rana per come esegue le magnifiche Variazioni Goldberg di Bach, in maniera innovativa e fuori dagli schemi. Ma la scoperta più recente e piacevole è quella di Louis Lortie, ascoltato a Varese nella stagione musicale comunale. Ha una musicalità dirompente, un suono pulito e fresco che trasmette emozione. Maurizio Pollini lo apprezzo in Beethoven, mentre il suo Chopin lo trovo molto “studiato” e un poco cerebrale. Tra i grandi del passato ascolto volentieri Vladimir Horowitz”. 

Il progetto per il futuro di questa diciottenne “acqua e sapone”, come si diceva una volta, appassionata lettrice di narrativa italiana e straniera e di saggi sul pianoforte, è quello, una volta ottenuto il diploma, di perfezionarsi all’estero, al Royal College of Music di Londra oppure ad Hannover o Berlino, o ancor meglio al Mozarteum di Salisburgo. Così Silvia, per non farsi mancare altro lavoro intellettuale, sta studiando il tedesco.  



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